Alla
ricerca del tempo perduto. I Guermantes – Marcel
Proust – Einaudi - Pagg. 2376 (intera opera) – ISBN
9788806234898
– Euro 55,00
La
parte di Guermantes
Il
terzo volume della Recherche è notoriamente conosciuto come
quello non solo più lungo, ma anche come quello più
impegnativo, eppure è un passaggio obbligato e , nell’economia
generale dell’opera, necessario quanto il resto. É
infatti il volume che introduce il protagonista nel bel mondo
dell’aristocrazia parigina, in pieno Faubourg Saint-Germain, e
ne rappresenta insieme l’anelito iniziale con la fascinazione
conseguente riconducibile ad esso, unite al disincanto conseguente.
Il protagonista vive il naturale trapasso dall’adolescenza alla
giovinezza, coincidente con il trasferimento della sua famiglia
presso un’ala del palazzo dei Guermantes, a Parigi. Sono
lontani ormai i tempi di Balbec, i grandiosi scenari della costa
normanna, le deliziose pulsioni giovanili del suo protagonista,
rappresentanti nel secondo volume; qui la faccenda si fa seria:
occorre mettersi in gioco in prima persona, sperimentare se stessi,
scoprire, capire e crescere in una diversa consapevolezza.
Di
salotto in salotto, il sogno si trasformerà in realtà,
quella più tangibile possibile e insieme la più
effimera: nomi, solo nomi, titoli, relazioni, parentele, un coacervo
di apparenza nel quale la sostanza dell'essere umano pare disgregarsi
e quasi annullarsi. Eppure, mentre la critica sottile al bel mondo si
insinua, tutto diventa la sua celebrazione. L’Opéra,
Doncières - cittadina militare e aristocratica-, il salotto di
Madame de Villeparisis, la casa a Combray, il salotto dei Guermantes
sono gli spazi di questa dilatata azione scenica che è
propedeutica alla rivelazione di un’esistenza più
autentica. Insomma, nonostante una subdola insofferenza che potrebbe
minare la lettura persa in mille lungaggini, oziose come la più
genuina aristocrazia, chi entra in quei salotti e si accomoda, ha
presto modo di riconoscere l’intima essenza dell’opera:
cercare nella misura del tempo, entità astratta e sfuggevole,
il senso dell’Io. È la deliziosa governante Françoise
fin da subito a suggerire al narratore l’impossibilità
di conoscere realmente le persone con le quali stringiamo relazioni,
anche le più intime, sempre, infatti, aleggia un’ombra
che è difficile diradare e oltre la quale non è dato
sapere se l’idea che ci costruiamo degli altri corrisponda a
una minima parvenza di realtà. O ancora è lo stesso
protagonista, poche pagine oltre, a ragionare sull’inutilità
del ricercare se stessi con il tornare nei luoghi già vissuti,
è necessario semplicemente affidarsi al volo più lieve,
più immateriale, più vertiginoso, più
ineffabile, più immortale “ dato da “certe
impressioni fuggitive”. Il tempo non è misurabile, tanto
meno quello trascorso, lo si può però recuperare,
ricercandolo con la migliore inclinazione possibile dei sensi.
Svanisce l’idea del possesso e del tempo e dello spazio. Si
fluttua. E allora subentra l’arte, pittorica in primis, capace
di fermare l’attimo per poi proiettarci nel suo scorrere e
farci perdere di nuovo. Il lettore avrà modo di imbattersi
spesso in queste riflessioni, vero leit-motiv dell’opera, e di
ritrovare il sentimento dei legami familiari, stupende le pagine che
narrano la morte dell’amata nonna, senza privarsi di altri
interessanti spunti tematici, uno su tutti l’onnipresente
Affaire Dreyfus, complice di insinuare nel bel mondo l’autenticità
del dubbio.
Siti
|