Se
non mi confonde il vento – Katia Debora Melis –
Mario Vallone – Pagg. 54 – ISBN 9788831985116
– Euro 10,00
La
voce del vento
“Siamo
solo persone/ di passaggio/ nelle vite altrui/ e nelle nostre./ Per
sollevare dubbi./ Per agitar tormenti” esordisce Katia Debora
Melis nella sua nuova silloge intitolata “Se non mi confonde il
vento”, pubblicata lo scorso anno da Mario Vallone Editore.
Una
nuova raccolta poetica che, secondo il consueto stile dell'autrice
che avevo già avuto occasione di conoscere e apprezzare
attraverso precedenti pubblicazioni, regala al lettore un viaggio tra
sentimenti ed emozioni che parlano all'anima, poiché la
poetessa – per riprendere le espressioni della bella prefazione
firmata dalla scrittrice Emma Fenu – si fa “Dea e
Demiurga”, così come “Madre di parole, di bambini
e di antenati”.
E,
al pari del vento che riecheggia suggestivo fin dal titolo
dell'opera, la poesia corre libera, senza catene di sorta,
accomunando da sempre sogni, speranze, illusioni e l'unico suo limite
rimane la parola. Così, si attende il ritorno de “gli
amati versi” che consolano la notte, quando i rumori del mondo
si trasformano in “fragile sussulto”. Ma la poesia può
persino diventare fardello e pena, specie se si scrive d'amore
scavando nei ricordi, e si fa allora fatica “a squarciare
l'aria con un libero canto.”
“[...]
E sarebbe certo meglio/ non scriverne mai più/ perché
scrivere anche una sola vera poesia d'amore/ è difficile
almeno quanto l'amare.” (da “Almeno un centinaio”)
Una
scrittura coraggiosa, quella della Melis, che sembra aprire varchi
nel tempo, meravigliosamente sospesa tra un passato di dolore e un
oggi d'incerta speranza che non si atterrisce dinanzi ai solchi sulla
pelle perché, in fondo, chi è poeta conserva “un
cuore ancora giovane/ su cui poggiano/ lanterne infuocate”; il
futuro aleggia nell'invocazione di un'alba dai colori pastello,
mentre il tramonto non sempre sancisce una conclusione irrevocabile,
diventando talvolta sinonimo di naturale e auspicato
cambiamento.
Attento
e ponderato, il verso sperimenta la solitudine di parole e concetti
in testi che sanno ben amalgamare forma e contenuto. Una lettura che,
a tratti, rapisce e incanta, proprio come la voce del vento,
protagonista, in particolare, di una delle liriche più belle
dell'intera silloge. Già, il vento che, imperterrito e forse
indifferente all'umano vivere e soffrire, prosegue il suo
cammino“lungo le strade infinite del mondo”; gli si
presti ascolto ché soltanto esso “conosce molte cose/ e
molte te ne dirà.”
Laura
Vargiu
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