La
casa sull’argine. La saga
della famiglia Casadio – Daniela Raimondi – Nord –
Pagg. 400 – ISBN9788842932901
– Euro 18,00
A
settembre scorso, per caso, ché quasi mai leggo Robinson, il
settimanale letterario allegato a la Repubblica, mi caddero gli occhi
sulla top ten dei libri di narrativa e, a sorpresa, scorsi un libro
di casa editrice poco nota e autrice sconosciuta. Autrice
sconosciuta? Ma questa la conosco- mi dissi. Non riuscivo a ricordare
chi fosse però. Piano piano mi tornò in mente un premio
San Domenichino dove qualcuno, presentandola, ne aveva parlato come
di un’autrice molto interessante, poi ricordai un libro di
poesie” La regina di Ica” che aveva ricevuto primi premi
a concorsi in cui ero stata premiata anch’io. Fui presa da una
bella gioia e tanta curiosità. Gioia perché “una
di noi” una di quelle che da anni scrivono, pubblicano,
partecipano ai premi, disperando di giungere prima o poi al grande
pubblico, ce la stava facendo; curiosità per l’opera:
che cos’era? Era davvero buona? Cosa aveva per distinguersi
dalle tante altre che vengono immesse nel mercato?
Da
allora, in poco più di un mese, La
casa sull’argine,
romanzo di 380 pagine, non solo si è mantenuto nella top ten,
ma ora fa bella mostra di sé in tutte le vetrine delle
librerie e in quelle dei supermercati. Verrà tradotto in varie
lingue e se ne farà un film.
Naturalmente
ho acquistato il libro, pronta a leggerlo e criticarlo anche
severamente se non mi fosse piaciuto. Invece…
Considerando
che per varie ragioni in pochi mesi ho letto una quindicina di
romanzi editati in questi ultimi anni, credo di essere abbastanza
obiettiva se dico che questo li supera tutti in bellezza. E’ un
“classicone” tipo quelli dell’Otto-Novecento, tipo
quelli delle saghe familiari europei o quelli del realismo magico
sudamericano. Anche l’impalcatura (come la chiama l’autrice)
è molto semplice e la trama quasi sempre coincide con
l’intreccio. Eppure è un romanzo perfetto, di quelli
rarissimi che ti catturano, ti portano dentro la storia, ti fanno
patire e gioire coi personaggi, rimandare gli impegni quotidiani per
continuare a leggere, e che, nonostante la lunghezza, te lo bevi
massimo in due giorni e alla fine piangi perché ti sembra che
lì dentro ci sei anche tu, con la tua storia.
Narra
le vicende dei Casadio, una famiglia di Stellata, piccolo centro
della Val Padana posto tra Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Gente
semplice, gente di terra, gente “imbastardita” dal sangue
zingaro di Viollca la gitana che, a metà del Settecento, sposa
Giacomo Casadio. Dall’arrivo di Viollca a Stellata prende avvio
la saga che si snoda, personaggio dopo personaggio, generazione dopo
generazione fino ai nostri giorni, attraversando le guerre
d’Indipendenza, la morte di Anita Garibaldi, la Grande Guerra,
il Fascismo, la Seconda Guerra Mondiale, l’alluvione del
Polesine del 1951, le migrazioni italiane interne e esterne, gli anni
di piombo.
Tre
parole per sintetizzare lo spirito del libro: leggerezza, coerenza,
magia.
La
leggerezza della penna. La penna vola sui luoghi e sulle vicende dei
personaggi, con grande fluidità e disinvoltura. La penna
dipinge scene, racconta fatti, riporta detti, costumi, credenze,
superstizioni; soprattutto la penna evita di calcare sui tanti fatti
tragici, circonfondendoli sempre con qualche elemento fantastico.
La
coerenza. La coerenza nell’imbastire l’intreccio del
singolo capitolo dove il passaggio sapiente da un fatto all’altro,
da un qui e contemporaneamente lì, mantiene viva la curiosità
del lettore; e soprattutto la coerenza dei dialoghi che si attagliano
perfettamente (e non è un’impresa facile!) al profilo
del personaggio, definendolo meglio.
La
magia. Gli strani poteri divinatori di Viollka, la gitana sensitiva,
riappaiono di generazione in generazione nei gesti e nella memoria e
nelle paure e nei poteri dei personaggi, rendendoli speciali e
rendendo fascinoso il racconto.
Ma
la vera alchimia la compie l’autrice la quale, dopo (suppongo)
aver raccolto un gran mucchio di materiale eterogeneo (memorie,
documenti, testimonianze, immagini, racconti di storia locale e
nazionale) e averlo ben bene miscelato con le sue immaginazioni e
fantasticherie, riesce a creare un’opera commovente in cui si
possono ritrovare avventure, disavventure, modi di vivere, di pensare
e di sentire non solo delle popolazioni rurali della Padania, ma
dell’Italia intera.
Franca
Canapini
https://lieve2011.wordpress.com/
|