Anna
Karenina – Lev Tolstoj – Rizzoli –
Pagg. XXVII – 1.210 – ISBN 9788817011525
– Euro 10,90
Saper
leggere
Saper
leggere significa dunque conoscere? Conoscere significa saper
leggere?
Prendo
Anna Karenina, mai letto Tolstoj, e letto, rispolvero la biografia,
impellente il bisogno di conoscere, inizio a farmi un’idea
della sua produzione non per titoli ma per temi e a capire, ma ormai
il romanzo è già letto e il danno è fatto: nella
mia memoria di lettrice vi si stamperà con queste prime
impressioni che, nel tempo, mi appariranno ovvie, scontate, spicciole
e del tutto incongruenti rispetto alla complessità dell’autore
che ancora non conosco per lettura diretta e integrale.
Diamo
tempo al tempo; allo stato attuale questo è il mio sentire.
È
un romanzo fresco e moderno per stile e per contenuti eppure è
ambientato a fine Ottocento tra Mosca e Pietroburgo, con ampie
digressioni sulle condizioni socio-economiche della Russia imperiale
di Alessandro II in un’epoca di grandi trasformazioni, una per
tutte l’abolizione del vecchio retaggio feudale della servitù
della gleba e la conseguente emancipazione dei servi. La modernità
risiede nella sua fruibilità nonostante si presenti con la
corposità, in termini prettamente numerici circa le pagine,
tipica dei romanzi russi; ma è il contenuto che più mi
sorprende e con esso la capacità del russo di indagare l’animo
umano con rispetto e correttezza riuscendo a consegnare al lettore un
ampio ventaglio di casi umani, di sentimenti, di emozioni, di punti
di vista, di affascinanti misteri individuali, quali tutti noi siamo.
Sono stata impressionata in modo favorevole da questo complesso
lavoro di rappresentazione dell’umanità, ho ammirato la
capacità dell’autore di dare al lettore la possibilità
di farsi una sua personale opinione senza sentirsi influenzato dagli
eventi anche quando essi si ponevano con tutta la loro carica
emotiva, non sempre positiva. Esco dalla lettura con Levin e Kitty
nel cuore, il trionfo della normalità e della semplicità,
con un senso di noia rispetto ad Anna pur dispiacendomi il suo
destino e la sua parabola di vita, con un misto di rispetto, di
commiserazione per suo marito e ancor più per i due figli di
Anna, con la consapevole e intelligente rassegnazione di Dolly e con
un senso di meraviglia circa la restituzione dei delicati equilibri
tra i due sessi soprattutto quando essi sono uniti nel vincolo
matrimoniale. Ho spesso pensato che Tolstoj abbia espresso in queste
pagine una piena consapevolezza dello schiacciamento sociale subìto
dal gentil sesso nel contesto rappresentato e che abbia parteggiato
per le donne. Non so se ciò corrisponda al vero, questo ho
captato e questo riporto. Mi è piaciuta inoltre l’economia
dello scritto, il suo andamento per quadri giustapposti, funzionali a
interiorizzare le singole vicende tra esse connesse da una fine rete
parentale o dalla frequentazione o dall’appartenenza sociale.
Insomma un romanzo perfetto al quale mi sembra difficile attribuire
imperfezione alcuna. Non so se ho saputo leggerlo e se una conoscenza
più approfondita dell’autore sarebbe stata più
funzionale alla lettura, in ogni caso la piacevolezza non può
essere dettata da questo aspetto, l’opera si fa amare per la
sua essenza che è quella di ogni classico che trascende lo
spazio e il tempo per essere sempre apprezzato.
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