La
caverna – José Saramago –
Feltrinelli – Pagg. 345 – ISBN 9788807887345
– Euro 9,50
Tutto
scorre...
In
puro stile da presa diretta, come se fossimo al cospetto di una
sceneggiatura già tradotta in movimento, Saramago entra dentro
un'azione scenica, imposta un narratore e gli fa traslare il fatto in
sé, i protagonisti e i luoghi, imponendosi fin da subito come
il detentore della verità. La voce narrante è infatti
onnisciente, non tanto perché anticipa fatti o riprende gli
antefatti, quanto perché è la detentrice di quella
verità cui tende l'intera narrazione: è il filosofo
contemplato da Platone, colui che ama la verità e non insegue
l'opinione.
In
questo romanzo il mito della caverna è alla base dell'intera
narrazione e si mostra funzionale all'epilogo della vicenda narrata
che altro non è se non un banale e sano quotidiano minacciato
dall'aleatorio, dal superfluo, dal ridicolo.
Cipriano
Algor è vasaio, ha sessantaquattro anni, una figlia, un genero
che lavora in città, nel Centro, vero cuore pulsante
dell'attività economica del circondario, e una vicina che
potrebbe alleviare la mancanza della sua cara moglie defunta. Si
ritrova presto anche padrone di un cane. E sappiamo fin da subito, e
ancor prima di lui, che presto diventerà nonno. A fasi
alterne, godendo di alcune piccole anticipazioni, ignari ancora gli
stessi personaggi, saremo resi edotti anche di altri piccoli
fatterelli, che pur carichi di un'implicita drammaticità,
vengono affrontati dagli stessi con atavico eroismo misto a pura
rassegnazione.
Il
fatto che innesca la narrazione, e rompe ogni dimensione temporale e
ogni certezza, una sorta di velo di Maya, è la risoluzione
unilaterale del rapporto lavorativo di Cipriano con il Centro che non
ha più bisogno dei suoi vasi, della sua terracotta, della
sapienza creatrice delle mani, della caducità di un oggetto,
semplicemente perché la domanda non incontra più
l'offerta e il suo prodotto ha cessato di essere concorrenziale. La
sua estromissione è graduale, lenta e patetica, metafora della
caducità a marcare l'idea che tra un essere umano e un coccio
non intercorre differenza alcuna.
“Punto
più, virgola meno”, la narrazione scorre compatta in
pagine fitte per assenza assoluta di capoversi e per dialoghi
espropriati del loro codice interpuntivo, diventa massiva e
claustrofobica, scandita da rari eventi che amplificano le
conseguenze fino a giungere ad un epilogo che consola e restituisce
speranza. Una riflessione più che mai attuale sullo stato del
nostro progresso e sulle implicazioni etiche che comporta il
rinnegare il passato semplicemente pensandolo come antitetico al
nostro presente.
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