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  Letteratura  »  Poesia a ritmo di salsa Carrellata di giovani poeti cubani, di Gordiano Lupi 02/11/2007
 

Poesia a ritmo di salsa

Carrellata di giovani poeti cubani

Prima puntata

 

di Gordiano Lupi

 

La poesia cubana prodotta dalla Rivoluzione Castrista non può prescindere dall'ideologia e dalla storia e si inserisce in un contesto dove “l'arte è un'arma della Rivoluzione”. Sono parole di Fidel Castro che si è sempre rivolto agli intellettuali ammonendoli a restare dentro la rivoluzione, perché al suo interno sarebbe stata permessa ogni libertà (con i dovuti limiti). E' ovvio che la “poesia delle due sponde”, la poesia cubana in esilio, ha caratteristiche diverse, generalmente di protesta e polemica nei confronti del regime comunista. Nell'economia di questo scritto ci occuperemo soltanto della poesia che si scrive sull'isola (anche se spesso viene pubblicata soltanto all'estero per svariati problemi, non ultimi quelli di natura economica).

Dopo il 1959 la poesia si storicizza e si cala nella realtà, rifuggendo da visoni surreali e mitiche. La poesia collabora alla costruzione dell'uomo comunista ed è al servizio della nuova idea che, almeno durante i primi vent'anni, è capace di infiammare gli animi.

Non si può parlare di poesia cubana moderna senza prima fare un breve accenno ai due grandi nomi che hanno caratterizzato la letteratura dell'isola negli ultimi due secoli: Josè Martì (1853 – 1895) e Josè Lezama Lima (1910 – 1976).

Josè Martì è considerato l'eroe dell'indipendenza, morì combattendo contro i colonizzatori spagnoli e fu poeta di radice whitmaniana, anticipatore della poetica modernista (di lui si ricordano soprattutto i Versos Sencillos del 1891, che contengono anche le parole della celebre canzone Guantanamera). Non fu solo poeta, ma anche narratore per l'infanzia (fondò la celebre rivista La Edad de Oro), saggista, uomo politico e romanziere. Tutta l'educazione della gioventù cubana passa attraverso l'insegnamento capillare della sua opera.

Lezama Lima  ebbe molti discepoli che si radunarono attorno a lui e alla sua rivista Origines, fu autore di poesie ermetiche e visionarie  (Muerte de Narciso, 1937) e del grande romanzo filosofico di matrice proustiana Paradiso (1966) seguito dall'incompiuto Oppiano Licario (postumo, 1977). La poesia moderna deve molto a Lezama Lima  e alla rivista Origines che produsse l'antologia Diez poetas cubanos (1948).

La prima poesia post rivoluzionaria la troviamo nell'antologia Poesia Joven de Cuba (1959) ed è un qualcosa di molto moderno. “La poesia - dicono gli stessi autori nell'introduzione - penetra la vita quotidiana e si nutre di essa, nutrendola a sua volta. Deve essere ricca di prosa e dialoghi, ma anche di violenza, effusioni sentimentali, preoccupazioni sociali e politiche, sgorbiature, impurezze”. Queste parole sono un manifesto che rompe con la tradizione romantica e inserisce il ruolo del poeta come fondamentale all'interno di una nuova società da costruire.

Altra rivista importante è El Caiman barbudo (fondata nel 1966) che accentua la poetica conversazionista e colloquiale portandola alle estreme conseguenze, sino a svilirla e farla morire. El Caiman ha la sventura di nascere in un periodo molto buio per la cultura cubana, il cosiddetto quinquennio grigio, quando il poeta è quasi totalmente asservito alle esigenze della Rivoluzione. Eccessi di retorica e di nazionalismo caratterizzano il gruppo del Caimano, che non fu neppure in grado di darsi una propria antologia, ma soltanto un manifesto intitolato Nos pronunciamos.

