K.
- Roberto Calasso – Adelphi – Pagg. 360 -
ISBN 9788845929069
– Euro 14,00
Sempre
utile
Pubblicato
per la prima volta nel 2002, il saggio in questione vive in
un'edizione riveduta e illustrata del 2005 ed è inserito in
un'opera di grande respiro che si nutre di pubblicazioni difficili da
collocare per genere, materia trattata, suggestioni derivanti dal
coacervo culturale che intrecciano e al quale si ispirano. Un saggio?
Ecco il dubbio si presenta anche per “K.”, lo definirei
piuttosto una interessante prova di esegesi letteraria sulla scorta
di una lettura del mondo che contraddistingue l'opera e l'attività
culturale di Calasso alla ricerca delle commistioni tra sacro e
profano, tra storia e religione, tra culture e generi letterari. Il
fatto che si tratti dell'interpretazione dell'opera di Kafka,
sfuggente nel suo simbolismo, fa di questo scritto una lettura
interessante e una base d'appoggio per eventualmente riprendere in
mano non solo la trilogia ma anche i racconti e gli scritti di
matrice autobiografica a partire dai diari. L' edizione del 2005 è
poi una coccola per il lettore più interessato perché
arricchita dai disegni di Kafka che con pochi tratti di china nera
fissano in altra forma l'immaginario che già le sue parole
avevano costruito nella nostra mente. Tratti stilizzati che
ripercorrono luoghi noti, schizzi compulsivi che richiamano appunto i
luoghi dei romanzi e non solo, intesi come spazi fisici ma anche come
i topoi mai nella sua opera riconducibili a loci ameni. Suscitano la
stessa inquietudine che vibra e percuote ogni sua pagina letteraria e
non.
Suddiviso in quindici capitoli il testo di Calasso procede
per nuclei tematici spesso isolando particolari contenuti
principalmente nei romanzi per affrontare, a partire da essi,
puntigliose disamine che trascendono l'opera stessa e si riagganciano
alla biografia sulla scorta dell'uso sapiente delle pagine dei diari.
Al lettore un sentimento di spaesamento iniziale, un appagamento
successivo nel recuperare le atmosfere note e le sensazioni provate
di fronte all'opera del praghese. Parallelismi fra i romanzi, fra gli
stessi personaggi dei romanzi, fra i luoghi in essi rappresentati, un
primo focus su “Il processo” e “Il castello”,
un assaggio de “Il disperso” sufficiente per avvallare la
tematica dell'estraneità e per inserire l'inserto erotico, e
poi , via via , un procedere a scandagliare gli abissi del
particolare: personaggi, conversazioni, spazi, ansie, paure,
prigioni, catene in un claustrofobico ritrovarsi nelle stesse
dichiarazioni rese nei diari su se stesso, la sua famiglia, le donne,
e il processo di scrittura. Un 'ampia sezione è dedicata ai
testi brevi, da “Il verdetto”, primo racconto risalente
al 1912 a “La tana” passando per “Nella colonia
penale” e l'immancabile ”La metamorfosi”. Riconosco
che questi capitoli centrali mi hanno affascinata: l'intreccio fra
vita e scrittura giunge al suo apice. Ho necessità estrema ora
di leggere gli scritti autobiografici: confessioni, diari, lettere,
consapevole del monito kafkiano che recita come un mantra “Non
si deve prendere tutto per vero, lo si deve prendere solo per
necessario”.
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