Tracciare
la rotta. Come orientarsi in politica – Bruno
Latour – Raffaello Cortina – Pagg. 136 – ISBN
9788832850109
- Euro 13,00
Il
libro che vi propongo non è un libro di evasione, che vi
potrebbe piacevolmente portare fuori dalla realtà pesante che
stiamo vivendo in questi giorni, e non è nemmeno un libro
facile da leggere, per il linguaggio scientifico con il quale porge i
vari concetti che presupporrebbe il possesso pregresso di conoscenze
specifiche; ma è un libro utile, estremamente utile a tutti.
Il
mio amico Giuseppe Rossi scriveva a proposito del suo “Ritorno
alla Phisis” “E’ un libro pesante, strano,
forse anche noioso; ma per rispondere a certe domande non si può
essere leggeri…tenetelo lì come un regalo, e quando vi
sentirete veramente persi, quando non saprete dove cercare per avere
un minimo di chiarezza nella testa, guardate un attimo anche cosa ha
pensato il vecchio Rossi…”
Ora
che più di sempre ci sentiamo persi e non sappiamo dove
cercare per avere un po’ di chiarezza necessaria a orientarci
nel mondo, quello che Giuseppe consigliava di fare del suo, si può
consigliare per Tracciare
la rotta – Come orientarsi in politica di Bruno Latour:
usarlo all’occorrenza come fosse una bussola.
Leggetelo,
ci troverete il Mondo contemporaneo, ci troverete voi stessi con le
vostre ragioni e i vostri pregiudizi, ci troverete l’istanza a
superarvi e superarli, vi darà la carica per rimettervi in
marcia in modo nuovo o, quantomeno, insinuerà dei dubbi sulle
vostre/nostre apparenti sicurezze.
Bruno
Latour è un sociologo, antropologo, filosofo francese, docente
ordinario presso l’istituto degli Studi politici di Parigi e La
Scuola di Economia e Scienze politiche di Londra. Molto conosciuto
nel campo delle scienze umane, ha scritto numerosi libri e ha
ricevuto il premio Holberg per i suoi lavori sulla nozione di
modernità. E’ uno scienziato e ciò dovrebbe
garantirci sull’attendibilità della sua analisi. Analisi
che, a parer mio, dovrebbero conoscere i politici contemporanei e,
perché no, anche noi cittadini che abbiamo la responsabilità
di sceglierli perché ci governino. Perciò cercherò
di esporvi il contenuto con una sintesi estrema che, data la densità
dei concetti delle osservazioni e delle proposte, forse non riuscirà
molto chiara e sicuramente non esaustiva. Mi auguro solo di
incuriosirvi tnto da indurvi a leggerlo.
Si
tratta di una disamina a tutto tondo del Mondo contemporaneo, di un
mondo che non si era mai visto e sperimentato: “ …Nessuna
società umana, per quanto saggia, acuta, prudente ha dovuto
affrontare la reazione del sistema terra all’azione di otto
nove miliardi di umani. Siamo di fronte a qualcosa che lascia
sbalorditi…”
Dai
primi anni Novanta è iniziata un’altra storia,
caratterizzata da tre fattori fondamentali: la “deregulation”,
l’esplosione vertiginosa delle disuguaglianze, la sistematica
negazione del mutamento climatico. E secondo l’autore non si
possono comprendere i fatti di questa nuova storia se non partiamo
dal cambiamento climatico e dalla sua negazione.
Individua
come momento topico della presa di coscienza del Nuovo Regime
Climatico l’Accordo di Parigi sul clima (Conferenza COP21 del
2015), “al termine della quale tutti i paesi firmatari hanno
realizzato con terrore che, se avessero continuato ad attenersi alle
previsioni dei loro rispettivi piani di modernizzazione, non sarebbe
esistito un pianeta compatibile con le loro aspettative di
sviluppo”.
La prima conseguenza è stata che Trump,
nel 2017, si è ritirato dall’accordo di Parigi, negando
il nuovo regime climatico cosicché oggi è chiaro a
tutti che “non esiste più l’ideale di un mondo
condiviso da quello che finora è chiamato occidente”.
Infatti USA e UK, i due paesi che avevano imposto al mondo i modelli
di spazio senza limiti e globalizzazione, oggi dicono al mondo “la
nostra storia non avrà più niente a che vedere con la
vostra”.
A questi due eventi negativi si aggiunge la
ripresa delle grandi Migrazioni causate dell’azione congiunta
di guerre, fallimenti dello sviluppo economico e mutamento climatico,
tantoché ciascuno di noi comincia a sentirsi mancare la terra
sotto i piedi. “…L’impressione di vertigine, quasi
di panico, che attraversa l’intera politica contemporanea,
deriva dal fatto che a tutti viene a mancare il terreno sotto i
piedi, come se ci si sentisse attaccati da ogni parte nelle proprie
abitudini e nei propri possedimenti”.
O neghiamo
l’esistenza del problema, riflette l’autore, o cerchiamo
di “toccare terra”.
Bisogna capire che se non c’è
pianeta adatto alla globalizzazione, dovremo cambiare gli stili di
vita. Chi lo nega, come il trumpismo, sta solo cercando di far
sognare ancora per un po’ il proprio popolo, ma anche loro
dovranno fare i conti con la realtà. La nuova
universalità è sentire che il suolo sta venendo meno
per tutti. Occorre identificare le problematiche comuni “e
poiché il diritto più elementare è sentirsi
rassicurati e protetti, occorre ritessere bordi, involucri e
protezioni, considerando contemporaneamente globalizzazione,
migrazioni e limiti alla sovranità degli stati.” Ma per
rassicurare bisogna essere capaci di realizzare due movimenti
complementari:”rimanere attaccati al suolo e globalizzarsi”.
