L’isola
di Arturo – Elsa Morante – Einaudi –
Pagg. 402 – ISBN 9788806222642
– Euro 13,00
Prendi
un’isoletta del Tirreno, un ragazzino a cui è morta la
mamma nel partorirlo, un padre enigmatico e inquieto che va e viene
dall’isola senza riposo e senza spiegazioni, portandogli in
casa, quando sarà adolescente, una matrigna a lui coetanea,
ignorante e al contempo saggia, che partorirà in una notte di
solitudine e spavento un fratellastro. Poi immagina
tu-scrittore-donna cosa può passare nella mente di questo
ragazzo libero e selvatico che ha imparato a leggere nei molti libri
di casa in lunghe ore di solitudine, e come lentamente si svilupperà
la sua identità e la sua formazione…e se sei Elsa
Morante… il gioco è fatto.
Pochi
i fatti concreti che accadono nelle quasi 400 pagine del romanzo,
moltissimi gli eventi psichici che l’autrice gode a raccontarci
minuziosamente con un linguaggio (e attingo da esso per definirlo)
ricco, fastoso, suntuoso, lessicalmente ricercato. La voce narrante è
del protagonista Arturo che dal non luogo della sua mente, ci
racconta i suoi primi sedici anni trascorsi a Procida. Non sapremo
mai che fine ha fatto il sedicenne Arturo da quando lascia l’isola
per sempre al momento in cui inizia a raccontare. E’ come se
fosse morto alla partenza; tutto quello che è successo dopo
evidentemente per lui non ha alcuna importanza.
E’
a Procida che ha letto e sognato, adorato il mare e il padre,
amato/odiato la matrigna, che si è immaginato principe,
sultano, eroe, esploratore e guerriero; è lì che ha
vissuto l’ebbrezza del primo agognato bacio; è lì
che lentamente ha dovuto fare i conti con la realtà del padre
e della matrigna e faticosamente ha imparato a contenere la sua
selvaggia reattività.
Esseri
semplici e miseri nella mente del fanciullo e poi adolescente Arturo
divengono figure mitiche e dei, cosicché la narrazione si
sviluppa su due piani, la realtà quotidiana caratterizzata
dalla sofferenza di tutti e la sua trasfigurazione prodotta dagli
occhi sognanti di Arturo. Povero ragazzo senza affetti e guida,
talvolta Tristano, talvolta Achille, Arturo si fa strada nella nostra
mente e vi si insedia, diventa un personaggio da amare e compatire
esattamente come l’altra creatura della Morante, il piccolo
“Useppe” di La storia.
Ho
letto il libro solo ora, e solo perché stavo cercando
informazioni su Procida anni cinquanta/sessanta del Novecento, e mi
sono trovata dentro un grande romanzo che mi fa pensare che
Marguerite Yourcenar e Elsa Morante restano le mie autrici preferite.
La Yourcenar per la virilità, la Morante per l’attenzione
all’infanzia che sa tratteggiare in tutti i moti dell’animo.
Questo suo libro, infatti, è senz’altro un grande
esempio di educazione all’affettività dove i
giovanissimi (ma anche tutti noi) possono specchiare e riconoscere i
propri impulsi e i propri sentimenti.
Franca
Canapini
https://lieve2011.wordpress.com/
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