Lo
schiavo – Isaac Bashevis Singer – Longanesi
– Pagg. 224 – ISBN 978-8830407176
– Euro 16,00
Un
uomo giusto
Fra
i suoi diciotto romanzi, “Lo schiavo” è
sicuramente uno di quelli da non farsi sfuggire; pubblicato nel ’62
partecipa con peso specifico alla prolifica stagione creativa che,
dal primo romanzo “Satana a Goraj”, porta l’autore,
passando per il successo di critica e di pubblico de “La
famiglia Moskat”, al premio Nobel del ’78.
È
una storia ambientata nel 1600, in una Polonia sferzata da venti
gelidi e cosacchi a cavallo, piegata inoltre da una miriade di
credenze superstiziose che si vorrebbero derivate dalle grandi
religioni monoteiste, senza derivazione alcuna in realtà. La
gente è povera, subisce la prepotenza di pochi che la
governano, l ‘ebreo, in questo contesto, patisce ancor di più
per i ripetuti pogrom e la superstizione aiuta gli animi a sopportare
le violenze e le sopraffazioni.
Simbolo
della condizione ebraica, racchiusa in un ampio raggio che va dalla
sottomissione a Dio, alla ritualità passando per l’intrinseca
condizione di esule senza patria, è Jacob, un giovane uomo al
quale i cosacchi sterminano la famiglia, moglie e figli, e che in
seguito viene venduto a cristiani che, in qualità di schiavo,
lo sfruttano per il lavoro nei campi e con gli animali, mentre la
comunità del villaggio ospitante ne fa il capro espiatorio di
ataviche paure.
Pende
su Jacob una condizione di eterna precarietà, potrebbe essere
ammazzato per nulla, mentre rassegnato coltiva, per quanto possibile,
la sua fede in Dio, mantenendo o recuperando il patrimonio di
conoscenze e di riti che la sua precedente condizione di benestante
gli aveva assicurato. Ora è un povero schiavo e solo la fede
lo consola; l’incontro con Wanda e il successivo legame
amoroso-al quale si opporrà con tutte le sue forze perché
è vietato per un ebreo legarsi con una gentile- lo porteranno
a vivere gioie e dolori, a scontrarsi con le ipocrisie delle due
comunità religiose e a sperimentare una nuova condizione
servile, rimpiangendo in lui e negli altri la possibilità di
godere di piena libertà.
Rimarrà
sempre un uomo giusto trascendendo le prescrizioni imposte dalla
legge religiosa, seguendo una morale e un’etica che, pare dire
Singer, appartiene prima all’individuo poi alla fede. Il
romanzo contempla tutta la sua esistenza mentre l’epilogo,
bellissimo, ne consegna il suo profondo significato.
Magistrale
rappresentazione realistica di un mondo crudele: si fa in fretta a
opporlo al nostro, progredito e civile e a distanziarlo così
tanto da chiedersi se in fondo in questo nostro mondo, immutato nelle
intolleranze religiose, incapace ancora di perseguire il bene,
specchio di una finitezza umana misera e votata all’odio, ci
siano poi degli uomini giusti che possano farci da guida.
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