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  Letteratura  »  Delitto a Palazzo Grimaudi, di Adriana Comaschi, edito da Solfanelli e recensito da Fiorella Borin 30/05/2018
 

Adriana Comaschi

Delitto a Palazzo Grimaudi (Edizioni Solfanelli)

[ISBN-978-88-3305-017-1]

Pagg. 200 - € 16,00




Che questo romanzo abbia una forte connotazione gialla si intuisce fin dal titolo, in cui compare per prima la parola delitto. E del più classico dei gialli ha la struttura, perché al crimine segue l’indagine in virtù della quale il colpevole verrà individuato e punito; e come da tradizione, anche qui l’investigatore può contare sull’assistenza di un aiutante. Ma a creare valore aggiunto è l’ambientazione sapientemente creata dall’autrice Adriana Comaschi, che ci trasporta nella Torino del 1832. Proseguendo nella lettura, il lettore ne è così coinvolto da scoprirsi anche spettatore di un film, tanto le immagini sono nitide e il ritmo della narrazione trascinante.

Grazie alle descrizioni vivide, accurate, mai pesanti perché seminate con leggerezza; grazie alla vivacità dei dialoghi, sempre credibili e coerenti con la psicologia dei vari personaggi; grazie al brio con cui l’autrice sviluppa la trama, costellata di indiziati sempre diversi e di nuove piste investigative; grazie al minuzioso lavoro preparatorio, che le consente di muoversi con disinvoltura nel diciannovesimo secolo senza incorrere in imprecisioni storiche, questo romanzo si rivela davvero una piacevole scoperta.

Ben presto il lettore entra in confidenza con i numerosi personaggi, tutti appartenenti alla nobiltà piemontese di cui sono una convincente espressione. I parenti e gli ospiti forestieri sono stati abilmente caratterizzati da vezzi linguistici che aggiungono colore alla pagina, stimolando ben più di un sorriso. La scorrevolezza della lettura fa sì che in breve ci si affezioni anche ai personaggi di secondo piano, ovvero i membri della servitù. L’autrice ha scelto per costoro nomi dialettali, in modo da rendere più netta la divisone dei ruoli: nomi aristocratici per tutti i componenti della famiglia Grimaudi e nomi plebei per il personale di servizio. Ma dolori, dispiaceri, ambizioni, sogni e segreti sono distribuiti fra ricchi e poveri con equanimità; così il romanzo si fa corale e il lettore può entrare in empatia con ciascuno dei personaggi, senza distinzione di censo.

Trattandosi di un romanzo giallo, ritengo preferibile non dare informazioni sulla trama, che il lettore scoprirà via via, passeggiando con la protagonista Marianna nel meraviglioso giardino, entrando nelle varie stanze e percorrendo con lei i saloni di Palazzo Grimaudi, i corridoi, le scale padronali e la ripida scala che conduce in soffitta - una sorta di antro oscuro, misterioso e labirintico, che colora di gotico la narrazione.

Concludendo, si può dire che “Delitto a palazzo Grimaudi” di Adriana Comaschi vanti antenati illustri in campo letterario. Oltre alle opere dei maestri del poliziesco, balzano alla mente “I vicerè” di Federico De Roberto (capolavoro di intrecci, rivalità, alleanze e dissidi familiari), “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa (soprattutto per la festa ballo, resa memorabile dal film di Luchino Visconti e della quale si avverte l’eco anche in questo romanzo), “I miserabili” di Victor Hugo (la rivoluzione che infiamma Parigi ha luogo nel 1832, stesso anno in cui si svolgono i fatti narrati dalla Comaschi – e nella Torino sabauda i riferimenti alla Francia non mancano), e “Il nome della rosa” di Umberto Eco (il dotto frate Guglielmo da Baskerville ha per assistente il giovane novizio Adso; la Comaschi ribalta la situazione al femminile, con la saggia madre badessa e la giovane, sveglia, diligente novizia che la segue come un cagnolino). Ma è l’ambientazione piemontese a fare la differenza, e a rendere nuovo, fresco, accattivante e molto piacevole questo romanzo, condotto con pregevole vis narrativa dalla sua autrice, che – veneziana di nascita e piemontese di adozione - ogni tanto trasferisce sulla pagina uno spiritoso guizzo di venezianità.

Assolutamente imperdibile, poi, la sorpresa contenuta nelle ultime pagine: credetemi sulla parola, se vi dico che si tratta davvero di una delizia!



Adriana Comaschi è nata a Venezia; ha studiato al liceo classico Marco Polo, ha conseguito la laurea in Scienze Sociali e ha lavorato per molti anni prima nei Servizi Sociali del Comune, poi nelle Segreterie del Consiglio Comunale; contemporaneamente, ha insegnato per alcuni anni come docente teorico e pratico nei corsi universitari della sua facoltà. 
     Appassionata lettrice ha scritto racconti, poesie e romanzi solo come hobby, riuscendo però a pubblicarli su fanzine e ottenendo segnalazioni e premi, tra cui un Premio Italia per il miglior racconto fantastico non professionale.
     Lasciato poi il lavoro e la sua città, ha ripreso a scrivere e, dopo due racconti usciti in altrettante raccolte, ha pubblicato l’antologia di leggende ladine Sabja de Fek e altri racconti (2010), alla quale nel 2012 è stato assegnato Premio per la Piccola Editoria di Qualità, opera successivamente edita in inglese dalla casa editrice americana Inknbeans Press. 
     Dal 2011 al 2014 sono usciti i primi quattro volumi della saga fantasy Il Duca di Norlandia: Il Condottiero delle Isole(2011), W’Unker di Rocca d’Ombra (2012), Lo Stregone dei Ghiacci (2013), finalista al Premio Italia 2014, L’Artiglio di Fuoco (2014), vincitore del Premio Italia 2015. Nel 2012 è uscito un suo breve saggio storico Uno sguardo sui Celti
     Nel 2015 ha completato la Saga del Duca di Norlandia con Il Rinnegato e L’Incantatore pubblicati in italiano dalla Inknbeans Press, e il giallo ambientato nella Liguria degli anni Cinquanta, Cadavere a Mare. Riallacciandosi alla raccolta di leggende ladine, ha pubblicato l’antologia di leggende italiane Quando la storia diventa leggenda(2016).



Fiorella Borin








 
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