Dante.
Il romanzo della sua vita – Marco Santagata –
Mondadori – Pagg. 476 – ISBN 9788804671978
– Euro 17,50
Grande
fratello
Un
saggio storico a carattere squisitamente letterario e dal sapore
della biografia quasi romanzata. Il lavoro di Marco Santagata, nome
che non ha bisogno di presentazioni, ha davvero tante qualità:
si presta alla lettura agevole tipica del romanzo, gode
dell’approfondimento riconducibile alla ricerca certosina e
all’appoggio necessario ai documenti non esulando tuttavia dal
piacere di far conoscere, in fondo, la storia della vita di un grande
uomo. Inutile negare che se non si conosce il contesto
storico-letterario , la lettura potrebbe risultare faticosa e
deludente, ma questo dipenderebbe solo dall’eventuale lettore
sprovveduto; tuttavia anche chi è lontano dalle reminiscenze
scolastiche potrebbe approcciare il testo. Niente è infatti
lasciato inspiegato, anzi l’approfondimento è tale che
permette di scardinare addirittura eventuali luoghi comuni o leggende
o semplificazioni divulgative che spesso non poggiano su nessun dato,
che sia un documento d’archivio, una fonte letteraria coeva o
ancora gli stessi scritti danteschi. Perché sia chiaro, vita e
opere sono strettamente connesse, e di questo connubio Santagata non
si dimentica mai.
L’opera
è bipartita in due sezioni: prima e dopo l’esilio,
entrambe scandite dall’interconnessione tra la sfera pubblica e
quella privata, a evidenziare la molteplicità di interessi
dell’intellettuale , il clima culturale e quello comunale o
cortese nel quale giocoforza va a inserirsi. Spesso vengono fatte
emergere le contraddizioni dell’uomo, l’appartenenza
politica piuttosto che la formazione di un’ideologia, mai
finite e definitive ma sempre in divenire e spesso inspiegabili. Uomo
dei Cerchi che ambisce al perdono dei Donati, intellettuale in eterno
bilico tra guelfismo e ghibellinismo, tra amore per la natia Firenze
e anatemi continui rivolti contro di essa, tra nobiltà di
sangue e nobiltà d’animo, tra vita di municipio e vita
di corte. Fermo però sempre il proposito di dedicare la sua
vita agli studi e alla scrittura, anche tra ripensamenti, cambi di
direzione. Notevole tutta la sezione dedicata alla composizione della
Commedia, e quindi tutta la seconda parte, nella quale lo studioso
intreccia i dati sui vari soggiorni al contenuto dei canti
dell’Inferno per poi progressivamente inserire le altre
cantiche man mano che il poeta vi si dedicò. La lettura di
alcuni passi scelti dei singoli canti aiuta a comprendere anche le
eventuali contraddizioni in esso presenti: soprattutto quando Dante
parla di singoli uomini, Santagata ci ricorda che il poema è
come se fosse stato scritto in presa diretta e che molto spesso Dante
evitava di scagliarsi contro alcune personalità ancora viventi
per poi delineare meglio il suo pensiero a morte avvenuta degli
stessi. Un esempio per tutti può essere quello su Corso
Donati, nell’Inferno Dante non si sbilancia, nel Purgatorio, lo
stesso Corso , della rovina di Firenze è “quei che più
… ha colpa”, egli è ormai morto e Dante non spera
più di poter rientrare a Firenze proprio per sua
intercessione. Per non parlare dell’assenza dell’impero
in tutta la prima cantica, fatta eccezione per il secondo canto, e
dell’ottica filoimperiale della seconda. E se vi state
chiedendo come mai Federico II è stato messo tra le arche
infuocate degli eretici mentre il figlio Manfredi è in
Purgatorio, ebbene avrete risposta anche a questi dubbi. Insomma nel
corso della sua vita Dante ha conosciuto ambienti sociali e culturali
eterogenei, dalla formazione comunale alla ribalta giovanile tra i
poeti dello Stilnovo, dall’ eclisse lenta di un modo feudale e
delle sue corti al necessario rinnovamento culturale che avverrà
in nome della lingua latina, lui ostinato propagandista del volgare.
La sua vita tutta spesa a una riabilitazione attraverso la cultura e
la sua opera, aldilà della mera ottica autobiografica e
dell’intento stesso, è per noi occasione di conoscenza
di un mondo complesso e contradditorio che nessun grande fratello
avrebbe potuto darci.
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