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  Letteratura  »  Il romanzo storico nel XIX secolo, di Renzo Montagnoli 05/11/2022
 
Il romanzo storico nel XIX secolo

di Renzo Montagnoli



Fra i generi letterari del romanzo c’è anche quello storico, un autentico ibrido, laddove si consideri che in parte è frutto di pura invenzione spesso innestata su una realtà storica. Nasce da un compromesso fra l’autore e il lettore: il primo si basa su un evento o più eventi di un’epoca e su personaggi della stessa epoca per costruire una trama esclusivamente di fantasia, ma non in contrasto con quei fatti o quei protagonisti; il secondo è consapevole che non si tratta di un saggio storico, ma di una narrazione che prende spunto dalla storia per intessere una trama sì di fantasia, ma nel pieno rispetto della base reale su cui si è sviluppata.

Questo genere nasce e conosce un grandissimo successo nel XIX secolo, con un capostipite anglosassone, Waverley dello scrittore Walter Scott. Se Waverley, ambientato nel 1745 durante la rivolta giacobita, è oggi poco conosciuto, assai più famosi e anche ancora attualmente piuttosto noti sono Rob Roy (è la vicenda del recupero di un debito) e Ivanhoe (opera ambientata in pieno Medioevo, nel conflitto fra Sassoni e Normanni), entrambi dello stesso autore, di quel Walter Scott che fu indubbiamente eclettico e che morì per un colpo apoplettico probabilmente dovuto all’eccesso di lavoro – e per lavoro si intende lo scrivere romanzi e racconti – per poter onorare, con i proventi, i suoi notevoli debiti.

Quindi è possibile dire che il genere nasce in Gran Bretagna grazie a questo indebitato narratore scozzese, che in quel secolo resta anche il più famoso, e probabilmente lo è ancor oggi.

E nel resto d’Europa?

Il romanzo storico si sviluppò con crescente successo anche in Germania, grazie a Ludwig Restalb con il suo 1812, come pure in Russia, dove dalla penna di Alexander Puskin nacque La figlia del capitano, ambientato nel Settecento allorché regnava la zarina Caterina II.

Il paese però in cui la diffusione fu maggiore è la Francia e ciò grazie a narratori, come Alexandre Dumas (padre), Stendhal, Honoré de Balzac, Gustave Flaubert, Emile Zola, Victor Hugo.

E l’Italia?

Nel nostro paese, votato ad affrancarsi dallo straniero dominante, fu tutto un fiorire di romanzi in cui si parlava delle vicende italiane dal Medioevo fino appunto al 1800, ma si trattò di opere di modesta levatura, scritte da autori altrettanto modesti, lavori di cui in pratica si è persa memoria. Per fortuna che ci fu Alessandro Manzoni, con in suoi Promessi sposi, senza dubbio uno dei migliori romanzi storici al mondo. Nella sua scia poi troviamo Massimo d’Azeglio, con il celebre Ettore Fieramosca, Tommaso Grossi con Marco Visconti, Cesare Cantù con Margherita Pusterla, Ippolito Nievo con Le confessioni di un italiano.

Insomma se non fu un narratore del nostro paese a dare vita al genere, è invece indubbio che da noi ebbe un grandissimo sviluppo.

Oggi il romanzo storico è fra i più apprezzati e ha dato vita a un ulteriore ibrido, quello del giallo storico, capace di attrarre maggiormente il lettore grazie alla tensione derivante dalla ricerca del colpevole di un gravissimo reato.

Non mi azzardo a parlare della produzione da inizi ‘900 ai giorni nostri, tanto è ampia da necessitare di ben più di poche righe, il che dimostra il crescente successo del genere, che personalmente amo in modo particolare.


Nota: l’immagine è il ritratto di Walter Scott.

 
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