Diario
di Matteuccia – Barbara Cucini –
Zerocentoundici – Pagg. 176 – ISBN 9788893702898
– Euro 15,30
Streghe
e capri espiatori
Todi,
anno Domini 1428. Con l'accusa di stregoneria viene condannata al
rogo Matteuccia di Francesco, dedita, secondo i ridicoli e
pretestuosi atti del processo, a malefici e pratiche diaboliche di
vario genere. Ma chi era costei?
Anzitutto,
un personaggio realmente esistito di cui rimane ignota la data di
nascita, da collocare con buona probabilità prima del 1400,
mentre è certa quella della morte (20 marzo 1428). Il suo è
stato un volto tra i tanti di quella infinita moltitudine di donne
dimenticate dalla Storia che dell'altra metà del cielo ha
conservato traccia – come sottolinea l'autrice nella sua
prefazione – preferibilmente nel caso di regine, sante e
consorti di uomini potenti. Un originale ed emozionante romanzo,
questo di Barbara Cucini, la quale, attraverso pagine basate su
un'accurata ricerca storica degna di nota e sorprendenti brandelli di
tradizione orale, restituisce voce e dignità a una donna che,
come all'epoca tutte quelle a conoscenza delle proprietà delle
erbe e di qualche cura di tipo medico, non poteva non essere additata
come strega e, di conseguenza, bruciata viva. Tuttavia, nel suo caso
vi è qualcosa di più a condannarla al rogo: sullo
sfondo della vicenda narrata, infatti, non mancano intrighi e lotte
per il potere nell'ambito di un contesto politico piuttosto instabile
in cui la stessa Matteuccia, donna acculturata e volutamente al di
fuori dei misogini schemi sociali, dava in un certo qual modo
fastidio a qualcuno in quanto legata all'entourage di un condottiero
del tempo noto come Braccio da Montone, anch'egli realmente vissuto e
morto in battaglia circa un paio d'anni prima del processo alla
“strega”. Anche lui trova spazio in queste pagine, così
come altri personaggi che, seppur di fantasia, traggono credibilità
da fatti e circostanze a cui la Storia consente di appigliarsi; tra
questi ultimi, molto ben inserita la saggia figura di Maestro Isaac,
il medico ebreo cui viene riservata una fine terribile a riprova
dell'antisemitismo imperante, e persino quella di Bernardo, l'amante
di Matteuccia.
Nel
complesso, complice una scrittura coinvolgente e a tratti
particolarmente introspettiva, emerge il ritratto di una donna molto
affascinante che, nonostante tutto, non piega la propria innocente
fierezza nemmeno sul carro del boia, mentre si compie l'atroce e
assurdo destino condiviso da chissà quante vittime del loro
tempo.
“Quante
volte dovrò morire di questa morte dolorosa e continua, ogni
volta sempre uguale? Ogni volta fa sempre più male, sapete? Mi
chiamano strega, questo è il nome che mi danno. Che mi date
voi. […] Lo sapete bene che Matteuccia di Francesco non ha
fatto male a nessuno. Ma avete ragione, io riesco a togliere via il
dolore degli altri. Di chi si merita la pietà di Dio. Prendo
il dolore degli altri su di me, degli altri che hanno un'anima
speciale che un dolore grande ha spento. Morti che si muovono, perché
devono continuare a stare nel mondo. Perché qualcuno qui ha
bisogno di loro. Ancora. Io vivo il loro dolore, lo vivo mille volte,
lo sento fino in fondo mille volte, finché non li lascia in
pace. Finché non nascono di nuovo. Il mio è un amore di
madre. […]”
Laura
Vargiu
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