Gianpaolo
Anderlini - “
Giobbe” – FaraEditore, 2018.
Per
molti anni ho servito l’altare come organista. Alla fine della
celebrazione eucaristica seguivano le parole: “ Oh! se le mie
parole venissero scritte, se fossero consegnate in un libro! O
impresse con stilo di ferro sul piombo, o incise sul macigno per
sempre! “Io so che il mio Redentore è vivo ed egli,
ultimo, sulla polvere sorgerà; e dopo, nuovamente rivestito
della mia pelle, della mia carne vedrò Dio.”(Libro di
Giobbe: 19.16-20,25).
Il
libro compreso nella Sacra Bibbia fu scritto intorno al IV-V secolo
avanti Cristo preannunciando ancora una volta la resurrezione dei
morti.
A
rendere attuale il messaggio, disceso lungo la Storia della
cristianità, è stato scritto da Gianpaolo Anderlini il
libro “Giobbe” edito presso l’Editore Fara di
Rimini quest’anno.
Un’
impresa non facile se rapportata agli eventi disseminati lungo il
secolo appena trascorso, quello cosiddetto “breve”, dove
guerre e persecuzioni hanno distrutto il senso della Speranza e della
Divina Provvidenza.
L’autore
ha scelto la poesia per dare leggerezza alla sua ricerca: dodici
discorsi, dodici risposte e un explicit (exsulto), realizzati con
l’uso dell’endecasillabo.
Con
la scelta del numero dodici si rimanda il lettore alle scelte operate
nel Vecchio e nel Nuovo Testamento: le tribù d’Israele,
gli Apostoli del Messia (Gesù Cristo), la ricomposizione
dell’Universo nelle mani del Creatore.
Sapienza
che permane nel “verbo” da almeno settemila anni.
Dunque
il primo discorso, di questo nuovo contributo a Giobbe, si apre
proprio con i versi: “ I meccanismi della creazione /
trattengono lontano ( in alto) i cieli;/ parole dette (in basso)
nella piatta / luce del giorno, sostengono il giogo / dell’esistenza
umana sotto il sole.” (pag.11).
Nasce
da questi versi la ripresa della voce così antica di Giobbe.
La
distruzione degli umili da parte degli empi: vedi i campi di
sterminio nazifascisti; la morte di migliaia di civili nelle attuali
guerre in Siria e nelle altre parti dei continenti; la perdita di
vite umane in questa nuova grande emigrazione dall’Africa alla
quale stiamo assistendo accomunandoci con la preghiera alla sorte dei
fuggitivi.
Il
genere umano ha costruito ancora una volta una nuova Torre di Babele,
il potere economico che non intende perdere per nessun motivo,
continuando a depauperare le nazioni povere delle risorse che il
pianeta ha donato loro.
Dio
dov’è di fronte al dramma inesauribile che il genere
umano affronta dalla nascita all’ultimo giorno di vita nel
confronto con i propri simili, alla Natura devastata che si ribella,
alle tragedie che promanano dal profondo delle viscere del pianeta
“Gaia”?
“(…)
Dov’è l’uomo? Nel parto dell’attesa.”
(pag.21).
“ Effatà!
” viene pronunciata al momento del battesimo cristiano nelle
orecchie del neonato retto dalle braccia dei genitori. Riposa in pace
sono le ultime parole recitate accanto al letto del defunto.
Il
libro proposto da Anderlini pone ancora una volta in noi, come fu per
Giobbe, la ricerca della divinità che avanza nei secoli
sorreggendo gli uomini assetati di esistenza: “(…) luce
che prorompe / dai volti assorti a contemplare Dio / e la preghiera
esplode dal silenzio / dei cuori e riempie il mondo di certezze /
nuove, incontrovertibili.” (pag.28).
Solo
nella vera fede c’è il superamento della debolezza del
corpo, il dolore delle malattie e il sorgere dell’energia che
sorregge quanti si affidano a Dio:
“ Solo
il dubbio ci rende uomini liberi.” (pag.29).
Vincenzo
D’Alessio
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