I poeti degli anni settanta, in polemica con questa retorica di regime troppo spinta, impostano una visione anti colloquiale della poesia. Questi autori vogliono liberare i versi dalle trappole dei troppi elementi prosaici e dagli eccessi colloquiali, però finiscono per cadere nell'eccesso opposto. Ne viene fuori una poesia stucchevole che non ha più alcun legame con la realtà e rifugge dalle radici sociali. E' il tojosismo (da tojosa la colomba selvatica delle campagne cubane), una corrente che si rivolge verso il mondo rurale e vuole riaffermare i valori nazionali e le bellezze dell'isola. Si recuperano forme strofiche in disuso come il sonetto e  la decima. Un esempio lo troviamo nell'antologia Nuevos Poetas curata da Roberto Diaz. Dopo questa caduta verticale, negli anni successivi si assiste a una graduale ripresa di consistenza del discorso lirico. I poeti degli anni ottanta propongono un nuovo modo di storicizzare la poesia, pur senza tornare agli estremi del colloquialismo. Gli anni novanta si esprimono nell'antologia Cuba: en su lugar la poesia (1982) Fu un periodo di fioritura poetica senza precedenti capitanato da Raul Hernandez Novas. Infine i nuovissimi autori degli anni novanta, che sono quelli che ci interessano più da vicino, riscoprono la trova e la lirica cubana (il Guillermo Tell di Carlos Varela ne è l'esempio più significativo) e attraverso quella radicalizzano i conflitti generazionali. Si torna allo squilibrio e allo sconcerto, cambia la visione del mondo. Il poeta vive ai margini della società e non al suo interno, cerca il rischio e  ama l'avventura, disprezza le regole dei padri. La poesia vive a stretto contatto con la musica, tanto è vero che molti poeti sono anche cantautori (Frank Delgado), cantanti rock (Carlos Varela) o improvvisatori di strofe cantate o repentistas (Alexis Diaz Pimienta). La poesia cubana di fine secolo è lacerata e luminosa ed è lo specchio di una situazione sociale difficile e precaria. I poeti contemporanei mettono sulla carta tutte le incertezze e contraddizioni di una società che cambia e non sa dove è diretta. Una società che a parole si dice ancora comunista mentre nei fatti si apre a forme di capitalismo imperfetto che acuiscono le differenze sociali e gettano la popolazione nello sconcerto.

Il poeta si fa interprete di queste esigenze e offre il suo canto all'analisi di un quotidiano difficile da capire.

Vogliamo cominciare questo nostro viaggio all'interno della poesia cubana degli ultimi anni novanta presentandovi una lirica di Alexis Diaz Pimienta.

 

Le lettere smarrite

 

Per favore, non recuperate le lettere smarrite.

Lasciate la busta accanto al tronco dell'albero,

sotto un'anonima pietra, o a rotolare nei giardini.

Ci sono lettere che si scrivono perché non arrivino,

perché dall'altro lato della voce diffidino di tutto,

perché esista una seconda lettera, esplicita e inutile.

Ciò accade con l'assenso di tutti,

con soprassalti premeditati e complicità.

Sono mesi, anni, di matematica innocenza.

In quelle lettere si confessava tutto,

si annunciavano pericoli che poi la pioggia ha ammorbidito;

in quelle lettere c'erano poscritti che premonivano

sul fatto che sarebbero andate smarrite.

La loro vera destinazione era il silenzio,

le erbacce al bordo dei letti,

le ragnatele sui davanzali,

le nuvole sul volto.

Definitivamente,

dall'altro lato della voce non l'aspettavano.

Lasciatela accanto all'albero,

sotto un'anonima pietra,

a rotolare nella memoria del felice mittente.

 

(traduzione dallo spagnolo di Danilo Manera – da L'isola che canta giovani poeti cubaniFeltrinelli, 1998)

 

Alexis Diaz Pimienta (L'Avana, 1966) è un poeta repentista e lavora al Centro Provinciale della Musica dell'Avana. Ha pubblicato all'estero (soprattutto alle Isole Canarie) molte raccolte di poesie (Cuarto de Mala Musica 1995, En Almeria casi nunca llueve 1996, La sexta cara del dado 1997, Pasajero de transito 1997, Las palmas de Gran Canaria 1997). Ha pubblicato una raccolta di racconti, Los visitantes del sabado, 1994.

In Italia si possono leggere sue poesie nel volume L'isola che canta, Feltrinelli 1997 e racconti in La baia delle gocce notturne, Besa 1996 e Vedi Cuba e poi muori, Feltrinelli, 1997.

 

 
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