Amleto
– William Shakespeare – Newton Compton – Pagg. 258
– ISBN 9788854180796
– Euro 3,90
Di
cosa non ti puoi privare...
Più
che una recensione al dramma queste poche righe vorrebbero tendere
alla lettura dell'edizione della BUR classici (febbraio 2016) in
quanto funzionale alla decodifica di un'opera che si presume di
conoscere e che puntualmente si finisce per archiviare come un vero e
proprio dilemma. L'edizione presenta testo inglese a fronte, un ricco
apparato di note a cura di Keir Elam, un saggio di Viola Papetti e la
traduzione del compianto Gabriele Baldini. Fin da subito appare
chiaro, anche all'occhio profano, che si andrà a fruire di un
lavoro importante e che la lettura rallentata dal fitto apparato di
note sarà un 'occasione per avvicinare un'opera che spesso
nell'immaginario collettivo, come capita con tante creazioni del
Bardo, è stata liberamente interpretata e di volta in volta
calata a mere esigenze di attualizzazione. Una stessa sezione
dell'introduzione è interamente dedicata ad “Amleto in
scena e sullo schermo” senza trascurare le moderne
interpretazioni italiane da Gassman ad Albertazzi fino ad Antonio
Latella nel più recente 2003.
Arricchiscono
il volume un interessante apparato bibliografico, una nota filologica
e le varianti testuali. A chi meno edotto su tali questioni già
il solo corpus testuale diventa fonte di preziose informazioni: il
lettore infatti ha modo di ricordare di essere di fronte ad un testo
in poesia la cui ricchezza semantica è intessuta non solo di
sforzo e maestria metrica ma, soprattutto, di fine ricerca lessicale
rivolta all'uso del doppio senso spesso di carattere sessuale, o di
una retorica che fa di metafore, metonimie ed endiadi il substrato
semantico di un significato complesso. I temi, poi si intrecciano in
modo tale da far oscillare nel dubbio tra dramma pubblico o privato.
L'impostazione scenica, quella presunta del Globe, infittisce il
mistero: le forzature nella divisione in atti e in scene, le
supposizioni circa gli stesi atti scenici se non addirittura sulla
presenza scenica di alcuni personaggi in dati momenti, restituiscono
la complessità già presente alla base. La stessa
rappresentazione del dramma sul finire dell'epoca elisabettiana è
indicativa di ulteriori significati contingenti al periodo storico
che si chiudeva e che le note aiutano a cogliere permettendo di
ampliare la nostra visione. Ci si ritrova anche di fronte a
interessanti scorci metaletterari, o meglio meta-teatrali, che
indirizzano sullo stato del teatro nell'Inghilterra dell'epoca e sul
ruolo che la compagnia dell'autore ricopriva, in termini di novità,
rispetto al passato.
Certo
c'è poi da gustare l'opera letteraria in sé, ma lo
sapete questa è atipica per tensione narrativa, è il
dramma dell'inazione per antonomasia, ciò che qui va cercato è
il significato della parole e non è semplice da rintracciare.
Ecco perché una buona edizione merita una recensione più
della stessa opera di cui si occupa. Buona degustazione.
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