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  Letteratura  »  L’isola di Arturo, di Elsa Morante, edito da Einaudi e recensito da Franca Canapini 05/05/2021
 
L’isola di Arturo – Elsa Morante – Einaudi – Pagg. 402 – ISBN 9788806222642 – Euro 13,00



Prendi un’isoletta del Tirreno, un ragazzino a cui è morta la mamma nel partorirlo, un padre enigmatico e inquieto che va e viene dall’isola senza riposo e senza spiegazioni, portandogli in casa, quando sarà adolescente, una matrigna a lui coetanea, ignorante e al contempo saggia, che partorirà in una notte di solitudine e spavento un fratellastro. Poi immagina tu-scrittore-donna cosa può passare nella mente di questo ragazzo libero e selvatico che ha imparato a leggere nei molti libri di casa in lunghe ore di solitudine, e come lentamente si svilupperà la sua identità e la sua formazione…e se sei Elsa Morante… il gioco è fatto.

Pochi i fatti concreti che accadono nelle quasi 400 pagine del romanzo, moltissimi gli eventi psichici che l’autrice gode a raccontarci minuziosamente con un linguaggio (e attingo da esso per definirlo) ricco, fastoso, suntuoso, lessicalmente ricercato. La voce narrante è del protagonista Arturo che dal non luogo della sua mente, ci racconta i suoi primi sedici anni trascorsi a Procida. Non sapremo mai che fine ha fatto il sedicenne Arturo da quando lascia l’isola per sempre al momento in cui inizia a raccontare. E’ come se fosse morto alla partenza; tutto quello che è successo dopo evidentemente per lui non ha alcuna importanza.

E’ a Procida che ha letto e sognato, adorato il mare e il padre, amato/odiato la matrigna, che si è immaginato principe, sultano, eroe, esploratore e guerriero; è lì che ha vissuto l’ebbrezza del primo agognato bacio; è lì che lentamente ha dovuto fare i conti con la realtà del padre e della matrigna e faticosamente ha imparato a contenere la sua selvaggia reattività.

Esseri semplici e miseri nella mente del fanciullo e poi adolescente Arturo divengono figure mitiche e dei, cosicché la narrazione si sviluppa su due piani, la realtà quotidiana caratterizzata dalla sofferenza di tutti e la sua trasfigurazione prodotta dagli occhi sognanti di Arturo. Povero ragazzo senza affetti e guida, talvolta Tristano, talvolta Achille, Arturo si fa strada nella nostra mente e vi si insedia, diventa un personaggio da amare e compatire esattamente come l’altra creatura della Morante, il piccolo “Useppe” di La storia.

Ho letto il libro solo ora, e solo perché stavo cercando informazioni su Procida anni cinquanta/sessanta del Novecento, e mi sono trovata dentro un grande romanzo che mi fa pensare che Marguerite Yourcenar e Elsa Morante restano le mie autrici preferite. La Yourcenar per la virilità, la Morante per l’attenzione all’infanzia che sa tratteggiare in tutti i moti dell’animo. Questo suo libro, infatti, è senz’altro un grande esempio di educazione all’affettività dove i giovanissimi (ma anche tutti noi) possono specchiare e riconoscere i propri impulsi e i propri sentimenti.


Franca Canapini


https://lieve2011.wordpress.com/




 
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