Poesie
future - Carla Malerba - Puntoacapo Editrice,
2020
Nell’ormai
lontano 2010 ebbi modo di recensire per il Settimanale di Arezzo
il libro di Carla Malerba Di terre straniere e fu quella
l’occasione per me di ascoltare una voce nuova, distinta dal
coro in cui si confondono ormai i molti “poeti” del
nostro tempo. Diceva quella voce di una giovinezza felice trascorsa
in Libia sua terra natale, e di una separazione dolorosa, la cui
frattura non si era mai del tutto ricomposta. Avevo già allora
avuto modo di osservare come la tensione poetica della Malerba,
partendo da una situazione esistenziale, realizzi quasi sempre
un’espansione, proiettandosi in un “altrove” in cui
è racchiuso tutto il suo mondo onirico. A distanza di tempo mi
piace constatare che alcuni elementi di questa ricerca sono rimasti
costanti, mentre altri si sono aperti ad una visione della vita più
ampia e complessa, in cui entrano in gioco sentimenti e speranze di
cui si attende il frutto: “Sono in atto le attese / già
da ora. / Anticipare i giorni / che verranno / è nel rapido
pensarli”. In questo senso, come osserva Ivan Fedeli nella
Prefazione, Poesie Future rappresenta un punto di svolta
significativo nella ricerca della Malerba. Non a caso, nella prima
sezione intitolata Straniamenti tornano temi cari all’Autrice,
primo fra tutti il ricordo della terra natale che suscita “una
solitudine amara, / un doloroso straniamento”. Questo senso
di irrimediabile perdita nasce, come si legge nella poesia in exergo,
dall’opposizione fra mondo esterno e mondo interiore, fra la
festa che si agita per le strade e l’estraneità della
poetessa a se stessa e al mondo: “Lontana mi appare e
irraggiungibile / l’essenza dell’anima mia”.
Ma, d’improvviso, la mancanza diventa «fattore vitale»
che porta inevitabilmente l’Io in primo piano e torna a dare
consistenza al reale anche se, a mio avviso, fra l’Io e la
realtà la Malerba frappone sempre un invisibile schermo: “Che
strano gioco / quest’aria senza vento / e questa luce piena
nella stanza. / L’estate spande intero / il suo colore / e
s’inoltra / il silenzio nelle cose. / Giallo il sole, / lontano
un abbaiare, / una sedia nel mezzo della stanza”. E ancora:
“Le parole / si perdano pure / nel riciclo / della carta
straccia, / lì rimarrà il sogno perfetto / …”
fino ad approdare ad una delle poesie più significative di
tutta la raccolta che ha per titolo Come un’arancia la luna:
“Così bianca e nebbiosa / la luna / deve sapere di
trielina. / Non lo sanno gli innamorati, / quelli che si aggirano
sotto gli alberi. / Pensano che sappia di panna / la luna.”
L’ultima poesia di questa sezione apre al tema dell’amore:
“Mi hai assegnato la notte / e per te hai preso i raggi / la
vittoria del giorno. // Simile alla fuga del capriolo incauto / è
quella del cuore / per sottrarsi ai sortilegi dell’ombra.”
Tema che sarà il filo conduttore delle due successive,
intitolate rispettivamente Dove nulla si perde e Se vuoi ti
cerco.
Sono
presenti in queste il tema del distacco e della ricerca, rievocati
come frammenti che non consentono più di ricostruire una
storia: “Di te ora i frammenti / dispongo incerta: / dai
giorni chiari / si è compiuto il distacco, / ne prendo atto /
e cerco / la parola che non dica.” I giorni scivolano uno
sull’altro “come fogli caduti d’almanacco”:
fra l’Io e il tempo che scorre si frappone “un lembo di
tenda” e tutto quello che era vita amata si concretizza in
oggetti abbandonati (“la sedia che scolora”, “la
vestaglia rossa abbandonata” ecc.). Ma d’improvviso il
cuore si apre alla speranza ed ecco il canto della Malerba schiudersi
al miracolo della vita e delle sue infinite trasformazioni: “Tu
sei / dove nulla si perde del vissuto / e di vissuti diversi ti
alimenti, / - dice la poetessa – non qui nei luoghi dove
vengo a cercarti “ma nell’anima del mondo / con tutto
ciò che è stato dato / di pollini, di suoni e di
silenzi, / di tempeste e di quiete, / di tempi e mutamenti / come
dono.”
A
questo Tu indeterminato sono rivolte alcune poesie che parlano delle
persone care. Si veda Se vuoi ti cerco in cui, come osserva
Fedeli, «la mancanza si trasforma in fattore vitale»:
“Ecco ti trovo / in questi scarti di attimi / in questo mio
imperfetto accudimento / spesso avaro di abbandoni”, anche
se a volte la Malerba sembra prestarsi al gioco delle inversioni,
così caro alla sua scrittura: “Senti, facciamo che
ognuno / va per la sua strada. / Senti, facciamo che io / nel tuo
animo non sono. […] Essere due non è che
un’avventura, / lo decidono gli astri o un temporale.”,
al quale si contrappone in exergo l’incipit “Siamo
due, nell’eternità” a ribadire la persistenza
di questo amore nonostante le difficoltà che si possono
incontrare nel cammino.
Infine,
in Ritorni, la sezione che chiude la raccolta, si riafferma il
tema della poesia, centrale nella ricerca di Carla Malerba, cui si
accompagna una progettualità nuova che vede l’Io
inserito nella realtà e aperto a una dimensione umana più
autentica e solidale.
È
noto che l’Autrice affida alla forza della parola la capacità
di rendere l’ispirazione. Ne consegue la scelta di versi brevi
e limpidi in cui realtà e oniriche visioni si confondono per
restituirci una concezione della vita in cui “io” e “noi”
possano riconoscersi. Respinta l’idea di farsi dominare “dalla
perversità della rima / o dalle immagini aperte”,
Carla Malerba approda nella poesia che apre tutta la raccolta
(Cercherò la parola mare) a una poetica di sicura
ascendenza montaliana che solo a volte si presta a un aspetto
consolatorio: “Meglio la chiusa parola / che travesta il
mistero / meglio celare il pensiero / di ciò che tocca a
ciascuno”. E ancora nella poesia dedicata ad A.T. si
legge: “Se tu potessi accompagnarmi / per le vie della
poesia / ti chiederei di districare / le mie parole / da intrichi di
rami / secchi e distorti …” Ma se ferma rimane la
certezza del difficile incontro tra la parola e il sentire
da cui nasce l’ispirazione, la poesia di Carla Malerba nel suo
recente approdo raggiunge momenti di incantevole bellezza: “Quella
notte mi persi / in una solitudine di stelle // Dall’alto mi
spioveva / un senso vitale, la mia forza, / il mio dolore umano”.
E ancora: “La sera con la sua dolcezza / ingombra l’animo
di pace, / […] Noi qui // siamo sospesi / come finestre
spalancate sulla notte”.
Vorrei
concludere citando una delle tre poesie che hanno ottenuto nella
sezione B il Gran Premio della Giuria de Le Occasioni 2020:
La
notte come uno sposo / mi accudisce / mi circonda / col suo silenzio
/ mi regala spazi lucenti. / Ma vita e notte nulla sarebbero / -
ancelle amanti fra le più care - / se non ci fosse poesia / a
suggerirmi parole / che si posano / sulle nervature delle foglie /
tremanti / sull’orlo evanescente del sogno / (del sogno che è
la vita).
Per
questa via, la vita si fa sogno, attesa e speranza, certezza del
nostro fragile esistere qui sulla terra.
Fernanda
Caprilli
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