Il
giro del mondo in ottanta giorni – Jules Verne –
Feltrinelli – Pagg. 298 – ISBN 9788807900808
– Euro 8,50
Ottanta
giorni...meno uno!
Un
titolo che non ha certo bisogno di presentazioni, questo di Jules
Verne, reso ancor più popolare da famose trasposizioni
cinematografiche e film d’animazione.
La storia è
nota: un pacato gentleman inglese, il suo fido domestico francese, un
caparbio ispettore di polizia, una scommessa da vincere, un viaggio
in apparenza impossibile e monotono che si rivelerà, in
realtà, decisamente fattibile e avventuroso.
A quasi 150
anni dalla sua pubblicazione, “Il giro del mondo in ottanta
giorni”, così come tanti altri romanzi di Verne, ha
tutte le carte in regola per appassionare anche i lettori d’oggi.
E senza distinzione d’età. Credo, infatti, che la
vecchia etichetta di letteratura per ragazzi non possa che andare
stretta a un libro come questo, che ha l’indiscusso merito di
far viaggiare chi legge pur tra le mura di casa, trasportandolo di
colpo dalle ordinate strade di Londra a quelle più caotiche
delle città dell’Estremo Oriente, dalla giungla indiana
alle praterie americane calpestate da mandrie di bisonti, dal Canale
di Suez alle agitate acque dell’Oceano Atlantico.
Trama
davvero coinvolgente al punto che, con lo scorrere dei capitoli, mi
sembrava di fare ormai parte del gruppetto di Phileas Fogg, mentre si
sbarcava da un piroscafo per correre subito alla stazione ferroviaria
a prendere il primo treno in partenza per la destinazione successiva;
e si è andati non solo per mare e lungo le ferrovie del mondo,
ma persino in groppa a un elefante e a bordo di una mongolfiera. Un
modo di viaggiare, in verità, alquanto insolito e bislacco,
sempre con l’assillo dei giorni contati; tuttavia, non meno
avventuroso rispetto ad altri.
Da aggiungere che la lettura in
lingua originale è stata di per sé un bellissimo
viaggio: la prosa di Verne, a tratti addirittura piacevolmente
spiritosa, si è rivelata di un fascino singolare, pur nella
sua semplicità. Ho sottolineato alcuni passi in cui le parole
riescono a dipingere immagini molto suggestive, come questo che
riporto:
“La jeune femme, assise à l’arrière,
se sentait émue en contemplant cet océan, assombri déjà
par le crépuscule, qu’elle bravait sur une frêle
embarcation. Au-dessus de sa tête se déployaient les
voiles blanches, qui l'emportaient dans l'espace comme de grandes
ailes. La goélette, soulevée par le vent, semblait
voler dans l'air. La nuit vint. La lune entrait dans son premier
quartier, et son insuffisante lumière devait s'éteindre
bientôt dans les brumes de l'horizon. Des nuages chassaient de
l'est et envahissaient déjà une partie du ciel.”
Non
so se l’autore abbia effettivamente visitato i luoghi di cui
parla. Nel caso non li avesse visti tutti con i propri occhi,
considerata la dovizia di particolari e l’accuratezza di certe
descrizioni, ciò che lui ha scritto sarebbe allora doppiamente
straordinario.
Tra i personaggi, molto ben riuscito quello di
Passepartout, atletico e scattante, talvolta un po’
pasticcione, davvero divertente poi con quel suo candido e
inopportuno modo di fare nella scena conclusiva del romanzo; un bel
personaggio anche quello di Fogg, capace, seppur in apparenza
imperturbabile, di guizzi imprevedibili. Così come
imprevedibile è il colpo di scena finale della storia, quando
oramai la scommessa sembra perduta (e al quale si riferisce il titolo
di questo mio commento)… Un grande classico, da leggere e
rileggere, per i viaggiatori (e i sognatori) di ogni tempo!
Laura
Vargiu
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