Yoga
– Emmanuel Carrere – Adelphi – Pagg. 312 –
ISBN 9788845935756
– Euro 20,00
I
vortici della mente
È
il racconto di quattro anni della vita del noto scrittore, quelli che
lo hanno impegnato nella stesura del suo ultimo libro, questo
appunto, ma che lo hanno anche segnato dal punto di vista personale
per una serie di eventi, primo fra tutti il suo ricadere in uno stato
di melanconia tale da farlo virare rapidamente da depresso generico a
persona che vive un “episodio depressivo maggiore,
caratterizzato da elementi di malinconia e idee suicidarie in un
quadro di disturbo bipolare di tipo II”. Eppure è al
culmine della grazia, il suo ego profondamente narciso è
appagato dal successo che la sua attività di scrittore gli ha
concesso, apparentemente nulla osta a un grado di felicità
apparente, è inoltre pronto a una nuova avventura letteraria:
scrivere un libello sullo yoga, disciplina che ha praticato per tutta
la vita e che sa essere poco conosciuta o perlomeno vittima di
stereotipi conoscitivi per cui sente l’esigenza di dare il suo
personale contributo divulgativo, nulla di più. In realtà,
proprio la scrittura di questa opera che ricalca in fondo la sua
tendenza autobiografica, presente in tutti i suoi romanzi, vira
presto in una sorta di autobiografia sull’onda lunga del comun
denominatore dei suoi anni, ovvero la ricerca di un equilibrio
interiore tramite yoga, meditazione e tai chi. Insomma chi è a
digiuno di entrambi, parlo della conoscenza delle discipline appena
citate e dello stesso scrittore e delle sue opere, può
cogliere l’occasione di abbeverarsi a entrambe le fonti, di
contro, chi è invece edotto di tali materie, può
trovare quel senso di riconoscimento identitario e di appagamento che
si provano nel rispecchiarsi nei propri interessi.
Lo
scritto in sé si apre con un impatto di grande fascino, è
infatti la restituzione sotto forma di reportage di quattro giorni
trascorsi all’interno del programma Vipassana: si tratta, in
poche parole di un internamento volontario di dieci giorni - con il
divieto assoluto di parlare con gli altri ospiti della struttura che
li accoglie e di abbandonare il programma prima del tempo - da
trascorrere solo nell’immersione totale in pratiche di
meditazione, staccando la propria vita da qualsiasi filo relazionale
con l’esterno per concentrare le energie al recupero
dell’interiorità. Il racconto è fluido, di
impatto, incuriosisce quasi quanto una distopia ma presto si
interrompe per l’evento fortuito che porta lo stesso Carrère
a lasciare la struttura in seguito all’attentato a “Charlie
Hebdo”. Il suo rientro nella vita consuetudinaria coincide con
un malessere interiore tale da necessitare cure specialistiche in una
struttura sanitaria e con la difficoltà a portare a termine
quello scritto che si prospettava così facile e immediato e,
per sua stessa ammissione, in un certo senso confezionato ad hoc
proprio tramite l’internamento volontario a Vipassana. La
profezia del programma si è avverata: non è possibile
interrompere un viaggio di introspezione così intenso senza
gravi ricadute sull’equilibrio personale. In verità, dal
racconto dello stesso Carrère si evince che la sua stabilità
mentale è sempre stata labile, il malessere preesistente, lo
yoga e le altre pratiche un tentativo o meglio una necessità
di auto mutuo aiuto paradossale perché profondamente
individuale. E così il racconto, mentre inanella una serie di
definizioni sulle pratiche meditative che lo scandiscono e permettono
di tenere il leit motiv della narrazione, diventa autobiografia
episodica di ampio ventaglio a coprire gli anni necessari a ultimare
lo scritto, a curarsi, ad aprire una nuova pagina della sua vita. In
tutto questo il lettore partecipa di un universo iniziatico allo
yoga, fatto di zafu e vritti, e di una fetta di vita altrui.
Interessante.
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