Cattiva
– Rossella Milone – Einaudi – Pagg. 128 –
ISBN 9788806238438
– Euro 16,50
Rinascere
da capo
Titolo
ambiguo, “Cattiva”: lo è la madre, cattiva, con i
propri pensieri disperati che urlano silenziosi, o la figlia, con i
suoi pianti improvvisi senza apparente motivo? O forse lo sono in
egual misura entrambe, ciascuna portatrice a suo modo, seppur a
livello inconsapevole, di bisogni egoistici?
Attraverso una
scrittura intima, inquieta, priva di edulcorazioni di sorta, a tratti
anzi quasi sfrontata e coraggiosamente schietta, si anima la vicenda
narrata nel nuovo romanzo di Rossella Milone, edito da Einaudi. Una
piccola storia che si rivela grande come non può che esserlo
ogni volta il miracolo della vita che si rinnova e si affaccia inerme
e incosciente al mondo.
Una coppia di genitori, Emilia e
Vincenzo, da un lato, una bimba di appena due mesi dall'altro. Con
sensibilità e delicatezza tutte al femminile, viene posta al
centro di queste pagine l'esperienza della maternità e, in
particolare, la nascita del primo figlio, vera e propria rivoluzione
nella vita di una donna che, per ovvi motivi, risulta sempre
maggiormente coinvolta (e sconvolta) da un evento come questo
rispetto a ciò che invece succede alla figura paterna. Un
groviglio di sentimenti, emozioni, sensazioni, capitolo dopo
capitolo, trova precise e intense descrizioni, mentre a poco a poco
emerge il convincimento che nella cura della prole ci sia qualcosa di
ancestrale, istintivo, addirittura “animalesco”; e allora
non ci si stupisce neanche più pensando di essere una lupa o
qualsiasi altra bestia di cui sopravvive appunto l'istinto nella
parte più recondita delle nostre cellule. Del resto, come
l'autrice ben sottolinea, non vi è niente di razionale nei
primi mesi di vita di un bambino, semmai è tutto molto
illogico, imprevedibile, profondamente materico e corporeo.
“E
allora mi chino su di lei, le accarezzo la fronte, le ficco la mia
gola sul viso, una preda che si arrende e mostra la giugulare. Voglio
che qualche parte di me che non conosco – i pori, il modo unico
in cui si compongono le mie particelle invisibili di acqua e urea –
sappia cosa si fa, sappia come calmarla, darle la sicurezza che
pretende. Io non lo so. Ci sarà qualche parte dentro di me che
ancora tiene le pinne, o la coda, che ancora tiene il sangue freddo
dei rettili da cui provengo, che ancora si ricorda come si fa a
tenere a bada un cucciolo che frigna, […] quella parte di me
che sta assopita nel mio tempo perduto, sepolta come un fossile –
saprà come si fa?”
La linearità
della storia s'intreccia a ricorrenti e ampi flashback che
ripercorrono talvolta l'infanzia, talaltra episodi dell'età
adulta della protagonista, mentre il ricordo delle varie fasi del
parto si snoda in parallelo con il proprio carico di ansia e dolore.
Facendo ricorso a un io narrante davvero emozionante e coinvolgente,
la penna della Milone ci consegna il ritratto di una giovane donna
che cammina lungo il non facile percorso da seguire per diventare
madre, pericolosamente in bilico tra feroci notti insonni e voglia di
normalità, tra timore di allontanarsi troppo dalla propria
figlia e inconfessabile desiderio di fuggire; su tutto, pesanti come
macigni, incombono un senso di inadeguatezza ad affrontare la nuova
situazione postnatale e quello di solitudine che sfocia spesso
violento nelle forzate veglie notturne e permea fin da subito anche
la vita di chi nasce.
“Quando uno nasce, nasce per
sé, ed è in quel momento lì che l'individuo
mette al mondo la propria solitudine: quando nasci, quando muori, il
resto non conta, ché la fatica di nascere e di morire è
la fatica di contenere tutto quello che c'è al centro, e gli
altri non possono fare nulla, in quegli attimi fortissimi tutto
quello che ti rimane è quello che sei.”
“I
pescatori rimangono. Il mare rimane. C'è un pezzo di città
che sta sveglio con me. A sentirmi meno sola non mi sento, la notte
ha un suono troppo robusto, quasi ingombrante, ché anche se
stiamo svegli – io e quegli uomini – ciò che
condividiamo non è la veglia, ma una specie di
isolamento.”
Particolarmente suggestive le immagini
di Napoli e della sua costa in versione notturna, quella città
di mare dove “[...] il sonno, si è perso nei vicoli
strettissimi” e sulla quale aleggia sempre la presenza
rassicurante del suo vulcano. Un bel romanzo originale incentrato
sull'estrema fragilità femminile in un momento certamente
unico e speciale nella vita di ogni donna, ma non per questo privo di
sofferenza e sentimenti contrastanti che finiscono per provare psiche
e corpo. Pagine che parlano dell'immensità di quell'amore che
fa sì, quando viene al mondo una nuova vita, che chi è
madre rinasca per buona parte una seconda volta.
Laura
Vargiu
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