Moravagine,
di Blaise Cendras
Il
libro L’immaginifico romanzo di Cendras
Il
medico e la bestia un viaggio letterario nella schizofrenia.
Una
strana coppia deve affrontare peripezie e incontri in mezzo mondo.
Se
amate una lettura immaginifica, concitata, che crei un po’ di
controllato spavento, «Moravagine» di Blaise Cendras
(1887-1961), (Adelphi, pp.249, euro 18, traduzione di
Leopoldo Carra) fa per voi. Del resto è risaputo che la
raffinata casa editrice di cui sopra, pubblica solo testi di
comprovata letteraria bellezza. Quindi, andate sul sicuro.
Pubblicato
da Grasset nel1926, dopo una gestazione di una decina d’anni,
nel 1956 Cendras ha revisionato, corretto e completato il suo libro
con un “Pro domo: Come ho scritto Moravagine”. E una
Postfazione.
In
un certo senso ci troviamo sotto gli occhi un metalibro, ovvero un
libro nel libro, memori di certi film di Truffaut. E ci verrebbe
voglia di scomodare anche il nostro Pirandello coi suoi “Sei
personaggi in cerca d’autore”.
Tornando
a bomba, il narratore Raymond La Science, presentato come un
conoscente di Blaise Cendras (che compare lui stesso nel romanzo) ci
racconta come la sua professione di medico gli abbia permesso di
incontrare Moravagine, ultimo discendente di una famiglia di
appartenenti all’Europa dell’Est in rovina. Questo folle
pericoloso è internato per omicidio nella clinica di
Waldensee, vicino a Berna. Affascinato dalla personalità di
questa grande bestia umana, il medico gli favorisce la fuga. E la
strana coppia di cui non è chiaro chi sia il più pazzo
dei due, viaggia per il mondo macinando incredibili avventure,
frequentando perfino terroristi russi o indiani d’America.
Credevamo
fosse Dostoevskij il re del doppio in letteratura, con Cendras il
doublage è ancora più complicato perché l’autore
stesso si fa addirittura triplo, in una schizofrenia che Freud,
redivivo, apprezzerebbe senza dubbio.
Scrittura
normalissima, sotto il profilo formale, quindi in netto contrasto con
un contenuto tanto tortile e aggrovigliato. Dicotomia tra forma e
contenuti rende il romanzo ancora più singolare e ricco di
stranezza .
Già
difficile nella gestazione, questo parto letterario ha occupato
l’Autore tra il 1914 e il 1925, mentre scriveva altri testi
paralleli e dissimili. Mai contento, mai soddisfatto, lo ritoccherà
più volte, come un pittore dai mille ripensamenti, che ricalca
i colori o li alleggerisce, a seconda dell’umore del momento.
Addirittura,
nell’ultima versione, presenta il suo libro come
definitivamente incompiuto, in quanto privo delle opere a loro volta
incomplete di Moravagine, alle quali il romanzo potrebbe avere il
compito di semplice – si fa per dire – prefazione.
Tra
i modelli di ispirazione di Moravagine, qualcuno azzarda il medico
psicanalista Otto Gross, insieme ad Adolf Wolfiti (1864-1930),
fortemente schizofrenico e quindi internato nel manicomio di Waldau
vicino a Berna.
Autore
di un grandissimo numero di opere (pittura, scrittura, musica), è
ora conosciuto come uno dei creatori dell’Art Brut, scoperto da
Jean Dubuffet. Altri modelli ispiratori si rifanno a Favez,
soprannominato Il vampiro di Ropraz, un criminale svizzero che
Cendras avrebbe frequentato durante il servizio nell’esercito
francese nella Prima Guerra mondiale.
Grazia
Giordani
Blog
|