Una
comunità a Teatro
di
Vincenzo D’Alessio
Sono
giunto a Castelsaraceno, in provincia di Potenza, negli anni novanta,
ospite del Club Alpino Italiano sezione di Salerno, e grazie
all’amico dottor Giuseppe( Pino) Stabile che ci guidava.
Due
monti sovrastano l’abitato: il monte Alpi (mt.1900) e il Raparo
(mt.1764) compresi nel Parco Nazionale del Pollino mete scelte dagli
amici del CAI per le loro escursioni.
Restai
in paese e cercai notizie sulle tradizioni e sui rinvenimenti
archeologici. Fu quella l’occasione in cui conobbi le
professoresse Teresa Armenti e Ida Iannella storiche del territorio
con le quali conservo ancora serena amicizia.
La
comunità castellana è dotata di una immensa ospitalità,
questa antica tradizione si perpetra ancora oggi specialmente durante
la festa del Maio che in questo luogo prende il nome di “
Antenna e Cunocchia”.
L’emigrazione
colpisce da anni questa comunità per cui i residenti
continuano con frequenti contatti e viaggi a non far mancare le
radici buone agli emigrati, che in questi ultimi decenni sono stati
principalmente giovani laureati con ottimi voti.
Un
teatro vero e proprio non c’è, il teatro vero è
sempre stata la piazza del paese dove si svolgono la maggior parte
delle manifestazioni.
Da
alcuni decenni è sorto un vasto auditorium connesso al Museo
della Civiltà Agro Pastorale che accoglie almeno cento
persone.
Vincenzo
Lardo è stato dirigente scolastico per diversi anni, ha
animato con scritti e manifestazioni le comunità in cui
lavorava, privilegiando la comunicazione visiva attraverso il teatro.
Ha
messo su una compagnia teatrale che già reca nel nome un
messaggio beneaugurante: “ Su(d) con la vita”.
Con
tutti i castellani che si sono prestati ad un breve periodo di prova,
con l’evento che prevede la costruzione di un ponte tibetano
dall’alto delle montagne all’interno del paese, ha
scritto e messo in scena “ Viaggio di andata e ritorno”:
commedia in quattro atti scritta, curata e diretta dallo stesso
Vincenzo Lardo.
L’introduzione
è stata affidata a giovani diversamente abili con l’ausilio
di un bambino che simbolicamente prefigura il senso della speranza
per il ritorno nella comunità:
“ attori
per caso, colti però nella quotidianità dell’esistenza
paesana”.
L’uso
del dialetto rende difficile l’interpretazione del dialogo che
si sviluppa costantemente tra i personaggi ma non dissimula l’azione
sul palcoscenico tanto che è facile intuire quanto sta
accadendo e cosa è stato detto.
Le
strategie interne alla trama sono tratte dal vivere insieme,
dall’allontanamento forzato dei membri delle famiglie fuori
dalla comunità alla ricerca di un lavoro sicuro, per
realizzare il desiderio di una economia solida tale da permettere il
collegamento ( come il costruendo ponte tibetano) tra l’origine
e il presente.
Vincenzo
Lardo ha scritto la commedia con la serenità di rendere, tra
lo scherzo e le debolezze umane, i problemi, i sentimenti e le
vicende della vita quotidiana della comunità alla quale
amorevolmente appartiene.
Il
tono della rappresentazione coinvolge il pubblico portandolo alla
risata e il lieto fine accende nell’ animo degli spettatori,
presenti o lontani da casa che vedranno lo spettacolo attraverso lo
schermo con un DVD, la certezza che “ il viaggio” non è
la perdita dell’identità famigliare ma la speranza che
il ritorno consenta la crescita della comunità d’origine.
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