Se
fino a qualche decennio fa gli atteggiamenti degli umani potevano
essere rappresentati con un vettore che andava dall’ attrattore
Locale all’ attrattore Globale, sul quale si collocavano i
modernizzatori e i reazionari, il cui conflitto costituiva il fronte
di modernizzazione, oggi non è più possibile. La crosta
terrestre non è più lo sfondo inerte dove avvenivano i
fatti dell’uomo. La Terra ha reagito e la sua reazione provoca
le reazioni umane.
“La denegazione avvelena sia coloro che
abbandonano il progetto di condivisione sia coloro che ritengono di
esserne le vittime. Alla fuga scomposta verso la
mondializzazione-univoca fa da contraltare la fuga scomposta verso il
locale-univoco che promette tradizione, protezione, identità e
certezza all’interno di frontiere nazionali e etniche. Come
conseguenza abbiamo confusione e brutalizzazione delle discussioni
politiche.”
E’
necessario prendere in considerazione un nuovo Attrattore: il
Terrestre.
Bisogna scuotere l’emiciclo mentale
orientandoci verso il TERRESTRE, Così facendo progressisti e
reazionari, ora collocati lungo l’asse del vettore
locale-globale, si riorienteranno verso l’attrattore terrestre
portando con sé sia le istanze del locale che quelle del
globale.
Il fronte della nuova triangolazione (terrestre –
locale-globale) sarà il Moderno-Terrestre con forze
reazionarie che spingono verso il locale e forze progressiste che
spingono verso il globale, ma tutte che considerano di fondamentale
importanza le reazioni del Terrestre.
La
negoziazione tra i fautori del locale e del terrestre dovrà
vertere sulla legittimità e l’importanza e anche la
necessità dell’appartenenza al suolo, ma senza
confonderla con quanto il locale vi ha sovrapposto: omogenità
etnica, patrimonializzazione, storicismo, nostalgia, autenticità.
Non
bisogna confondere il “ritorno della terra” con “il
ritorno alla terra”.
Il terrestre dipende dalla terra e
dal suolo ma è anche mondiale, nel senso che non s’inquadra
in alcuna frontiera, che va al di là di ogni identità.
L’identità è “sono terrestre”.
I
partiti ecologisti e socialisti che da anni additano l’esistenza
del terrestre non sono riusciti a trovare consenso perché
collocati sull’asse Locale-Globale, così come la scienza
ha mancato di porre soprattutto attenzione e studio ai fenomeni che
più interessano la realtà dell’uomo
contemporaneo, quelli della biosfera. Tuttavia è dagli
esperimenti di vita alternativa degli ecologisti e dalle conoscenze
della scienza della terra che si può partire per iniziare un
Nuovo Mondo dove al concetto di “sistema produttivo”
venga sostituito il concetto di “sistema generativo”, per
mettere in atto la triangolazione terrestre-locale-globale.
“Noi
non difendimo la natura, noi siamo la natura che si difende”
afferma uno slogan degli Zadisti e proprio questo rovesciamento
dovremo metabolizzare per mettere in atto le azioni politiche
conseguenti.
Quali
potranno essere? A questo punto l’autore non ha una ricetta
facile e certa. Credo che voglia dire che devono venire dal basso,
dalle pieghe di ogni territorio o zona critica tramite la
partecipazione attiva dei suoi abitanti. Infatti afferma che occorre
innanzitutto “descrivere” i territori. Quindi occorre
prepararsi a un periodo di “disaggregazione” per affinare
la rappresentazione dei paesaggi in cui si collocano le lotte
geo-sociali e occorre farlo attraverso l’”inchiesta”.
Fare un inventario dei problemi e delle proposte di soluzione è
possibile, lo hanno dimostrano Les cahiers de doléances del
1789, quando da tutte le province di Francia giunse al re
l’inventario dei problemi locali.
Con questi metodi –
conclude Latour – occorre toccare terra e si può
toccarla in Europa.
Spetta all’Europa “de
globalizzare” il progetto di globalizzazione per ridargli
valore.
Il vecchio continente può dare la speranza di
poter passare dal moderno al contemporaneo.
E’ l’unico
stato nazione in grado di proteggere popoli garantendo loro
sicurezza, con le sue tante leggi. Ha peccato di etnocentrismo, ma ha
rinunciato completamente all’idea di impero e può
fornire un esempio di ciò che significa ritrovare un suolo
abitabile.
Non è innocente, ha commesso molti crimini,
quello più grave è stato di installarsi in luoghi,
territori, paesi di cui bisognava eliminare gli abitanti e sostituire
le forme di vita con le proprie. “Avendo invaso tutti i popoli,
tutti i popoli ritornano a lei.”
Ma non sono solo gli
altri popoli a ritornare a lei bensì le acque degli oceani, i
fiumi, le foreste obbligate a migrare dal cambiamento climatico, i
microbi e i parassiti e tutti aspirano alla “grande
sostituzione.” E’ l’Europa che deve trovare
risposta alle domande COME SVINCOLARSI DALLA MONDIALIZZAZIONE
UNIVOCA? COME SOPPORTARE LA REAZIONE DEL SISTEMA TERRA ALLE AZIONI
UMANE? COME ORGANIZZARSI PER ACCOGLIERE I RIFUGIATI?
Occorre che
l’Europa riprenda il filo della storia, rientri nella storia
senza la pretesa di dominarla. Prenda coscienza di essere una
“provincia” e attui una sperimentazione locale di ciò
che significa abitare una terra dopo la modernizzazione, insieme a
coloro che la modernizzazione ha definitivamente spostato.
“La
condizione universale oggi è vivere tra le rovine della
modernizzazione, cercando a tastoni dove poter abitare.”
Franca
Canapini
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