I
superstiti del Télémaque – Georges
Simenon – Adelphi - Pagg. 187 – ISBN 9788845934889
– Euro 18,00
La
sottile linea dura
Prosegue
presso Adelphi sin dal 1985, anno in cui ha avuto inizio, la
pubblicazione dei romanzi duri di Simenon e per chi conosce i numeri
da capogiro che ruotano intorno a questa penna prolifica, escludendo
il filone Maigret, non c’è da stupirsi di fronte al
numero 78, tanti sono i titoli, questo compreso, in catalogo. Leggo
sempre volentieri Simenon, anche quando la trama, come in questo
caso, langue, non è sviluppata, pare essere monca, priva di
quel tempo necessario per costruire il corpo testuale. Tempo che il
belga, stando alle sue “Memorie intime”ha sempre
utilizzato in modo molto pragmatico, dedicando in maniera meticolosa
le prime ore della giornata alla scrittura e dedicando tutte le altre
alla dimensione più vitale dell’esistenza: la famiglia,
gli amici, il mare, i viaggi, le sue innumerevoli passioni. Il mare,
appunto, una di queste, richiamata prepotentemente dalla sua memoria
emotiva anche nel freddo e innevato Tirolo, durante una vacanza,
tanto da fargli sentire l’esigenza di rinchiudersi in camera
accanto a una stufa di maiolica per far compiere un balzo all’odore
salmastro della costa normanna in modo così repentino e
prepotente da far evaporare il pur intenso e cristallino sentore dei
pini. E allora, con l’arrivo di una nave in porto l’atmosfera
diventa di colpo brumosa, pesante e asfittica: tutto langue, solo
l’arrivo del peschereccio Centaure, in un mare grosso che non
promette niente di buono, rianima il paese, un piccolo borgo marinaro
nella costa normanna, poca gente la cui esistenza è scandita
dal mare e da esso ne viene segnata. Qui vivono i due gemelli Canut,
Pierre e Charles e proprio l’arresto del primo, capitano del
peschereccio, allo sbarco in quella brumosa mattina, dà il via
all’azione: è accusato dell’omicidio di uno dei
superstiti del Telemaque, imbarcazione che trent’anni prima
affondò lasciando alla deriva su un canotto pochi uomini che,
ripescati dopo una ventina di giorni, raccontarono come fecero a
sopravvivere, in barca con loro il cadavere del giovane papà
dei Canut, la cui morte è sempre stata ricondotta all’ombra
nera dell’antropofagia. Ora anche l’ultimo dei superstiti
è morto e la colpa ricade, per via indiziaria, su Pierre. A
Charles, il compito di scagionare il fratello mentre langue in
prigione … Come si intuisce gli elementi ci sono tutti per
destare la giusta attenzione del lettore che, grazie alle magistrali
pennellate da atmosfera, si trova gradevolmente immerso in un’ottima
lettura, salvo appurare che l’ingranaggio del giallo prende il
sopravvento sull’approfondimento psicologico e che la sottile
linea dura fatichi stavolta a insinuarsi se non, debolmente, nelle
ultime trenta pagine quando l‘ambivalenza umana fa capolino e i
rapporti interpersonali paiono sgretolarsi in un amaro ritratto di
famiglia, appena accennato.
Siti
|