Tutte
le cose che chiudono gli occhi - Annalisa
Ciampalini - Pequod - Pagg. 79 - ISBN 9788860682277 - Euro
13,00
Quando
ho iniziato a leggere "Tutte le cose che chiudono gli occhi",
ultima raccolta di Annalisa Ciampalini, mi sono trovata di fronte ad
un percorso poetico che ha suscitato in me una grande serenità e una
profonda empatia fin dalla prima lettura:
I
nostri corpi complementari/ il tuo chiarore/ la mia esile oscurità.
/Tua è la pietra dell´inverno/ il seme dormiente nel giaciglio
scuro/ le mani che sanno dove premere/ A me resta l´albero lontano/
il bianco che si accumula piano/il fiore pallido/ esitante tra le
dita."
I
versi racchiudono, nella loro suggestiva cadenza, richiami al mondo
interiore di Annalisa che è poi il mondo circostante, quello tanto
caro e amato.
Nel
succedersi delle ore, che siano quelle del "mezzogiorno ampio",
o dell´autunno che sopraggiunge o quelle del solstizio invernale,
si avverte il dire sereno della poetessa che è paga di occupare gli
spazi di natura che le sono intorno per coglierne momenti
straordinari, epifanie improvvise legate al volgere delle stagioni,
nell´accettazione di quello che qui ci è dato, nulla che lei voglia
cambiare: il colore dei fiori, la calma del bosco, lo stupore per gli
improvvisi miracoli di luce.
Pare
che il tempo abbia ritmi esatti, cari al cuore che non si sgomenta,
ma
anzi
attende che tutto il necessario si compia, così come deve scendere
d´inverno l´ombra sulle cose.
L´empatia
investe subito il lettore di questo libro di versi: basta socchiudere
gli occhi per vedere i cieli di Annalisa o per lasciarsi trasportare
dal moto del suo fiume -ognuno di noi dovrebbe avere un suo fiume
segreto- o ancora per trovarsi nelle stanze di una casa antica
pervase da un "chiarore acquatico e vibrante" che non
induce il sonno.
Nei
versi della prima sezione predomina la consapevolezza di avvertire
un´assenza, accennata solo con un filo di voce ("il punto che
ci guarda / e va taciuto"), di sentire la vita nella natura
degli alberi e nel corso perenne dell´acqua. Alla poetessa basta
solo una sedia per ricordare, un punto per dire l´indicibile, per
comunicare che ciò che abbiamo qui è provvisorio.
Siamo
destinati a passare nel tempo: il senso della riflessione su ciò che
ci è
dato
si definisce nel gruppo di liriche della seconda sezione il cui
inizio è
segnato
dalla poesia "Cosa vuol dire che non ci sei", un miracoloso
equilibrio tra il detto e il non-detto nella figurazione
dell´immagine amata -"quanta fatica trattenerti fino a sera!"-
che rivolge lo sguardo verso chi rimane.
Nella
poesia "Futuro prossimo" i versi ribadiscono l´effimera
coniugazione di un
tempo
"di luce e di vento": faremo, andremo, in un tempo che non
ci appartiene e che si oppone a ciò che del tempo è nostro : il
passato, forse, nel ricordo, il presente limitato dalla parvenza del
sogno e già futuro nel suo compiersi.
La
riflessione sul tempo in Ciampalini coinvolge, fa immedesimare,
richiama attese e fragilità dense di consapevole filosofia
esistenziale in cui, anche il verso, una volta scritto, è proteso a
fermare il tempo con il potere della parola, ma si scontra con il
divenire:
"La
fragilità sta nel verso che non dura / scriverlo su carta / voltarsi
per leggerlo di nuovo / e il segno muore"
La
poetessa prende atto di un mancato compimento temporale, come accade
quando ci sembra di avvertire- o avvertiamo- di far parte di questo
scorrere senza che ci sia permesso di intravedere promesse e racconta
il senso delle cose guardando con devozione il tempo delle loro
trasformazioni.
Così
come accade con i corsi d´acqua che la affascinano e la portano a
descriverli sia che scorrano nella campagna sia che vadano verso
indistinti altrove.
Ma
per quanto talvolta si avvertano toni di mestizia nelle riflessioni
che accomunano alla nostra storia l´accadere, lo scorrere
dell´acqua, la vita delle cose, Annalisa Ciampalini ci invita "a
custodire l´idea di qualcosa/ che risorge e resta".
Il
richiamo viene dal profondo dell´essere, dalla capacità di
percepire situazioni e di scorgere le nostre solitudini, di
immaginare le sponde dove avverranno giorni e addii.
Il
tutto avviene con un linguaggio che il lettore apprezza, nei toni di
un colloquio atto a stabilire un legame tra le immagini e la parola,
sempre nobile e tersa.
Il
viaggio poetico di Ciampalini attraverso la difficile collocazione
dell´essere, dello stare qui, in un mondo misto di concretezza e di
sensazioni, di consapevolezza del vuoto con cui bisogna pur sapere di
imbattersi, si sta compiendo.
Affiorano
sentimenti di pietà mentre la visione si amalgama a quella reale e
non
resta che immaginare miti lontani, credenze per sfuggire alla notte:
"Ma
stasera, nella stanza condivisa, / le sedie disposte a cerchio / e
una luce d´insieme.
/ Inizia così l´attesa del sonno."
Lo
spirito di fratellanza che aleggia in tutta la silloge nel percorrere
la vita delle cose indissolubilmente legate alla nostra vita, lo
ritroviamo nel "noi" dell´ultima poesia che conclude
questa bella silloge e che pongo a conclusione della mia lettura.
L´aereo
sta per atterrare / e un pensiero di azzurre trasparenze / si
diffonde nell´aria
del risveglio. / Intanto la scritta luminosa della destinazione /
vibra nell´indeterminatezza,
/ cerca un impulso favorevole, / feconda la costa, si trasforma in
città. / Noi dobbiamo solo restare vivi / immaginare un luogo che ci
aspetta / e una luce prematura. / Inventare questa gioia.
Carla
Malerba