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  Letteratura  »  Carla Malerba, oniriche visioni di strade, luci, colori, di Fernanda Caprilli 05/04/2022
 
UNO SGUARDO SULLA POESIA a cura di FERNANDA CAPRILLI

(Il settimanale di Arezzo, Anno II, n.76; 30 settembre 2011)


CARLA MALERBA, oniriche visioni di strade, luci, colori.


La non appartenenza


Dopo anni di silenzio durante i quali ha continuato a scrivere, Carla Malerba pubblica nel 2010 la sua ultima raccolta di poesie, Di terre straniere, per onorare –come lei stessa afferma- una data molto importante: il quarantennale della cacciata dalla Libia, sua terra natale, di tutti gli occidentali, in primis ebrei e italiani. Il motivo della non appartenenza domina tutta la raccolta, nella quale s’intrecciano ricordi della giovinezza felice trascorsa a Tripoli e il senso del legame inscindibile che la lega a quella terra (Mia madre è l’Africa, già madre di mia madre )con le inquietudini che scaturiscono da una frattura mai del tutto ricomposta (e sentirsi a volte/ come collocata a forza / entro paesaggi stranieri,/ ferita pulsante /la non appartenenza/ né a questo ,né a quello/ di paese. /L’unico paese/ che mi è rimasto/ è il mio cuore).

E se nella poesia che apre la raccolta la Malerba s’interroga sulle “oscure ragioni” del suo destino nel tentativo di decifrarne il senso, altrove riconosce che il suo rapporto con il mondo affonda le sue radici in una terra dove il vento del deserto/fa fiorire le rose fra le dune e apre il cuore al miraggio di sempre nuove conoscenze, a un desiderio di andare/mai scontato.


E la memoria…


Oniriche visioni di strade, di luci, di colori che si legano alla giovinezza

dell’autrice, si alternano, nella raccolta, al ricordo delle persone care, in un intimismo della memoria che poco concede al racconto disteso, ma ne sottolinea piuttosto, attraverso l’utilizzo di simboli, il significato profondo che l’autrice attribuisce loro.

Così, per esempio, il raggio morente della sera in Passiflora apre al tema della

perdita, o in Canzone (Le camelie ingiallivano piano/ nell’afa di agosto) hanno

come referente una simbologia di morte, di lento spegnimento, che apre nella parte finale al ricordo della madre: Avevi un vestito di seta /sì lieve/ che ondeggiava nel vento/ e pareva /tessuto di nebbia mattinale. Ma la poesia della Malerba raggiunge i suoi esiti più convincenti quando, partendo da una determinata situazione esistenziale realizza un’espansione, proiettandosi in un “altrove” che, come nel caso della poesia intitolata Che lungo autunno, vede associati l’assedio del tempo, simbolicamente indicato dall’autunno, e il tempo del desiderio che porta l’animo verso terre più lontane dove il sogno davvero tale appare.

Questo tipo di procedimento si ritrova anche in una delle poesie più interessanti della raccolta: Chi ha ansia di andare. Qui il cammino dell’uomo s’inscrive su ponti di luce sospesi nella dimensione cosmica degli elementi fino ad aprirsi al mondo e all’infinito in un’unione che tutto accoglie (congiunzioni /di mani protese/ a solcare/ ingegnerie d’infinito).Nella poesia della Malerba la frantumazione interiore, determinata dall’allontanamento dalla terra natale, si trasforma spesso in frantumazione delle immagini che appaiono, a volte, come separate l’una dall’altra; da qui l’uso frequente delle metafore, della sinestesia e, talora, di un onirismo un po’ surreale.



LUNGOMARE DI OEA


Lungomare di scarpate

e balaustre,

di forti sensi,

lungomare lungo,

il vento gonfia

vele di pietra.

Lungomare di palme

e di oleandri:

una gazzella

che una donna abbraccia

è immoto sogno

fino a che il lontano

squarcia improvviso

il quotidiano vivere

e lo scalda.









 
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