Poesia
a ritmo di salsa
Carrellata di giovani poeti cubani
Prima puntata
di Gordiano Lupi
La
poesia cubana prodotta dalla Rivoluzione Castrista non può prescindere
dall'ideologia e dalla storia e si inserisce in un contesto dove “l'arte è
un'arma della Rivoluzione”. Sono parole di Fidel
Castro che si è sempre rivolto agli intellettuali ammonendoli a restare dentro
la rivoluzione, perché al suo interno sarebbe stata permessa ogni libertà (con
i dovuti limiti). E' ovvio che la “poesia delle due sponde”, la poesia cubana
in esilio, ha caratteristiche diverse, generalmente di protesta e polemica nei
confronti del regime comunista. Nell'economia di questo scritto ci occuperemo
soltanto della poesia che si scrive sull'isola (anche se
spesso viene pubblicata soltanto all'estero per svariati problemi, non ultimi
quelli di natura economica).
Dopo il
1959 la poesia si storicizza e si cala nella realtà, rifuggendo da visoni surreali e mitiche. La poesia collabora alla
costruzione dell'uomo comunista ed è al servizio della nuova idea che, almeno
durante i primi vent'anni, è capace di infiammare gli animi.
Non si
può parlare di poesia cubana moderna senza prima fare un breve accenno ai due
grandi nomi che hanno caratterizzato la letteratura dell'isola negli ultimi due
secoli: Josè Martì (1853 – 1895) e Josè Lezama
Lima (1910 – 1976).
Josè Martì è considerato
l'eroe dell'indipendenza, morì combattendo contro i colonizzatori spagnoli e fu
poeta di radice whitmaniana, anticipatore della
poetica modernista (di lui si ricordano soprattutto i Versos
Sencillos del 1891, che contengono anche le
parole della celebre canzone Guantanamera).
Non fu solo poeta, ma anche narratore per l'infanzia (fondò la celebre rivista La Edad de Oro), saggista,
uomo politico e romanziere. Tutta l'educazione della gioventù cubana passa
attraverso l'insegnamento capillare della sua opera.
Lezama Lima ebbe molti discepoli che si radunarono
attorno a lui e alla sua rivista Origines, fu
autore di poesie ermetiche e visionarie
(Muerte de Narciso, 1937) e del
grande romanzo filosofico di matrice proustiana Paradiso
(1966) seguito dall'incompiuto Oppiano Licario
(postumo, 1977). La poesia moderna deve molto a Lezama
Lima e alla
rivista Origines che produsse l'antologia
Diez poetas cubanos (1948).
La prima
poesia post rivoluzionaria la troviamo nell'antologia Poesia Joven de Cuba (1959) ed è un qualcosa di molto moderno.
“La poesia - dicono gli stessi autori nell'introduzione - penetra la vita
quotidiana e si nutre di essa, nutrendola a sua volta.
Deve essere ricca di prosa e dialoghi, ma anche di violenza, effusioni
sentimentali, preoccupazioni sociali e politiche, sgorbiature, impurezze”. Queste parole sono un manifesto che rompe con
la tradizione romantica e inserisce il ruolo del poeta come fondamentale
all'interno di una nuova società da costruire.
Altra
rivista importante è El Caiman
barbudo (fondata nel 1966) che accentua la
poetica conversazionista e colloquiale portandola
alle estreme conseguenze, sino a svilirla e farla morire. El
Caiman ha la sventura di nascere in un periodo
molto buio per la cultura cubana, il cosiddetto quinquennio grigio,
quando il poeta è quasi totalmente asservito alle esigenze della Rivoluzione.
Eccessi di retorica e di nazionalismo caratterizzano il gruppo del Caimano, che
non fu neppure in grado di darsi una propria antologia, ma soltanto un
manifesto intitolato Nos pronunciamos.
I poeti
degli anni settanta, in polemica con questa retorica di regime troppo spinta,
impostano una visione anti colloquiale della poesia.
