Cristallo
di rocca - Adalbert Stifter - Adelphi - Pagg. 90
- ISBN 9788845905711
- Euro 10,00
Deserto
bianco
Mi
fermo a tre stelle piene per quanto riguarda questo lungo racconto
dell´austriaco Adalbert Stifter (1805-1868), il quale fu autore di
poesie, novelle, romanzi e anche saggi, nonché pittore e precettore;
di umili natali, ebbe un´esistenza travagliata e una morte alquanto
tragica e impressionante (si cerchi, per curiosità, la sua
biografia) che stride con la pace e la grande bellezza naturale
affiorante nelle pagine del volumetto in questione.
La
sua è una scrittura che si mantiene lontana dagli apici letterari
del Romanticismo tedesco, così pure da certe elucubrazioni legate al
vivere dell´epoca, mostrando un´attenzione tutta particolare
verso la quotidianità umile e semplice, le tradizioni, i piccoli
mondi antichi d´atmosfera provinciale distanti anni luce dai fasti
(e dal caos) della capitale asburgica o di altre grandi città
dell´impero.
Testimonia
per bene tutto ciò quanto descritto in "Cristallo di rocca",
dove la dimensione per così dire urbana si riduce a piccoli villaggi
sparsi su vallate isolate racchiuse tra le montagne.
Scritto
a metà degli anni Quaranta dell´Ottocento e pubblicato
inizialmente su un quotidiano di Vienna, questo racconto comparve in
versione definitiva nel 1853 all´interno della raccolta "Pietre
colorate" ("Bunte Steine") insieme ad altri cinque testi, tutti
intitolati con un nome di pietra.
Sebbene
l´inizio dello scritto si perda in lunghe, minuziose descrizioni
anzitutto legate alle feste religiose e all´ambiente montano,
risultando in generale ben poco vivaci e ancor meno avvincenti, la
narrazione si riprende dal punto in cui il lettore può spingersi
meglio tra le case e le attività dei paesini di Gschaid e Millsdorf
(in Stiria, nell´Austria sud-orientale) e fa così conoscenza con
il calzolaio del primo e il tintore del secondo borgo. La vicenda
entra con decisione nel vivo con la comparsa dei due piccoli
protagonisti, Corrado e Susanna, figli e nipoti rispettivamente dei
sopraccitati calzolaio e tintore; al centro del racconto, la loro
disavventura alla vigilia di Natale, quando s´incamminano verso
Gschaid di ritorno da casa dei nonni a Millsdorf, lungo il consueto
percorso che seguivano abitualmente tra le due valli. Ed è proprio
da quel momento che la trama, sotto una nevicata sempre più copiosa
e con il buio che avanza, ha il sapore tipico di una fiaba senza
tempo.
"Ma
intorno non c´era che il bianco abbagliante, il bianco e
null´altro, e anche questo tracciava intorno a loro un cerchio che
si faceva sempre più piccolo e si perdeva poi in una nebbia pallida
e striata che inghiottiva e avvolgeva ogni cosa, e che infine altro
non era che la neve che continuava a cadere instancabile."
Smarriti
tra i ghiacci sullo sfondo di una natura che si fa a poco a poco
inquietante, inospitale e pericolosa per la sopravvivenza umana, i
due bambini resistono e non perdono la speranza di ritrovare la
strada di casa, sfidando con la loro innocenza il pericolo concreto
della morte. La minaccia rappresentata dal ghiacciaio e dal
crepaccio, a cui essi arrivano, si stempera tuttavia con lo
straordinario fascino di sua maestà la montagna, principale
protagonista di queste pagine che si ammanta di sfumature, luci e
suoni che Stifter ci narra con passione attraverso una prosa -
occorre riconoscerlo - molto curata e nel complesso davvero di
pregio.
Una
lettura che ben si adatta alle atmosfere della stagione invernale e
delle feste natalizie. Una piccolo classico che pone al centro il
rapporto uomo-montagna, la sfida delle alte cime innevate che va
colta con rispetto e responsabilità, la simbologia della pietra, e
non meno la pura semplicità di un mondo e dei suoi valori oggi forse
scomparsi per sempre.
Laura
Vargiu