Una
giornata dall’aria antica – Antonella
Serrenti – Graphe.it – Pagg. 112 – ISBN
9788893720038
- Euro 9,90
Una
giornata dall’aria antica, per non dimenticare
Era
il 12 novembre 2003 – ore 8.40 italiane, ore 10.40 a Nassiriya,
città irachena a maggioranza sciita e capoluogo della
provincia di Dhi-Qar – il giorno in cui la guerra entrò
di nuovo nelle case degli italiani. Un tremendo attentato, compiuto
con un camion e un’auto imbottiti di esplosivo, devastò
la base italiana Maestrale a Nassiriya e portò la morte tra i
militari impegnati nell’operazione Antica Babilonia.
Dodici
carabinieri della Msu (Multinational Specialized Unit) uccisi. Morti
anche cinque militari dell’Esercito che facevano da scorta alla
troupe del regista Stefano Rolla che si trovava a Nassiriya per
girare uno sceneggiato sulla ricostruzione da parte dei soldati
italiani e si erano fermati lì per una sosta logistica.
Morirono anche due componenti civili di una troupe che stavano
lavorando a un film. Rimasero uccisi anche 9 iracheni. Feriti una
ventina di italiani, tra militari (anche una donna carabiniere) e
civili.
(dal web)
Sono
passati tanti anni e credo che molti ricordano questa giornata in
maniera sfocata, ma coloro che l’hanno vissuto sulla pelle,
attraverso figli, parenti, amici e conoscenti… loro la hanno
bene impressa nella memoria e mai potranno scrollarsela di dosso.
La
guerra, è una cicatrice che rimane impressa nell’anima.
La
Graphe.it edizioni, in occasione della ricorrenza alla strage di
Nassiriya, pubblica una raccolta di racconti “Una giornata
dall’aria antica” di Antonella Serrenti.
Non amo
moltissimo le raccolte di racconti, solitamente non riescono ad avere
un filo conduttore e a quel punto trovo i libri disconnessi e ne
rimango sempre profondamente delusa.
Non in questo caso.
In
questi anni, il mio cuscino si è riempito di sogni vigili e
tormentati e ho condiviso le mie giornate con pensieri angoscianti;
mio figlio, soldato della Brigata Sassari, non mi ha mai raccontato
nulla di “quella vita” né mai ha ceduto al mio
incalzare, al mio bisogno di sapere, di vivere con lui ogni
esperienza negativa quasi potessi alleggerirlo di tutto, se solo
fossi riuscita a fare mici i suoi ricordi o la sua esperienza. Lui
tace da allora e mi parla di momenti leggeri, in quella riservatezza
tipica di chi ha vissuto in un altrove dove per i civili non vi è
spazio. Ma non potevo continuare a vivere di tormenti, soprattutto
quando mio figlio partiva per l’ennesima missione. Avevo
bisogno di un arma per oppormi, di uno strumento capace di sfidare e
poi vincere l’op-primente sensazione di paura che mi
accompagnava ovunque.
Ho
preso una penna in mano, ho provato a trasferire incubi e pensieri su
un foglio di carta bianco, l’ho sporcato con essi, e mentre
scrivevo e vedevo le parole separarsi da me ed eruttare dalla penna,
mi sono accorta che le notti quasi insonni e i giorni annientati dal
terrore di una possibile telefonata intercontinentale, sono diventati
storie.
Avrei
voluto fare di più, per me e per voi che leggete; avrei voluto
fare di meglio, avrei voluto essere te padre, te nonno, te fratello,
te amica o compagna o moglie, te figlio, te soldato. Lo avrei voluto
e temuto, per raccontare meglio ciò che hai provato, per
esserti ancora più solidale e vicina. Io sono solo madre e
questo ho saputo fare.
La
paura è passata.
Adesso,
ho il timore di avere paura.
Parto
dalle ultime pagine, un po’ per scaramanzia, e dopo le parole
che ho appena riportato, mi stacco dal libro solo alla fine, tutta
una tirata con gli occhi pieni di lacrime e il cuore colmo di
tristezza.
L’autrice è riuscita con una narrativa
perfetta, lineare, precisa e comprensibile a descrivere il dolore, la
tristezza e le angosce, attraverso la voce di Antiaco che la trincea
l’ha vissuta: “1943,2008…
che strana cosa il tempo, quando gioca a muovere i fili degli uomini
lasciandoli ripetere errori e scelte all’infinito”.
Una
guerra raccontata attraverso gli occhi innocenti di un bambino che
vede partire suo padre e prende consapevolezza che ciò che
andrà a fare non è un gioco e che potrebbe non
rivederlo mai più e così via via le voci, gli sguardi
si susseguono nel raccontare una guerra incomprensibile che genera
solo morti.
“contro
chi e per chi combattevamo (…)”.
Un
libro da leggere, per ricordarsi di non dimenticare.
Katia
Ciarrocchi
www.liberolibro.it
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