Odissea
– Omero – Einaudi – Pagg. XVI-716 –
ISBN 9788806219420
– Euro 15,00
Una
comune identità: il canto
Mai
come in questo caso il traduttore ha permesso di godere maggiormente
dell’opera, accantonato dunque il ricordo scolastico legato
alla traduzione del Pindemonte, cosa che mi riprometto di fare
tradendo pure il Monti dell’Iliade, ho letto serenamente il
lavoro della Calzecchi Onesti, gustando appieno ognuno dei
ventiquattro libri del poema.
Dalla
“Telemachia”, a “ I viaggi di Odisseo”,
concludendo con “Il ritorno e la vendetta di Odisseo”, la
protagonista assoluta, compagna delle tre sezioni, è stata la
curiosità, nonostante questo sia il libro che molti conoscono
senza averlo mai letto. In particolare la lettura è stata
utile per scalzare dal podio il suo protagonista assoluto, Odisseo:
non l’ho condannato come Dante nel XXVI canto dell’Inferno;
non l’ho circoscritto alla sua condizione di esule come fece
Foscolo per cantare il suo destino; non ho visto in lui l’emblema
della decadenza come fece Pascoli e tanto meno ne posso cogliere i
tratti del superuomo di cui l’ha rivestito D’Annunzio,
entrambi , Pascoli e D’Annunzio, facendolo protagonista, come
Dante prima, del rinnovato viaggiare nonostante il ritorno.
L’Odissea
non è solo Ulisse, è un mondo multiforme, è la
metafora del pericolo, del diverso, dell’incontro, della
scoperta; è inoltre il canto dei canti, un poema in divenire
che evolve autoalimentandosi; tutto questo è ben visibile
nella lettura integrale, non episodica ma continuativa, nonostante la
struttura episodica sia sovrana e abbia dato modo di isolare i
singoli momenti narrativi ben noti a tutti. Una continuità di
lettura che permette dunque di godere dell’antico poema
collettivo come di un romanzo moderno, facendosi suggestionare dal
tema centrale del nostos e da quella commistione di generi che, come
ci fa notare Calvino,nel suo “Le Odissee nell’Odissea”
in “Perché leggere i classici”, riprendendo la
tesi di Heubeck, mette un eroe epico in uno schema narrativo da
antica favola e da fiaba. Ecco perché ci affascinano la maga
Circe, il Ciclope, il potenziamento delle proprie virtù per
intercessione esterna ( il dono a dirla come Propp), misti al
concilio degli dei, alla guida di Atena, alla vendetta di Poseidone e
allo stesso tempo varchiamo la dimensione più reale di quegli
antichi regni autonomi che si affacciano sul mare o ne sono
circondati e aspettano un ritorno o accolgono uno straniero
accomunati da un unico canto che unisce una comunità dispersa
quasi in una sorta di diaspora atavica che ha come legame il suo
comune cantare.
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