Mario
Bonanno
Guida
ai cantautori italiani
Gli
anni Settanta
Paginauno -
Pag. 140 - Euro 15
Mario
Bonanno è un nome importante nel panorama della critica
musicale italiana, profondo conoscitore del mondo dei cantautori che
segue con passione e competenza sin dai tempi di una rivista
trimestrale edita da Bastogi, della quale ogni appassionato sente la
mancanza. Leggere un libro di Bonanno equivale a staccare un
biglietto per un viaggio a ritroso nel tempo, percorri strade
composte da struggenti madeleines musicali e cavalchi ricordi
giovanili. Finisce che leggi il suo libro canticchiando - pure se sei
stonato come una campana - e scende quasi una lacrima con Notte
prima degli esami, non tanto per una ragazza di nome Claudia che
viveva sulle sponde del Lago d’Orta, quanto perché eri
giovane e facevi il commissario d’esame alla maturità.
Per ogni capitolo un frammento di passato da sfogliare come un petalo
di margherita: Venditti con Nietsche e Marx che si davano la mano -
non erano due amici dai nomi strani, come pensava un mio vecchio
compagno di scuola -, per non parlare di Dalla e dei cattivi pensieri
finiti in fondo al mare. Canzoni e amori, passioni più o meno
violente, politiche e sentimentali, mentre quasi ogni giorno da
vent’anni a questa parte ascolti L’avvelenata di
Guccini, così come Luci a San Siro di Roberto Vecchioni
è il leitmotiv che ti ricorda l’ora di andare in
ufficio. Lascia stare se con l’età tutto finisce per
fare nostalgia, persino i Pooh e i Nuovi Angeli, Antoine e Nico
Fidenco, passando per Nada e Nicola Di Bari, senza dimenticare i
Ricchi e Poveri che straziarono un grande pezzo di José
Feliciano che ormai conosci più in spagnolo che in italiano.
Lascia stare che il tempo perduto alla fine mette tutto sullo stesso
piano, pure se lo sai che Jannacci con Messico e nuvole non ha
niente a che spartire con Nannini - Bennato e le Notti italiane
inseguendo un gol. Sarà perché nel 1970 avevi dieci
anni e tutto era ancora intero, tutto era ancora chi lo sa,
sarà perché gli occhi del bambino vedevano il Messico
lontanissimo e sognante, sarà perché andammo in finale
contro il Brasile e quella canzone incarna un bolero di nostalgia. De
André con i Vangeli apocrifi, gli inni dolenti alle puttane di
via del Campo, a una dolcissima Marinella volata in cielo su una
stella, la musica che non sarà più la stessa, dopo
la mia cara piattola triste presa di mira dai mitici Squallor.
Claudio Lolli e la sua Borghesia mi ricorda Marcello Baraghini
e un festival resistente, pochi anni fa, in una stalla di Pitigliano,
vicino al quartiere ebreo, a sentire il cantautore anarchico sputare
veleno contro il potere. Paolo Conte e Un gelato al limone fa
venire a mente Pisa, un concerto al teatro Verdi, lui che batte
nervosamente tasti d’un pianoforte a coda con la testa nascosta
tra note e pensieri, mentre percorre ritmi sudamericani; Battiato è
la memoria d’un concerto a Piombino nei primi anni Settanta, in
un cortile, quattro gatti a sentir cantare un ragazzotto siciliano.
De Gregori è Rimmel, il mio primo trentatré giri
comprato nel negozio di articoli musicali della mia città,
dopo che avevo saccheggiato tutti i quarantacinque giri editi da
Karim incisi da Fabrizio. Stefano Rosso è la poesia, le
partite di calcio, gli spinelli mai fatti (per fortuna) e gli
intervalli tra il primo e il secondo tempo allo Stadio Magona quando
passavano sempre la domenica ho problemi grossi/ segna Giordano
oppure Paolo Rossi. Per me in questa Guida ai cantautori degli
anni Settanta soffia forte un vento di nostalgia, ricorda un
biscotto inzuppato nel tè dal sapore antico, soffuso, amaro,
ebbro di rimpianto. Bravo Bonanno che mi hai fatto venire a mente un
sacco di cose, tu certo lo sai che la letteratura nasce dai ricordi,
proprio come la buona musica, positivi o negativi non importa,
restano sempre frammenti di passato.
Gordiano
Lupi
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