Cristiani
di Allah – Massimo Carlotto – E/O Edizioni
– Pagg. 9788866329701
- Euro 14,00
Corsari
Un
gran bel romanzo storico, questo attraverso cui faccio ora conoscenza
con la scrittura di Massimo Carlotto, autore padovano che, come avevo
già scoperto, ha un rapporto particolare con la mia Sardegna.
E, non a caso, i riferimenti diretti anche all'isola sarda non
mancano tra le pagine di “Cristiani di Allah”, la cui
ambientazione risulta, del resto, profondamente mediterranea.
Lo
sfondo cronologico è quello della prima metà del XVI
secolo, quando la poderosa flotta del cattolicissimo Carlo V tentò
l'assedio di Algeri, tra le roccaforti corsare per eccellenza lungo
le coste del Nordafrica, ma con esiti infine disastrosi. Erano loro,
i corsari, a reggere di fatto le sorti della città, sebbene
anche la terra algerina dipendesse formalmente dal sultano della
lontana Costantinopoli che vi inviava a più riprese le proprie
guarnigioni di temibili giannizzeri. All'epoca, Algeri era
un'autentica città cosmopolita, in rapporto naturalmente al
mondo di allora: tra le vie della sua medina si aggiravano musulmani,
ebrei, cristiani e quella araba e berbera non erano che due delle
tante componenti etniche della popolazione che vi risiedeva. I
corsari stessi, per la maggior parte, erano rinnegati europei
cristiani, convertiti all'Islam non certo per sincero sentimento
religioso, bensì per puro opportunismo e brama di rapina
poiché, com'è noto, essi assalivano e depredavano navi
e centri abitati anzitutto costieri, facendo sempre un gran numero di
schiavi che rendevano ingenti guadagni.
“E
così avevamo raggiunto Algeri alla fine di un lunghissimo
viaggio ed eravamo diventati corsari e rinnegati. Avevamo affrontato
il rasoio del barbitonsore che ci aveva mozzato il prepuzio e rasato
il capo […]. Di fronte al muftì avevamo dichiarato che
“Non v'è altro Dio che Dio e Maometto è il
profeta di Dio”. Eravamo stati rivestiti di abiti sontuosi e
portati in giro per la città in sella a cavalli di grande
bellezza perché tutti sapessero che altri due cristiani
avevano trovato la vera fede.”, racconta Redouane, voce
narrante del romanzo, il quale, già mercenario albanese tra le
truppe dei lanzichenecchi, aveva preferito mettere la propria spada
al servizio della causa corsara pur di poter vivere in libertà
la relazione con il suo amante Othmane, ex lanzichenecco a sua volta.
Quale destino, se non la morte, avrebbe potuto esserci altrimenti per
“due mercenari sodomiti” nell'Europa cristiana
ossessionata dai peccati della carne, ma insensibile ai massacri
indiscriminati di uomini, donne e bambini? Ad Algeri, seppur terra
d'Islam e nonostante l'esplicita condanna coranica, l'omosessualità
trovava sorprendentemente ampia tolleranza da parte delle autorità
religiose musulmane, ben consapevoli del fatto che quelle in tal
senso fossero conversioni solo di comodo.
Ed
è proprio questo ciò colpisce il lettore che non
conosca quelle pagine di storia: l'inattesa tolleranza verso costumi
sessuali che oggi, in quello stess202
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mondo, a seconda dei Paesi, possono mettere a rischio la vita di una
persona, così come nei confronti di altre fedi religiose
perfettamente inglobate all'interno delle cornici statuali islamiche.
In verità, i grandi “laboratori” storici di
convivenza pacifica e accettazione di certe diversità, di cui
ora sembra essersi persa memoria, non sono mancati, prima fra tutti
la Spagna araba.
La
vicenda d'amore di Redouane e Othmane si consumerà tra
spedizioni corsare, vendette e intrighi da taverna (già,
nell'Algeri del Cinquecento esistevano pure regolari locali dove bere
allegramente alcolici!), sino all'epilogo inevitabilmente drammatico
che lascerà in bocca un sapore molto amaro, mentre i mercati
di schiavi si facevano sempre più affollati e i rapporti fra
le due sponde del Mediterraneo sempre più ambigui e
incattiviti. Fin dalle prime battute, spicca l'originalità
della trama, supportata con tutta evidenza da un'accurata ricerca
storica da parte dell'autore. Molto bella e appassionante la
scrittura di Carlotto, capace di tenere ben deste, fino all'ultima
pagina, l'attenzione e la curiosità di chi legge. Un romanzo
che, senza troppe edulcorazioni, ci parla sì di violenza e
schiavitù, ma anche di tolleranza e, nonostante tutto, di un
senso d'umanità che non può scomparire nemmeno tra le
pieghe più buie della Storia.
Laura
Vargiu
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