L’angioletto
– Georges Simenon – Adelphi – Pagg.
197 – ISBN 9788845928192
– Euro 10,00
Amaro,
comunque
Romanzo
atipico rispetto a quelli di Simenon da me letti, centrato su una
singola esistenza, dai primi anni dell’infanzia fino alla
vecchiaia o quasi. Vive di quella capacità di godibilissima
caratterizzazione che è tipica della scrittura del belga,
capace sempre di regalare personaggi a tutto tondo, ambientazioni di
un realismo impressionante e poetico al tempo stesso, romanzo però
privo quasi di una trama, delineata solo a grandi linee e per tappe
esistenziali.
Louis
Cuchas è un bambino piccoletto, silenzioso, tardivo nelle
tappe di sviluppo fisico e cognitivo, un bambino che osserva la
realtà nel quale è immerso in modo inconsapevole,
registrando in quadri visivi dettagli e particolari inutili sul
momento per una comprensione della sua esistenza e che, da adulto,
riuscirà a sistemare in una netta lettura attraverso l’arte.
Definito dai suoi compagni di classe “l’angioletto”
per l’estrema bontà che lo porta a soprassedere ad ogni
loro angheria, stampa fin da piccolo sul viso un sorriso che pare
beffeggiare il mondo intero annullandolo nelle sue miserie per porsi
su un piano più alto- apparentemente è invece relegato
nella lettura altrui in quello degli ultimi, dei falliti, dei miseri,
degli inutili- quel piano al quale giunge con la capacità di
cogliere l’essenziale nel particolare e di riuscire a
rappresentarlo perpetrando il mistero dell’arte con la sua
pittura. Un istinto, una necessità, un bisogno che irrompe
nella sua vita con prepotenza e che accetta di assecondare rimanendo
sempre, in fondo, quel bambino strano, incompreso, indietro su tutti
ma il più brillante a scuola, un ragazzetto il cui sguardo sul
mondo non è stato inquinato o deturpato neanche dalla più
bieca realtà nella quale ha vissuto.
Godibile
lettura la cui atipicità mi ha spiazzata permettendomi un
giudizio di piacevolezza non completo come accaduto con altri testi.
Lo consiglio sebbene non l’abbia ben apprezzato.
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