Aspettando
Godot - Samuel Beckett - Einaudi - Pagg. 115 -
ISBN 9788806062477
- Euro 12,00
En
attendant Godot
Titolo
celeberrimo del teatro europeo del Novecento, "Aspettando Godot"
suscitava in me da tempo molta curiosità.
L´autore,
Samuel Beckett (1906-1989), era irlandese di Dublino, ma la prima
pubblicazione e rappresentazione dell´opera, rispettivamente nel
1952 e nel 1953, si ebbe in lingua francese con il titolo "En
attendant Godot"; a Parigi Beckett si era trasferito già sul
finire degli anni Trenta, partecipando poi attivamente alla
Resistenza francese contro l´occupazione tedesca.
Malgrado
le prime reazioni non troppo esaltanti ottenute sia a Parigi che un
paio d´anni più tardi a Londra, si tratta del lavoro che ha dato
forse maggior fama allo scrittore premio Nobel per la Letteratura nel
´69, al quale si aprì così la carriera teatrale. La trama prende
avvio su "una strada di campagna, con albero", come si legge
all´inizio del primo dei soli due atti di cui l´opera si compone.
Tale ambientazione interamente sullo sfondo di una strada di campagna
alquanto desolata non muta sino al termine della vicenda, rimarcando
una staticità (non solo di luogo) che finisce con l´avviluppare i
personaggi principali, Estragone e Vladimiro, due vagabondi che
aspettano un certo Godot, che non conoscono, al fine di ottenere da
lui una qualche sistemazione. Sulla scena compariranno in seguito
altri tre personaggi, di cui due in particolar modo bizzarri, ma non
il tanto atteso e misterioso Godot che non si presenterà né alla
fine del primo giorno né a quella del secondo.
Dramma?
Commedia? Molto probabilmente entrambe. Senza dubbio, un´opera di
estrema complessità interpretativa, nonché di forte innovazione a
livello di struttura. "Sul piano del divertimento" scrive Carlo
Fruttero, curatore e traduttore del testo nel 1956 per l´edizione
Einaudi "si tratta di un vero gioiello, magistralmente congegnato
[...]. Ma ci vuol poco ad avvedersi che questa non è una commedia
spensierata [...]". Innumerevoli possono essere le interpretazioni:
da quella in chiave mistico-religiosa a quella dal sapore di guerra
fredda, da quella esistenzialistica a quella sociale. Inutile
arrovellarsi il cervello in tal senso, poiché tutto può essere.
Per
quanto mi riguarda, la lettura non è stata particolarmente
coinvolgente come speravo; nel complesso, ho trovato il testo appunto
molto difficile da decifrare e, in verità, in alcuni punti
abbastanza noioso da seguire, per non parlare del caos di qualche
scena, con il sopraggiungere di Pozzo e Lucky, che più che sorridere
induce a triste riflessione. Un libro, per me, su cui ritornare negli
anni a venire.
Laura
Vargiu