La
vedova Couderc
Simenon,
il grande indagatore dell'animo umano
Una storia ad alta
tensione dalla quale venne tratto il film «L'evaso»
Chi
ama il genere del «romanzo duro» di Georges Simenon
proverà nuovo entusiasmo leggendo, riproposto ora da Adelphi,
«La vedova Couderc» (pp. 169, 12 euro, traduzione di
Edgardo Franzosini). Terminato a Nieul-sur Mer il primo maggio
1940, il romanzo apparve a stampa l'anno seguente. André Gide
ne fu entusiasta e non esitò ad accostarlo allo Straniero di
Camus (uscito lo stesso anno) aggiungendo che il romanzo di Simenon
si spingeva molto oltre, coincidendo con il culmine dell'arte. Nel
1971 Pierre Granier-Deferre ne trasse un film (titolo italiano
«L'evaso», con Simone Signoret nel ruolo di Tati, Alain
Delon in quello di Jean e una giovanissima Ottavia Piccolo in quello
di Félicie.Jean Passerat- Monneyeur, appartenente ad
un'aristocratica famiglia di vignaioli, dopo aver scontato una
condanna per omicidio, esce dal carcere, disorientato, senza una
meta, libero da qualsiasi impegno lavorativo e senza alcun progetto
per il futuro. Incontra sulla propria strada la vedova Couderc,
appena scesa dall'autobus che percorre la campagna vicino a
Saint-Armand- Montrond. Una campagna molto suggestiva, ricca di corsi
d'acqua, descritta con mano mastra dall'autore. Assunto dalla vedova
molto imperativa, che si concede anche al vecchio suocero per
interesse, assorbito dal semplice lavoro agricolo della fattoria e
dal sesso privo d'implicazioni amorose che la donna gli offre, Jean
sembra finalmente trovare una parvenza di felicità e di
equilibrio interiore. Una parvenza - sottolineiamo - perché
presto l'amore che gli sboccia dentro, irrefrenabile, nei confronti
di Félicie, vicina nonché giovane ragazza madre, nipote
della vedova Couderc, innesca una gelosia ossessiva in Tati, fino al
punto di costringere Jean in una situazione disperata. Tutto ciò
sconvolge il semplice trascorrere dei giorni e l'esistenza del
giovane condannato dal suo stesso destino. La promessa di una stasi
biologica, di un auspicato torpore della mente è solo
un'illusione, come abbiamo già rilevato. Poiché altre
donne interverranno a turbare quel precario equilibrio. Si scatena un
inferno provinciale di interessi e recriminazioni e così si
accende l'occasione demoniaca per tornare al delitto. Con molto acume
il critico e scrittore Corrado Augias commenta questo romanzo di
inquietante bellezza, quando sottolinea: «La parte centrale del
romanzo è sorretta dalla tensione fortissima che scaturisce
dal complesso rapporto tra i personaggi e che, per fare un paragone,
ricorda quella quasi insostenibile del romanzo "Misery" di
Stephen King (lo scrittore prigioniero della sua ammiratrice pazza).
Una situazione senza vie d'uscita».Come spesso accade coi
romanzi di George Simenon, ci troviamo sotto gli occhi pagine
imperdibili, dei veri sempreverdi, pagine da rileggere trovandovi fra
le righe emozioni nuove, motivi d'interesse elettrizzanti, com'era
avvenuto e come avverrà con tutto il resto della sua
produzione che non necessita di commissari o di ispettori di polizia,
semplicemente dell'ineguagliata capacità di sondare il cuore
umano, forziere di gelosie, invidie, debolezze, incorniciate in
paesaggi esteriori che riflettono l'animo dei personaggi.
Grazia
Giordani
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