Il
Natale di Enzo Bianchi
di
Piera Maria Chessa
Enzo
Bianchi è
nato a Castel Boglione, piccolo paese in provincia di Asti, il 3
marzo del 1943. E’ un monaco ed è autore di numerose
saggi di notevole spessore.
Nel
1965 ha fondato a Magnano, in provincia di Biella, la Comunità
monastica di Bose,
della quale è stato priore fino al gennaio del 2017. Nel
maggio di quest’anno, dopo una Visita Apostolica durata alcuni
mesi, è stato allontanato dalla Comunità e sostituito.
Appaiono piuttosto controverse le motivazioni che hanno portato a
questo allontanamento.
Per
quanto mi riguarda, io, che l’ho sempre stimato come uomo per
le scelte fatte, e come scrittore per la sua bravura, continuerò
ad apprezzarlo.
Mi
piace la sua schiettezza e il suo cercare di vivere la fede con
coerenza, mantenendo come punto di riferimento il messaggio
evangelico.
Un
uomo da molti rispettato e amato, da altri, criticato, come spesso
avviene quando si ha un forte carisma e un temperamento determinato
che porta spesso ad andare controcorrente.
Di
seguito, due brani molto interessanti tratti da due suoi diversi
libri. Entrambi hanno come tema il Natale. Nel primo, Enzo Bianchi
racconta come questa festività così suggestiva veniva
vissuta quando lui era un ragazzo, nel secondo brano, invece, come
viene vissuta oggi.
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Il
Natale è per l’uomo
…”Se
il modo di percepire e celebrare il Natale è cambiato nei
secoli, i mutamenti si sono fatti più rapidi in questi ultimi
decenni, al punto che chi è anziano può misurarli
nell’arco della sua stessa esistenza. Un tempo, negli anni
dell’immediato dopoguerra e fino al boom economico, periodo da
me trascorso nella campagna monferrina, il Natale era davvero la
festa più importante dell’anno, e non certo per i
regali, allora tali per modo di dire e ben scarsi. Alcune volte c’era
qualcosa da donare ai figli, ma altre volte i genitori sconsolati
dicevano con molta naturalezza che non c’era niente perché
l’annata era stata cattiva. Quando c’erano, i regali
erano frutta secca, cioccolatini, caramelle, il panettone oppure, se
ci si scostava dai dolci, un quaderno più bello, una nuova
penna, qualche matita colorata…
Eppure,
si attendeva il Natale con ansia. Iniziata la novena di preparazione,
noi bambini andavamo nei boschi a raccogliere il muschio, cercavamo
carta da pacco che spruzzavamo con vari colori e poi l’
accartocciavamo perché assumesse la forma di rocce, grotte,
speroni di montagna. Quindi su un tavolo in cucina o nella sala si
disponevano le statuine del presepe, cercando ogni anno che la
composizione assumesse un aspetto diverso.”
Enzo
Bianchi
(Da
Il pane di ieri, 2008 Giulio Einaudi Editore)
La
notte dell’attesa
“Da
un po’ di anni, al sopraggiungere dell’Avvento,
spontaneamente mi interrogo sui profondi mutamenti che ha conosciuto
nel corso della mia esistenza, in un paese di antica presenza
cristiana come l’Italia, il tempo che precede il Natale e mi
domando: chi riesce ancora a vivere il Natale nella sua dimensione di
mistero, di evento della fede? Infatti, già dopo la festa di
Ognissanti e la memoria dei morti – diventata per molti una
carnevalata estemporanea – il Natale si preannuncia come la
festa imbandita dai commercianti: è la chiamata alla corsa per
gli acquisti e i regali, alla ricerca di cibi sempre più
ricercati, inediti e costosi, al lusso da ostentare e
all’organizzazione delle “feste”, da protrarsi
almeno fino all’Epifania. Ormai c’è un’ideologia
del Natale e tutto concorre a che non ci si scandalizzi più,
non ci si pongano domande, non ci si senta interpellati.
Tutto
questo, poi, avviene nell’indifferenza verso coloro che la
povertà tiene lontani dalla festa e anzi precipita in una
frustrazione sempre più accentuata. Ma ricordarsi dei poveri
quando si è intenti a godere dell’opulenza e a dedicarsi
al consumo è oggi giudicato moralismo: se uno osa anche solo
porre l’interrogativo se tutto questo sia necessario, viene
giudicato, ben che gli vada, un guastafeste. Così ci troviamo
impreparati a interiorizzare la festa del Natale e finiamo per essere
catapultati in una celebrazione di cui riusciamo a malapena ad
afferrare alcuni brandelli di senso, lasciandoci sfuggire il cuore
del messaggio.”
Enzo
Bianchi
(Da
Ogni cosa alla sua stagione, 2010 Giulio Einaudi Editore)
I
mulini a vento
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