Paolo Roversi
Niente baci alla francese
Mursia - Pag. 204 – Euro 14
Paolo Roversi è uno che sa scrivere. Ormai l'ho detto così tante
volte che i miei pochi lettori si saranno stufati di
sentirlo ripetere. Ho già scritto che non amo il giallo, tanto
tanto sopporto il noir se mi ricorda Scerbanenco e i film di Fernando di Leo, ma il giallo non
ce la faccio a leggerlo, mi annoia, penso che ormai sia stato detto tutto e
poi, via, non se ne può più di queste case editrici che pubblicano soltanto
gialli. Non basta, ché come conseguenza nascono come i funghi critici grotteschi
e scrivono che Faletti è un genio, che la nuova
narrativa italiana va cercata in cabaret, mica è più tempo di cassolacalvinopavese,
adesso la letteratura è diversa. Diversa
un par di ciufoli, dico io. La letteratura racconta
la vita, narra la realtà contemporanea, fruga tra le ferite, soffre e fa
soffrire, invita a pensare, fa riflettere sulla storia. La letteratura è utile.
Le boiate no. Ergo Faletti
non è letteratura. È una boiata.
Tutta questa
premessa per dire che Roversi non è Faletti.
Roversi non aspira al best
- seller, non rinnega il suo amore per Bukowski e
nel suo ultimo libro cita pure Scerbanenco e il personaggio
Duca Lamberti. Roversi usa
il romanzo giallo con protagonista Enrico Radeschi,
giornalista freelance e lettore di
manoscritti per una piccola casa editrice, per descrivere la società
contemporanea. Ne viene fuori un ritratto amaro di una Milano corrotta nelle
mani di politicanti che vivono di squallidi traffici
economici e popolata da uomini e donne che hanno perso la loro essenza
di persone. Nel romanzo di Roversi ci sono grandi
descrizioni della vita milanese e della vita parigina, che si alternano a
omicidi di primi cittadini e momenti di vera letteratura. Radeschi alzò il cielo e si stupì. Non si vede mai il cielo a Milano. Non c'è
il cielo a Milano. Stelle men che meno. Tranne quella
notte. Senza illuminazione pareva una città irreale. Un non luogo, lugubre a
sprazzi, puntellato di un lenzuolo di stelle. Buio
pesto in corso Buenos Aires, il Duomo spento, corso
Vercelli una lingua nera d'asfalto, il Pirellone
inghiottito dalle tenebre. Niente luna. Solo rumori, grida e, alle finestre dei
palazzi, rari lumicini tremolanti. la metropoli si era
spenta.
Lo stile
è il punto di forza di Roversi, una scrittura che si
lascia leggere e che cattura, ti impedisce di mollare il
libro prima che tu ne abbia fatte fuori un centinaio di pagine. Resta solo
una domanda. Perché uno scrittore così bravo scrive soltanto gialli? So la risposta.
In Italia non si pubblica altro. Sconfortante. In ogni caso leggete Roversi. Vale la pena.
Gordiano Lupi