Adriana
Comaschi
Delitto
a Palazzo Grimaudi
(Edizioni
Solfanelli)
[ISBN-978-88-3305-017-1]
Pagg.
200 - € 16,00
Che
questo romanzo abbia una forte connotazione gialla si intuisce fin
dal titolo, in cui compare per prima la parola delitto. E del più
classico dei gialli ha la struttura, perché al crimine segue
l’indagine in virtù della quale il colpevole verrà
individuato e punito; e come da tradizione, anche qui l’investigatore
può contare sull’assistenza di un aiutante. Ma a creare
valore aggiunto è l’ambientazione sapientemente creata
dall’autrice Adriana Comaschi, che ci trasporta nella Torino
del 1832. Proseguendo nella lettura, il lettore ne è così
coinvolto da scoprirsi anche spettatore di un film, tanto le immagini
sono nitide e il ritmo della narrazione trascinante.
Grazie
alle descrizioni vivide, accurate, mai pesanti perché seminate
con leggerezza; grazie alla vivacità dei dialoghi, sempre
credibili e coerenti con la psicologia dei vari personaggi; grazie al
brio con cui l’autrice sviluppa la trama, costellata di
indiziati sempre diversi e di nuove piste investigative; grazie al
minuzioso lavoro preparatorio, che le consente di muoversi con
disinvoltura nel diciannovesimo secolo senza incorrere in
imprecisioni storiche, questo romanzo si rivela davvero una piacevole
scoperta.
Ben
presto il lettore entra in confidenza con i numerosi personaggi,
tutti appartenenti alla nobiltà piemontese di cui sono una
convincente espressione. I parenti e gli ospiti forestieri sono stati
abilmente caratterizzati da vezzi linguistici che aggiungono colore
alla pagina, stimolando ben più di un sorriso. La
scorrevolezza della lettura fa sì che in breve ci si affezioni
anche ai personaggi di secondo piano, ovvero i membri della servitù.
L’autrice ha scelto per costoro nomi dialettali, in modo da
rendere più netta la divisone dei ruoli: nomi aristocratici
per tutti i componenti della famiglia Grimaudi e nomi plebei per il
personale di servizio. Ma dolori, dispiaceri, ambizioni, sogni e
segreti sono distribuiti fra ricchi e poveri con equanimità;
così il romanzo si fa corale e il lettore può entrare
in empatia con ciascuno dei personaggi, senza distinzione di censo.
Trattandosi
di un romanzo giallo, ritengo preferibile non dare informazioni sulla
trama, che il lettore scoprirà via via, passeggiando con la
protagonista Marianna nel meraviglioso giardino, entrando nelle varie
stanze e percorrendo con lei i saloni di Palazzo Grimaudi, i
corridoi, le scale padronali e la ripida scala che conduce in
soffitta - una sorta di antro oscuro, misterioso e labirintico, che
colora di gotico la narrazione.
Concludendo,
si può dire che “Delitto a palazzo Grimaudi” di
Adriana Comaschi vanti antenati illustri in campo letterario. Oltre
alle opere dei maestri del poliziesco, balzano alla mente “I
vicerè” di Federico De Roberto (capolavoro di intrecci,
rivalità, alleanze e dissidi familiari), “Il Gattopardo”
di Tomasi di Lampedusa (soprattutto per la festa ballo, resa
memorabile dal film di Luchino Visconti e della quale si avverte
l’eco anche in questo romanzo), “I miserabili” di
Victor Hugo (la rivoluzione che infiamma Parigi ha luogo nel 1832,
stesso anno in cui si svolgono i fatti narrati dalla Comaschi –
e nella Torino sabauda i riferimenti alla Francia non mancano), e “Il
nome della rosa” di Umberto Eco (il dotto frate Guglielmo da
Baskerville ha per assistente il giovane novizio Adso; la Comaschi
ribalta la situazione al femminile, con la saggia madre badessa e la
giovane, sveglia, diligente novizia che la segue come un cagnolino).
Ma è l’ambientazione piemontese a fare la differenza, e
a rendere nuovo, fresco, accattivante e molto piacevole questo
romanzo, condotto con pregevole vis narrativa dalla sua autrice, che
– veneziana di nascita e piemontese di adozione - ogni tanto
trasferisce sulla pagina uno spiritoso guizzo di venezianità.
Assolutamente
imperdibile, poi, la sorpresa contenuta nelle ultime pagine:
credetemi sulla parola, se vi dico che si tratta davvero di una
delizia!
Adriana
Comaschi è nata
a Venezia; ha studiato al liceo classico Marco Polo, ha conseguito la
laurea in Scienze Sociali e ha lavorato per molti anni prima nei
Servizi Sociali del Comune, poi nelle Segreterie del Consiglio
Comunale; contemporaneamente, ha insegnato per alcuni anni come
docente teorico e pratico nei corsi universitari della sua
facoltà.
Appassionata
lettrice ha scritto racconti, poesie e romanzi solo come hobby,
riuscendo però a pubblicarli su fanzine e ottenendo
segnalazioni e premi, tra cui un Premio Italia per il miglior
racconto fantastico non professionale.
Lasciato
poi il lavoro e la sua città, ha ripreso a scrivere e, dopo
due racconti usciti in altrettante raccolte, ha pubblicato
l’antologia di leggende ladine Sabja de Fek e altri
racconti (2010), alla quale nel 2012 è stato
assegnato Premio per la Piccola Editoria di Qualità, opera
successivamente edita in inglese dalla casa editrice americana
Inknbeans Press.
Dal 2011 al
2014 sono usciti i primi quattro volumi della saga fantasy Il Duca di
Norlandia: Il Condottiero delle Isole(2011), W’Unker
di Rocca d’Ombra (2012), Lo Stregone dei
Ghiacci (2013), finalista al Premio Italia 2014, L’Artiglio
di Fuoco (2014), vincitore del Premio Italia 2015. Nel 2012
è uscito un suo breve saggio storico Uno sguardo sui
Celti.
Nel 2015 ha
completato la Saga del Duca di Norlandia con Il
Rinnegato e L’Incantatore pubblicati
in italiano dalla Inknbeans Press, e il giallo ambientato nella
Liguria degli anni Cinquanta, Cadavere a Mare.
Riallacciandosi alla raccolta di leggende ladine, ha pubblicato
l’antologia di leggende italiane Quando la storia
diventa leggenda(2016).
Fiorella
Borin
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