C’è
fede nella scrittura?
di
Carla De Angelis
Scrittori,
poeti si nasce o si diventa? Quando mi alzo la mattina provo un
sentimento di gioia e attesa per l’emozione di trovarmi sui
miei quaderni sparsi fra letto e scrivania senza riuscire a trovare
quello giusto. Vivo a fior di pelle l’attesa di quella
improvvisa parola che acquieterà per un poco la mia ricerca.
Entro in un’altra stanza senza accendere la luce, continuo a
cercare e lentamente trovo il mio respiro, quindi esisto. Inizio a
percorrere le ore della vita e scrivo, quasi fosse l’unico
progetto utile a darle un senso La parola sussurrata, urlata o
scritta compie costantemente la sua magia, l’umanità lo
ha sempre saputo. Gli antichi oracoli parlavano per enigmi, le
religioni spesso si esprimono in idiomi antichi e, si resta
affascinati da armoniose cantilene dal significato sconosciuto che
seducono con il loro mistero. Chi scrive è più legato
alla fede nella libertà del pensiero e della parola che ad
una fede religiosa o politica che imporrebbero obbedienza cieca e
assoluta. La fede in una religione dà quella sicurezza che
allontana la disperazione, permette al credente di accettare le
avversità, di trovare una motivazione alla sofferenza e uno
scopo all’affaccendarsi dell’umanità che non può
essere solo il perpetuarsi della specie.
La
fede nella libertà del pensiero ci rende responsabili non
solo verso gli altri, ma soprattutto verso il nostro scrivere: è
quasi impossibile mentire al foglio bianco, infatti si scrive anche
ciò che a voce non si direbbe mai. La scrittura si evolve
insieme alla parola, cresce, cambia colori e toni, si
immerge in ciò che c’è di più umano: “Il
destino della Poesia è di innamorarsi del mondo, nonostante la
Storia” ( Derek Walcott).
Nella
scrittura c’è fede, c’è la fiducia e la
consapevolezza di costruire un ponte tra la parola scritta e chi
legge: la offriamo, come memoria, come lettura del presente, a volte
come profezia per il futuro:” Chi non parla è
dimenticato” (Pier Paolo Pasolini).
Siamo
assediati da rumori, musica, spot.... Spesso accade che per una
ricerca passiamo ore sul pc dimenticando addirittura il motivo che ci
aveva spinti davanti allo schermo! Verrebbe allora il desiderio di
fermarsi, di isolarsi: capiamo di aver perso il silenzio e la
capacità di ascoltare quella voce interiore che predispone
all’ascolto della sacralità del tempo. ”. Spesso
però accade che la volontà disgiunta dal sentimento non
ci permette di realizzare quell’ascolto. L’atmosfera che
si crea durante la scrittura ha le sue radici in una dedizione
sincera alla regola aurea “amerai il prossimo tuo come te
stesso”. Da qui l’impegno morale dello scrittore che
conosce la conseguenza delle parole, l’importanza della
scrittura, l’importanza dell’etica nella scrittura che
penetra nella mente altrui.
Scrittura
come fede-fiducia-affidamento; quando scrivo mi sento come un operaio
– ho lavorato per dieci anni in una fabbrica costruivo centrali
telefoniche – ora assemblo parole per comporre testi: Figlio
mio – raccomandò Rabbi Jischmael a Rabbi Jehuda copista
della Torah – sii cauto nel tuo lavoro, perché è
un lavoro divino; se dimentichi una sola lettera o scrivi una lettera
di troppo, distruggi il mondo intero (Talmud babilonese) , mi
ripeto questa raccomandazione: cancello, scrivo,
cancello di nuovo, leggo a voce alta e correggo fin quando leggendo
il suono della voce è diventato musica. Solo allora la fede
nella scrittura diventa fiducia nel lettore che potrà
condividere o no il mio lavoro, in ogni caso il suo pensiero
permetterà di arricchire il mio e continuare ad affidarmi
alla scrittura come mezzo di comunicazione e crescita. Mi fido.
“Chi
brucia i libri, prima o poi brucerà gli uomini” diceva
Heine la frase è ispirata ai tanti fuochi insensati che nelle
varie epoche sono stati accesi da despoti che conoscevano il potere
delle parole e sapevano che anche nei momenti più oscuri della
storia ci sono scrittori che denunciano e criticano.
Nietzsche
non è affatto tenero con l’arte e gli artisti in modo
speciale con i musicisti, gli scrittori e i poeti che definisce
“epigoni”. Afferma che l’arte suscita così
tante emozioni che l’umanità rischia di perdersi dietro
al sentimento e tornare bambina, insomma non si virilizza
abbastanza, dunque c’è più bisogno di scienziati
che di uomini d’arte.
Eppure
ogni scritto induce la gente a pensare, a farsi una propria opinione,
ad approfondire... Vorrei usare bene la scrittura come Orfeo la
lira: al suono della sua musica dolce, cessava il fragore del
torrente e l’acqua perdeva il suo cammino impetuoso.
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