Sanguina
ancora. L'incredibile vita di
Fëdor M. Dostojevskij – Paolo Nori –
Mondadori – Pagg. 288 – ISBN 9788804722557
– Euro 18,50
Uno
per tutti, tutti per uno
Tredici
snelli capitoli dal tono colloquiale e a tratti disinvolto si snodano
in un improbabile romanzo sulla vita del grande scrittore. Non è
un romanzo, sicuro. Non è nemmeno un saggio, questo è
certo, verrebbe forse l’orticaria allo squisito Paolo Nori
vedersi preso così troppo sul serio. Paragoniamo dunque questo
scritto a una chiacchierata fra amici appassionati di letteratura, i
quali hanno, in particolare, il piacere di parlare di Dostoevskij. E
Paolo Nori lo potremmo paragonare all’animatore di tale
chiacchierata, il più titolato a farlo non perché
professore all’università, non perché scrittore e
traduttore, ma semplicemente perché è come noi un
appassionato di letteratura, nella fattispecie, lui, di quella russa.
E allora sgomberato il campo da qualsiasi fraintendimento iniziale -
Nori te lo fa capire subito con grande onestà intellettuale di
che cosa si tratterà e spetta a te, caro lettore, accettare o
meno questo patto narrativo implicito - si inizia a leggere una
deliziosa biografia. Non ha il tono accademico, non è
centripeta, piuttosto liquida, con momentanei travasi nella vita
personale del curatore. E chi di noi non travasa la lettura nella sua
biografia o la sua vita nella lettura? Inutile negarlo, il doppio
filo è impossibile da sciogliere, il lettore che parla delle
sue letture parla anche di sé. Tanto meno ha la presunzione di
insegnarti qualcosa:
“È
impossibile, secondo me, imparare Dostoevskij, non c’è
un libro definitivo, su Dostoevskij, tanto meno questo, devo dire, ma
ripercorrere la sua vita incredibile, io credo che sia una cosa che
si può fare, se no questo libro cosa l’ho scritto a
fare?”
Eppure,
leggendo questa biografia si viene arricchiti e non solo dal
confronto con la prospettiva di un altro lettore, ma anche da
conoscenze sulla vita privata del russo ampiamente documentate da
numerose fonti letterarie. Dal libro di memorie di Anna Dostoevskaja
,“Dostoevskij, mio marito”, Castelvecchi, Roma, 2014, a
quello di Serena Vitale, “Il bottone di Puskin” o ancora
a quello di J, Brokken, “Il giardino dei cosacchi”. Poi
via via Gide, Nabokov, Freud, per stare su scritti disponibili in
traduzione italiana, oltre al rimando a una essenziale bibliografia
critica in lingua russa. La narrazione, seguendo un criterio gioco
forza cronologico, ripercorre gli episodi salienti della vita
dell’autore accostandoli puntualmente alla genesi e alla
pubblicazione delle sue opere. Purtroppo, soprattutto all’inizio
con una tendenza all’anticipazione della trama che potrebbe
rovinare la lettura a chi ancora non conoscere l’opera omnia,
tendenza che rientra progressivamente nel corso della trattazione. Si
ritrova tutto ciò che già si sa rispetto alla vita
dell’autore, con l’unica differenza che lo sguardo non è
puntato solo su di lui ma abbraccia Gogol, Puskin, Turgenev, Goncarov
e Tolstoj e le loro relazioni, quando esse, per pura coincidenza dei
termini temporali delle loro esistenze, sono state possibili.
A
me, lettrice non particolarmente amante dei russi, fatico sempre a
leggerli, in particolare Dostoevskij, il libro in questione ha
regalato un nuovo entusiasmo, è stato utile laddove alcune
opere le avevo lette, è stato indispensabile per accompagnarmi
al proseguimento delle successive, aprendomi al contempo alla lettura
degli altri grandi, a partire da Lermontov, “Un eroe del nostro
tempo”, seguendo con Gogol di “Anime morte”, per
giungere a Puskin e al suo “ Eugenio Onegin”. Penso che
su tutti la precedenza verrà però data a “ Il
villaggio di Stepàncikovo e i suoi abitanti”, a detta di
Nori uno tra gli scritti di Dostoevskij meno noti e più
sorprendenti.
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