Poesie
dell’indaco – Andrea Sponticcia –
Nulla Die – Pagg. 50 – ISBN 9788869152931
– Euro 11,00
Giovani
voci poetiche
Pubblicata
nel 2020 dalla casa editrice Nulla die, all’interno della
collana “I Canti, Sussurri”, Poesie dell’indaco è
la quarta raccolta poetica del giovane autore marchigiano Andrea
Sponticcia. La silloge è stata premiata lo scorso anno con una
menzione d’onore alla IX edizione del Premio Nazionale di
Poesia “L’arte in versi”, sezione libro
edito.
“Quel
che di me è andato perduto/ è quanto la poesia ha
salvato.”, recita il testo più breve (“Manifesto”)
tra quelli racchiusi in questo volumetto che si legge in un soffio,
ma che invita a continui ritorni per soppesare parole, rimarcare
espressioni, cogliere al meglio sfumature e prospettive.
È
una scrittura sorprendente, quella di Sponticcia, che fin dalle prime
pagine sa accostarsi garbatamente al lettore attraverso un linguaggio
spontaneo, coinvolgente e ricco di immagini. I suoi versi sembrano
scandagliare i fondali di un io poetico che affronta, non senza
dolore, i temi del ricordo, della lontananza, dell’amore, della
morte e, immancabilmente, del senso dell’esistenza e dello
scorrere inarrestabile del tempo che, in un inestricabile intreccio,
si snodano lungo i sentieri meditabondi della fragilità
umana.
“[…]
Capita a tutti/ di passar di mano. Finire smarriti. Sprecati. […]”:
la palla da basket, che dà il titolo a una lirica molto
significativa, diventa una metafora originale e ben riuscita che
sembra trasmettere alla perfezione la precarietà dell’umano
vivere (“[…] Non ho scopo/ fuori dal campo,/ eppure
esisto/ e a volte sono felice. […]”), eternamente in
balia di regole del gioco subite e mai decise. Semplicemente,“[…]Un
disegno ancora in corso” da cui non esiste possibilità
di fuga.
E
mentre si sta “[…] stesi a guardare/ il cielo passare/ e
le stagioni fluire […]”, si cade in silenzio “[…]
pur di non intaccare/ la precaria stasi del mondo […]”.
Affiora spesso tra i versi una sorta di rassegnata e amara
disillusione, dalla quale prendono voce un senso profondo di
solitudine e un’assenza che, in un certo qual modo, diviene
presenza; l’immagine della casa che si svuota di colpo degli
affetti, nella poesia dal titolo “Dopo la fine”, restando
“spoglia e incolore”, si rivela di notevole incisività
e si mostra in tutto il suo afono vuoto ineluttabile, allorché
le parole sbiadiscono e si ritrovano anch’esse sole come accade
al mare al cospetto della stagione invernale. La morte sfuma nella
vita del ricordo che evade dalle cornici delle stanze ormai svuotate
di mobili e invade così gli spazi sconfinati della
solitudine.
Intanto,
l’amore si scopre fatto di tenebra e pronto a mordere “più
dei cani”.
“[…]
quanto vorrei stringerti/ e farti sentire il sangue/ di queste
lacrime,/ quanto vorrei saperti mia/ come la disperazione.”
(“Mia”)
Una
scrittura in versi particolarmente affascinante, impreziosita da
ritmo e musicalità, che suscita, come del resto deve essere
quando si legge un’opera letteraria, emozioni e riflessioni.
Una pubblicazione di gran pregio, Poesie dell’indaco, che
testimonia come la Poesia, anche grazie a voci fresche e di talento
come quella di Andrea Sponticcia, continui a mantenersi ben viva e,
per fortuna, a regalarci profonda bellezza a dispetto della
superficialità e delle brutture del nostro tempo.
Laura
Vargiu
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