Consigli
per essere un bravo immigrato – Elvira Mujcic –
Elliot – Pagg. 90 – ISBN 9788869937484
- Euro 12,50
Storie
d’immigrazione
“Quando
non sai dove stai andando, ricordati da dove vieni.” (proverbio
africano)
Pubblicato
alcuni mesi fa da Elliot Edizioni, “Consigli per essere un
bravo immigrato” è un breve romanzo che va ben oltre la
finzione letteraria. L’autrice, Elvira Mujcic, classe 1980,
racconta in queste pagine anche molto di sé e della propria
personale vicenda di immigrata bosniaca in fuga dagli orrori della
guerra che, più di vent’anni fa, travolse il suo Paese e
tutta la ex Jugoslavia.
Partendo
dalla storia di Ismail, giovane gambiano richiedente asilo in Italia,
il libro invita a riflettere su un fenomeno estremamente complesso e
drammatico come quello dell’immigrazione, gestito – come
qui si evidenzia per bene – da una macchina burocratica
“totalmente priva di senso” che macina a ritmo variabile
i sogni e le speranze di tanti giovani rifugiati. Infatti, seppur le
tristi realtà dell’Africa siano lontane, in Italia, a
cui si approda dopo viaggi nel Mediterraneo per noi ormai di
ordinaria cronaca, occorre fare i conti con pregiudizi, razzismo e
ansia nell’attesa di un sì o un no (capricciosi?), da
parte dell’apposita commissione cui spetta il compito di
ascoltare e valutare ogni singola storia ai fini del rilascio del
permesso di soggiorno con relativa protezione internazionale.
Non
stupisce l’attenzione particolare riservata alle parole: chi
scrive, del resto, anche in virtù della propria esperienza, è
ben consapevole di come si attribuiscano “[…] nomi
ingannevoli alle cose, nomi che ammantano di significati altri e
illusori la realtà dei fatti.”
“Usiamo
parole come clandestino o immigrazione illegale in maniera distorta,
attribuendo la colpa a chi arriva qui e si trova a vivere la
condizione di clandestinità e non a chi ha creato un sistema
per rendere le persone illegali.”
E
mentre si rovista dolorosamente nella memoria e si affronta anche il
tema della sparizione che crea un triste parallelismo tra la Bosnia
ed Erzegovina della stessa Mujcic e il Gambia del suo personaggio
Ismail (dove numerosi detenuti politici, caduto il dittatore Jammeh
pochi anni fa, non sono più stati ritrovati all’interno
delle prigioni), si cerca di comprendere se esistano o meno, per chi
subisce lo status di straniero, consigli per diventare buoni
immigrati, al fine di evitare di essere bruscamente respinti da una
società di accoglienza che impone rigidi e ottusi stereotipi
ai quali occorre aderire: l’immigrato privo d’istruzione
e in costante bisogno economico, il profugo in fuga da guerre
dichiarate ed eclatanti, il rifugiato stuprato e mutilato.
“Quello
che ci si aspetta di ascoltare da un rifugiato è una storia
devastante, più morti e torture ci sono, meglio è. […]
Un’altra indicazione da tenere a mente è che una volta
che si è scivolati giù per la scala della miseria e
della sciagura è auspicabile non risalirla mai più.
Oppure risalirla un poco, il giusto affinché tu sia sempre
riconoscibile e non pretenda mai di arrivare a un livello pari agli
abitanti del paese che ti ospita.”
Nemmeno
conoscere la realtà dei fatti sembra aiuti a comprendere.
Quando, dunque, saremo disposti a riconoscere che esistono anche
guerre latenti e silenziose, che ciò che succede in Africa dal
periodo postcoloniale a oggi è radicato nell’antico
dramma della schiavitù e nelle scellerate politiche predatorie
dell’Occidente, che non esiste come lingua comune –
giusto per rasentare il ridicolo – l’africano, tout
court, ma una miriade di parlate dall’arabo e berbero del Nord
agli idiomi delle popolazioni più australi?
Attraverso
una scrittura coinvolgente, bellissima nella forma e nella sostanza,
Elvira Mujcic con questi suoi “Consigli per essere un bravo
immigrato” dona al lettore una piccola storia di grande
impatto, mettendo al bando la banalità e l’ipocrisia dei
luoghi comuni a favore della consapevolezza di quanto sia essenziale
creare solide e concrete relazioni umane. Da leggere!
Laura
Vargiu
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