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  Letteratura  »  La poetica di Gianluca Ferrari, di Renzo Montagnoli 26/10/2018
 
La poetica di Gianluca Ferrari

di Renzo Montagnoli





Chi è Gianluca Ferrari? Per quel che ne so è uno che scrive poesie, una produzione varia di cui sono venuto a conoscenza per merito di un comune amico. Quindi, non sapendo chi sia l’autore, nemmeno conoscendone l’età, il mio giudizio sulle opere che mi ha inviato non può essere che del tutto imparziale, non influenzato da fattori che magari riflettendosi nella sua produzione possono incidere, magari inconsapevolmente, su una valutazione. E pensare che l’approccio non era stato dei migliori, poiché le prime due raccolte chi mi sono state inviate (Il mare in un sussurro di conchiglie e Origami di nubi) sono improntate a una linea orientalistica (da estremo oriente e nel caso specifico giapponese) che, esulando dalle mie conoscenze e dalle mie abitudini di lettore, non avrebbero potuto costituire materia utile per un mio sereno giudizio; ma Gianluca Ferrari è eclettico, scrivendo anche poesie di altro genere, che lui definisce occidentali, e che sono quelle tipiche a cui in effetti in occidente siamo abituati, cioè prive di una rigida metrica fissa e con l’armonia – quando c’è – ricercata in altro modo. Mi ha inviato così altre due sillogi, ognuna monotematica, intitolate Bestiario e Fiori, due aspetti della natura di cui siamo parte che influiscono sull’animo umano, contribuendo alla visione della vita che si fa ognuno di noi.

Nella lettura delle stesse, non sapendo con quali delle due iniziare, ho proceduto secondo l’ordine alfabetico dei titoli e quindi la prima è stata Bestiario, 61 poesie ognuna delle quali dedicata a un animale, e così si va dall’ape alla zanzara, dal canarino allo stambecco, includendovi anche specie che non sono mai esistite come i draghi (questi ultimi, peraltro, trattati prosasticamente). Per certi aspetti mi può ricordare l’opera di Fedro, giacché Ferrari, come il favolista latino, parla di animali per parlare di uomini, nel senso che si procede per metafore (Murena – Nella profonda, pigra altalena / degli abissi, dove la luce / è ruggine e i canti / delle megattere fanno tremare / i vecchi relitti, dagli anfratti / schizza lo scuro fulmine della murena / e sconvolge la muscosa cancrena / dei sonni; è raptus / è vena di follia / che in ciascuno si nasconde.) Perchè fra le tante ho scelto questa? Perchè è quella che secondo me esprime meglio caratteristiche e finalità dell’autore. Premesso che appunto si procede per metafore è fuor di dubbio che lo stile, senza essere baroccheggiante, tende a colorare, a creare atmosfera a sostegno del concetto espresso, ricorrendo a immagini di effetto, ma senz’altro pertinenti e facendo così emergere le inconsce paure degli esseri umani che possono portare a gesti inconsulti, a uno stato di follia. C’è comunque in tutte le liriche un sentore di elegia, una ricerca formale mai fine a se stessa e che conferisce ulteriori meriti alle stesse, come per esempio in Pesciolino rosso (Labili incendi nel globo del vetro /…) o in Gazza (Impettita nel tight bianconero, /….), o meglio ancora in Fenicottero(Eco di crepuscoli e fanciulli assorti / in specchi d’acque /…), in cui è evidente il richiamo a Narciso, quel mitico fanciullo di cui si tramanda l’amore per se stesso. Insomma, come primo contatto con questo poeta, direi che il risultato è positivo; non è possibile gridare al grande, al grandissimo, ma gli elementi basilari per evoluzioni ulteriormente meritorie ci sono e del resto questa silloge mi pare di buona fattura e, soprattutto, di non difficile comprensione e di gradevole lettura.

E dopo la zoologia passiamo alla botanica, dagli animali ai fiori, già di per se stessi di potenzialità poetica. In Fiori mi è sembrato che ogni poesia sia più fine a se stessa, cioè non ho riscontrato la presenza costante di quel senso di metafora della vita umana che è propria di Bestiario. Per certi aspetti mi è parso una sorta di divertissement dell’autore a cui è invitato a partecipare anche il lettore. Intendiamoci, la poesia è anche frutto di sensazioni ed è idonea a trasmettere emozioni, come nel caso specifico un piacevole appagamento di serenità. Si legge, si vede e poi si scorge dentro di noi, un’immagine speculare che incide sull’animo e che allieta, come nel caso di Giglio Monastico appiglio del bianco, / pausa di pura preghiera. / Lungo guanto dell’aurora / attendi che t’infili / la rugiada e in soffio / d’alleluja si stempera la strada). E’ evidente che c’è un maggior ricorso a similitudini, a colpi d’effetto, insomma a stupire e soddisfare chi legge; niente di male, anzi considerato che ai giorni nostri spesso e volentieri mi tocca leggere versi che si attorcigliano, che non sono capaci di suscitare immagini, tesi a esprimere concetti spesso logorroici, l’aura semplicità di Fiori non può che da me essere accolta nel migliore dei modi. E se alla fine ci si sente leggeri e piacevolmente sorpresi il merito è tutto di queste poesie, di questi fiori che ci vengono mostrati in una luce diversa.

Ho notato peraltro che queste raccolte sono edite in proprio e quindi non possono avere una platea folta di lettori, anche se è ben noto che la poesia in volumi ha ben pochi affezionati. Considerato, però, che a volte leggo sillogi pubblicate da editori di dimensione media o medio-grande, sillogi di cui non riesco, con tutta la mia buona volontà, a riscontrare un particolare valore e che anzi mi appaiono sciatte e banali, Bestiario e Fiori per la loro qualità dovrebbero essere edite ed essere poste sul mercato, un mercato indubbiamente difficile, ma sono convinto che alla lunga il buon livello finisca con l’avere soddisfazione.




 
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