Giuda
– Amos Oz – Feltrinelli – Pagg. 329 –
ISBN 9788807887338
– Euro 10,00
La
colpa
Tra
gli ultimi scritti di Amos Oz, morto nel 2018, questo romanzo ha il
duplice dono di essere una lettura molto gradevole e di riuscire a
interessare nel contempo il lettore con una materia di indagine non
certo semplice e immediata: ribaltare la prospettiva cristiana sulla
crocifissione di Gesù e nella fattispecie la figura del
traditore per eccellenza, Giuda. La tesi di fondo verte sulla banale
constatazione che Gesù Cristo fu uomo ebreo quanto Giuda, che
i due furono amici e che Giuda, inizialmente infiltrato nella
congrega dei discepoli, fosse stato poi completamente rapito dal
carisma di Gesù fino a volerne con il tradimento la
crocifissione, perché così l’amico avrebbe
dimostrato, superando la morte o meglio evitandola proprio con uno
dei suoi miracoli, la sua natura divina. Insomma Giuda sarebbe il
fondatore del cristianesimo laddove Gesù Cristo mai parlò
di sé come figlio di Dio. Accanto alle disquisizioni su corpo
o spirito, su sostanza materiale o spirituale o entrambe - questioni
tutte aperte- si inserisce una trama che porta il giovane
universitario Shemuel Asch, in realtà il sostenitore della
tesi azzardata su Giuda, a entrare in contatto con un anziano
intellettuale e una enigmatica giovane donna che vivono insieme e
cercano un badante per l’anziano uomo, ancora autosufficiente
ma bisognoso di compagnia, soprattutto nelle ore serali. Il giovane
risponde all’offerta di lavoro per via del dissesto finanziario
che ha colpito l’azienda paterna e lo costringe ad abbandonare
l’università e per un intimo bisogno di solitudine ora
che la sua ragazza ha deciso di sposare il suo ex. All’interno
del nuovo nucleo familiare, enigmatico e sfuggente, quanto
l’insidioso mobile gradino di legno che introduce alla segreta
dimora del quartiere più occidentale di Gerusalemme, scoprirà
la storia di un altro traditore che necessita di essere riabilitato.
Si tratta di Yehoyachin Abrabanel, un sionista della prima ora che
gradualmente avverte il pericolo insito nel sionismo, anche in virtù
delle amicizie che conta nel mondo arabo, e che si rende conto che
l’utopia di Ben Gurion porterà solo a una guerra
fratricida. È la parte più nobile dell’intero
romanzo, l’autore, noto anche per i suoi scritti contro il
fanatismo, è qui il latore di un messaggio di pace forte e
necessario che basa il suo fondamento sulla constatazione che il
torto di un uno è metà della ragione dell’altro e
viceversa. La materia narrativa lentamente sfuma in un epilogo mesto
e necessario che porta il lettore a congedarsi con nostalgia da una
terra martoriata dal conflitto ieri come oggi.
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