Questi autori vogliono liberare i versi dalle trappole dei troppi elementi
prosaici e dagli eccessi colloquiali, però finiscono per cadere nell'eccesso
opposto. Ne viene fuori una poesia stucchevole che non ha più alcun legame con
la realtà e rifugge dalle radici sociali. E' il tojosismo
(da tojosa la colomba selvatica delle campagne
cubane), una corrente che si rivolge verso il mondo rurale e vuole riaffermare
i valori nazionali e le bellezze dell'isola. Si recuperano forme strofiche in
disuso come il sonetto e
la decima. Un esempio lo troviamo nell'antologia Nuevos Poetas
curata da Roberto Diaz. Dopo questa caduta verticale, negli anni successivi si
assiste a una graduale ripresa di consistenza del discorso lirico. I poeti
degli anni ottanta propongono un nuovo modo di storicizzare la poesia, pur
senza tornare agli estremi del colloquialismo. Gli
anni novanta si esprimono nell'antologia Cuba: en su lugar
la poesia (1982) Fu un periodo di fioritura poetica senza precedenti capitanato da Raul Hernandez
Novas. Infine i nuovissimi autori degli anni novanta,
che sono quelli che ci interessano più da vicino, riscoprono la trova e
la lirica cubana (il Guillermo Tell di Carlos Varela ne è l'esempio più significativo) e attraverso quella
radicalizzano i conflitti generazionali. Si torna
allo squilibrio e allo sconcerto, cambia la visione del mondo. Il poeta vive ai
margini della società e non al suo interno, cerca il rischio e ama l'avventura,
disprezza le regole dei padri. La poesia vive a
stretto contatto con la musica, tanto è vero che molti poeti sono anche
cantautori (Frank Delgado),
cantanti rock (Carlos Varela)
o improvvisatori di strofe cantate o repentistas
(Alexis Diaz Pimienta). La
poesia cubana di fine secolo è lacerata e luminosa ed è lo specchio di una
situazione sociale difficile e precaria. I poeti contemporanei mettono sulla carta tutte le incertezze e contraddizioni di una
società che cambia e non sa dove è diretta. Una società che a parole si
dice ancora comunista mentre nei fatti si apre a forme
di capitalismo imperfetto che acuiscono le differenze sociali e gettano la
popolazione nello sconcerto.
Il poeta
si fa interprete di queste esigenze e offre il suo canto all'analisi di un
quotidiano difficile da capire.
Vogliamo
cominciare questo nostro viaggio all'interno della poesia cubana degli ultimi
anni novanta presentandovi una lirica di Alexis Diaz Pimienta.
Le lettere smarrite
Per favore, non recuperate le lettere
smarrite.
Lasciate la busta accanto al tronco dell'albero,
sotto un'anonima pietra, o a rotolare nei giardini.
Ci sono lettere che si scrivono perché non
arrivino,
perché dall'altro lato della voce diffidino di tutto,
perché esista una seconda lettera, esplicita e inutile.
Ciò accade con l'assenso di tutti,
con soprassalti premeditati e complicità.
Sono mesi, anni, di matematica innocenza.
In quelle lettere si confessava tutto,
si annunciavano pericoli che poi la pioggia ha ammorbidito;
in quelle lettere c'erano poscritti che premonivano
sul fatto che sarebbero andate smarrite.
La loro vera destinazione era il silenzio,
le erbacce al bordo dei letti,
le ragnatele sui davanzali,
le nuvole sul volto.
Definitivamente,
dall'altro lato della voce non l'aspettavano.
Lasciatela accanto all'albero,
sotto un'anonima pietra,
a rotolare nella memoria del felice mittente.
(traduzione dallo
spagnolo di Danilo Manera – da L'isola che canta giovani
poeti cubani – Feltrinelli, 1998)
Alexis Diaz Pimienta
(L'Avana, 1966) è un poeta repentista e lavora
al Centro Provinciale della Musica dell'Avana. Ha pubblicato all'estero
(soprattutto alle Isole Canarie) molte raccolte di poesie (Cuarto
de Mala Musica 1995, En Almeria casi nunca llueve 1996, La sexta cara del dado 1997, Pasajero
de transito 1997, Las palmas de Gran Canaria 1997). Ha pubblicato una raccolta di racconti, Los
visitantes del sabado,
1994.
In
Italia si possono leggere sue poesie nel volume L'isola che canta, Feltrinelli 1997 e racconti in La baia delle gocce
notturne, Besa 1996 e Vedi Cuba e poi muori,
Feltrinelli, 1997.