Educazione
europea – Romain Gary – Neri Pozza –
Pagg. 271 – ISBN 9788854501621
– Euro 13,50
Rieducazione
Per
chi ha già letto altre opere di questo autore lituano,
naturalizzato francese, e per chi ne conosce un minimo la biografia,
leggere questo romanzo d’esordio significa ritrovare il sapore
di una lettura dai tratti ben riconoscibili e con essa la storia di
un uomo, l’autore, che ormai è sigillato nel mio
immaginario come una persona profondamente intristita dalla vita, da
essa piegata benché abbia provato con tutte le sue forze,
tramite la sua scrittura, a consegnarci la speranza per un mondo
migliore.
Come
ne “Gli aquiloni”, anche qui si narra di guerra e di
resistenza durante la seconda guerra mondiale; e ancora una volta è
centrale, come accadeva tra l’altro nel romanzo “La vita
davanti a sé” il ruolo di una persona che si sta
affacciando alla vita, un bambino o un ragazzo, naturalmente un senza
famiglia, un deprivato che però trova nel buio del mondo
adulto una comunità accogliente e educante, sempre
rigorosamente fuori da ogni schema tradizionale. È la volta di
Janek, dodicenne lasciato in una buca dal padre medico, nel cuore di
una gelida foresta polacca, con un sacco di patate utile a farlo
sopravvivere per mesi, freddi e bui, appena rischiarati dal tenue
lumicino di speranza della battaglia di Stalingrado e con il monito
di non fidarsi degli uomini, o di farlo solo se si dovesse trovare in
estrema difficoltà, rivolgendosi ai partigiani.
Yanek
matura il suo apprendistato tra i partigiani, lì cresce,
conosce la vita, l’amore, la guerra, la morte e elabora la
certezza del suo destino di orfano; purtroppo il suo atto di crescita
ha la cifra negativa dell’eroismo di un sabotaggio, della
crudezza di un omicidio, della consapevolezza di essersi macchiato
del peggiore dei crimini ma anche dell’orgoglio di aver fatto
pure lui la sua parte. È il passaggio dalla musica alla
violenza a scandire il suo farsi uomo, la convivenza in lui di due
linguaggi differenti e opposti che solo la drammaticità della
guerra può far coesistere. Le barriere, quelle del bene e del
male, vacillano, crollano, il linguaggio universale dell’arte
pare l’unico capace di ergersi al di sopra di tutto e di
mantenere vivo l’uomo, tedesco o polacco. Spesso nel romanzo,
si affida all’arte, musica o letteratura, questo ruolo
salvifico. Le notti in foresta sono scandite dai racconti scritti dal
compagno che col modulo della fiaba mantiene intatto il naturale
candore dell’animo umano o lo risveglia se si è
affievolito prima che si tramuti in dura corazza. E ancora
nell’oralità del narrare di quel mitico partigiano, il
loro capo, che si alimenta la speranza per una pedagogia capace di
rinnovare i più alti ideali dell’Europa intera verso la
rieducazione di quella gioventù segnata e
sacrificata.
Ancora
una volta Romain Gary spiazza il mio giudizio di lettrice, apprezzo i
contenuti che tratta e la spinta ideale che li nutre, così
come alcune pagine isolate che hanno l’immediata capacità
di toccare il cuore commuovendomi o l’arguzia di certe sue
frasi che si ergono allo stato di aforismi, eppure la sua prosa non
mi coinvolge totalmente lasciando sempre in me una sensazione di
imperfezione e un andamento di lettura generalmente discontinuo. Non
mi do per vinta, qualcuno mi ha detto che ha scritto di meglio…
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