Il
maestro di Vigevano – Lucio Mastronardi –
Einaudi – Pagg. 545 – ISBN 9788806174217
– Euro 15,00
“Catrame”
Duro
e rabbioso, disilluso e amaramente ironico, “Il maestro di
Vigevano” è un romanzo che non può passare
inosservato. La penna di Lucio Mastronardi ci racconta una vicenda
sullo sfondo della Lomellina, in provincia di Pavia, negli anni del
boom economico, quando il tanto agognato benessere era sì
diffuso ma, a conti fatti, non a portata di tutti.
Antonio
Mombelli, maestro elementare con moglie e figlio a carico, è
uno di coloro che, per mancanza di opportunità o di coraggio,
sono rimasti esclusi da quell'agiatezza che trasforma in padrone
ricco e rispettato persino l'uomo più rozzo e ignorante,
mentre la città di Vigevano si affolla di grandi, piccole e
piccolissime aziende artigiane operanti soprattutto nel settore delle
calzature. La cultura invece non paga e lo stesso protagonista
mantiene la famiglia con uno stipendio da fame, a cui si sommano gli
esigui guadagni derivanti dalle lezioni private, nell'attesa degli
assillanti scatti di coefficiente che portino alla pensione. Intanto,
sua moglie Ada, sempre più insofferente a tutte le privazioni
che la costringono, tra le varie cose, ad andare in giro con la
biancheria intima rattoppata alla bell'e meglio, desidera una vita
diversa e s'intestardisce a voler lavorare in fabbrica; Mombelli,
però, ferito nell'orgoglio, non sopporta l'idea di vedere lei
operaia né il figlio Rino garzone, per il quale sogna una
futura carriera da impiegato di gruppo A.
Quello
che lui chiama “catrame”, cioè una sorta di decoro
piccolo borghese che impregna la gente e impone che la moglie di un
maestro di scuola, così come quella del più pidocchioso
dei borghesi, non debba lavorare fuori casa perché “chissà
cosa dirà la gente!”, gli fa vivere il tutto con estremo
disagio, anche per il fatto che lei possa guadagnare di più. È
proprio questo subdolo “catrame” che ricorre spesso nella
narrazione, tracciando un impietoso ritratto della società
dell'epoca, piena di ipocrisia, bigottismo, perbenismo di pura
facciata.
Con
una scrittura vivace, introspettiva e capace di abbandonarsi a
riflessioni d'una profondità a tratti sconcertante, l'autore
dà vita a una storia drammatica che non risparmia niente e
nessuno, nemmeno il mondo della scuola, tra queste pagine messo alla
berlina per le sue logiche ottuse e talvolta spietate. Maestro
elementare egli stesso, Mastronardi morì suicida nel 1979,
come uno dei personaggi minori di questo suo romanzo. “Il
maestro di Vigevano”, notato a suo tempo da Italo Calvino, era
stato pubblicato da Einaudi nel '62; l'anno successivo ne era stato
tratto un bel film interpretato da un sempre grande Alberto Sordi per
la regia di Elio Petri. Consiglio, eventualmente, di guardare la
trasposizione cinematografica dopo aver letto il libro. Davvero una
bella scoperta, Lucio Mastronardi, autore forse rimasto un po'
nell'ombra con il passare degli anni e meritevole di maggior
attenzione.
“Cammino
mentre dolce scende la sera; e la luna sale; ecco qui davanti a me il
lungo corso Milano, pieno di biciclette e macchine e gente che si
muove corre fila; quel muoversi filare e correre è il senso
della loro vita; il significato di vita, penso. E il mio camminare ha
pure un significato, penso. Ma non so quale significato attribuirgli
a questo camminare. Forse perchè quel correre di quella gente
fa capo a qualche cosa, a qualche azione e io invece cammino senza
una meta... Penso ai soldi.”
Laura
Vargiu
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