Menzogna
e sortilegio – Elsa Morante – Einaudi –
Pagg. 728 – ISBN 9788806223342
– Euro 17,00
Elisa
De Salvi
Settecento
pagine racchiuse da un incipit tra i più belli della
letteratura italiana e da un epilogo necessario, straziante, che
acquieta l’animo dopo una lettura lenta, a tratti statica e
ripetitiva, sicuramente impegnativa e al limite dell’abbandono.
Semplici umori da lettrice che nulla hanno a che vedere con la
grandezza di questo scritto la cui statura si può decifrare
solo a lettura ultimata. Un romanzo dal respiro ottocentesco che pare
restituire ambientazioni e sentire di un’altra epoca,
tratteggiando invece gli arcani misteri dell’alchimia d’amore
che cavalcano generosamente tutte le epoche. Una storia
apparentemente sospesa, indefinita nei luoghi e nei tempi che
restituisce, a ben guardare, la Sicilia e l’Italia a cavallo
tra ‘800 e ‘900.
A
Palermo, probabilmente, e nei suoi dintorni, due rami di una stessa
famiglia seguono percorsi differenti, il primo cresce rigoglioso nei
fasti e nelle ricchezze, l’altro, avvizzito sopravvive nella
povertà generando ramoscelli sempre più esili. La
famiglia è quella dei Cerentano che troverà una nuova
via comune in una infatuazione adolescenziale dei suoi frutti, il
ricco Edoardo e la sua bella cugina povera Anna, la madre della
narratrice Elisa che ricostruisce la sua storia di orfana prematura
all’indomani della morte di Rosaria, la meretrice che le dà
sostegno e amore. Elisa è infatti frutto di un’unione di
ripiego tra Anna e Francesco, l’amico di Edoardo che ha
preferito sparire dopo aver imbastito legami infernali tra lui, Anna
e Francesco e la stessa Rosaria, prima donna amata da Francesco. In
realtà scrivendo la sua storia la malinconica Elisa traccia la
storia di tre generazioni, della sua nonna Cesira e nello sfondo
della nonna paterna Alessandra, della sua mamma Anna e di se stessa.
Donne accomunate, la nonna e la mamma, da una certa alterigia che mal
le ripaga, in particolare Anna, il cui mal d’amore la condanna
all’infelicità perpetua, all’insania, alla follia.
Scrive di riflesso, Elisa, di se stessa, e della fanciullezza persa
in un ambiente famigliare insano, schiacciata da due genitori che
inseguono la chimera di un amore che non può essere
corrisposto, il padre Francesco ama la moglie Anna ma lei è
ancorata al passato amore per Edoardo che anche da morto la
perseguita, l’annulla e la consuma. Elisa è
semplicemente una bimba che subisce influssi insani in un ambiente
morboso e che ora, da adulta, cercherà di ricostruire il
tessuto su cui sono state ordite le emozioni di cui si è
imbevuta la sua mente. La grandezza del romanzo risiede proprio nella
capacità di ricostruire, con il recupero degli eventi, la
giusta dimensione dei fatti in un immaginario fanciullesco che
avrebbe potuto soccombere anch’esso alla follia, immerso
com’era tra apparenza e realtà, tra menzogna e
sortilegio. Evaporate le nebbie dell’apparenza e della
menzogna, resta il nudo fatto che spogliato anche della dimensione
irreale della magia, concede solo il triste vissuto di una bambina
poco amata dai genitori.
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