Viaggio in V classe, di
Aurelio Zucchi – Prefazione di Pietro Zullino – Edizioni
Il Filo – Pagg. 264 – ISBN 88 - 7842 - 576 -1 - € 14,00
Recensione
di Carmen Lama
Sorprendente
il rumore silenzioso della vita di una classe degli anni '60 tratteggiato con
toni tenui, neppure velati da trasparenze, ma piuttosto messi sotto una lente d'ingrandimento,
dall'autore Aurelio Zucchi. Si riesce a seguire momento per momento quel che
accade, non soltanto sotto gli occhi di tutti, ma anche nell'intimo dei vari
personaggi. Lo scorrere limpido del discorso permette di seguire la trama di
quest'avventura giovanile destando anche quel tanto di curiosità che stimola la
continuazione della lettura, quasi tutta d'un fiato, perché si vorrebbe
comprendere come e quanto sia possibile dire di interessante, a partire da fatti più
che quotidiani e quindi quasi banali, su cui normalmente non ci si darebbe
forse la pena di tornare se non col semplice ricordo frammentato, in relazione
magari a semplici episodi rimasti in mente per qualche particolare strano, o
significativo, o divertente, ecc…
In
questo libro, invece, viene ripercorsa tutta la storia di una classe fino a che
sia giunta al traguardo della cosiddetta “maturità”, in un contesto socio-politico-culturale importante quale
quello del '68, che però appare soltanto sullo sfondo senza essere
neppure tanto sentito sulla pelle da questi giovanotti, i quali amano studiare
per il gusto di sapere e di apprendere, piuttosto che per far piacere a
genitori esigenti o agli stessi insegnanti portati a misurare i loro successi e
insuccessi in relazione ai risultati raggiunti dai loro allievi.
La
classe di cui tratta Aurelio, protagonista principale in quanto anche
narratore, è sui generis. Non è una classe qualunque. Oserei dire che mi
piacerebbe potesse porsi a modello di come dovrebbero essere le classi
scolastiche, non soltanto negli ultimi anni di scuola, ma fin dagli esordi, pur
tenendo conto della possibilità che si possano stabilire legami e rapporti tra
pari, sempre più stretti e soprattutto sempre più fecondi, in relazione alle
specifiche età dei ragazzi.
Fare
una recensione in piena regola di questo libro non è semplice, per l'ovvio
motivo che non si tratta di un romanzo vero e proprio, né di una scrittura che
possa essere assegnata a una qualche precisa categoria letteraria, bensì è
un'analisi - rivisitazione di una realtà vissuta, con tutti i risvolti familiari-comuni-semplici-normali-quotidiani
che possono essere riscontrati in qualsiasi gruppo di giovani amici, anche al
di là di un'appartenenza non scelta come è quella di una classe scolastica.
Eppure, c'è qualcosa di estremamente interessante proprio in questi vissuti
narrati, che non si riferiscono solo al protagonista-autore, bensì anche agli
altri personaggi, così come l'autore stesso li percepisce e a sua volta li vive
e li fa vivere.
Dunque,
anche questo mio tentativo di recensire questo libro sarà sui generis. Sono più
facilmente portata a seguire la trama psicologica e della classe di alunni e
del gruppo docente e dei singoli protagonisti.
Quanto
alla classe, mi pare di scorgere una voglia inconsapevole di farsi valere, di
mostrare l'affinità più che la diversità e la singolarità dei componenti, di
mettere in luce il senso di appartenenza al gruppo in quanto portatore di
vantaggi a tutti e a ciascuno, così come l'affiliazione che è venuta man mano a
imporsi da sé, in un clima che incoraggiava la “gregarietà”
piuttosto che una qualche leadership con annessa subordinazione o, peggio,
competitività. In questo gruppo-classe ha sempre prevalso la reciprocità,
l'aiuto, la solidarietà, l'incoraggiamento e persino l'inclusività
di chi proveniva da un altro gruppo per ripetenza.
Sotto questo profilo, piace pensare, in correlazione, a un
gruppo docenti a sua volta incline a mettere in campo una vera e propria
“vocazione” per l'insegnamento, inteso come “relazione educativa”. Se questo
fosse (e fosse stato nello specifico di questo gruppo docenti)
l'intento educativo, si assisterebbe a una gregarietà
anche degli stessi docenti in vista di uno scopo comune che è quello della
crescita umana, sociale e culturale della classe a cui rivolgono i loro
insegnamenti disciplinari. Dove le discipline si porrebbero, correttamente,
soprattutto come mezzi per apprendere non semplicemente nozioni e concetti, pur
importanti, ma per apprendere ad essere, a pensare, a
fare, a rapportarsi da veri cittadini e uomini consapevoli e responsabili al
mondo in generale e agli altri. Con la consapevolezza, sia per gli alunni che
per i docenti, che l'apprendimento non è solo conseguenza di un buon
insegnamento ma anche e soprattutto conseguenza di un impegno responsabile e di
un coinvolgimento personale pervasivo ed esteso a tutte le aree disciplinari e
a tutti gli aspetti della vita. Quel che si respira, leggendo lo svolgersi
degli avvenimenti scolastici in questa classe, è proprio questa consapevolezza
educativa che si sostanzia dell'essere reciprocamente
responsabili e rispettosi verso i rispettivi e specifici ruoli, sia da
parte degli alunni, sia da parte dei docenti, per raggiungere risultati
soddisfacenti sia in termini di conoscenze (insegnate/apprese), sia di
relazioni e comportamenti. Non si scorge l'idea di un apprendere “per la vita”,
cioè per dopo, bensì, con tutta evidenza si scorge un “vivere al presente” in
un contesto educativo dotato di senso, che prende a cuore ogni emozione forte
riferita al vissuto sia del gruppo classe nel suo insieme, sia di ogni singolo
alunno. C'è un reciproco sentirsi accettati e stimati per quel che si è e per
quel che si può divenire, sia da parte dei ragazzi che dei docenti.
Quanto
ai diversi protagonisti di questa avventura di crescita, ci sarebbe da fare una
sorta di caratterizzazione specifica per ciascuno, ma sarebbe un discorso
troppo lungo, e anche col rischio che diventi ripetitivo e noioso. Mi limiterò,
così, a tratteggiare brevemente alcuni aspetti che si sono in qualche modo
imposti alla mia attenzione, ad iniziare dall'autore.
Ho
percepito chiaramente in Aurelio-ragazzo una forte
sensibilità verso il valore dell'amicizia, che va oltre il senso comune, in
quanto non si limita agli incontri frequenti, alle chiacchierate confidenziali,
alla selezione in base a comuni interessi o a sintonie e reciprocità. Il
giovane Aurelio vive l'amicizia come attenzione all'altro, specialmente se più
debole, più introverso, più timido, ma anche se troppo spavaldo. Sono descritti
momenti di “apertura” di compagni poco in luce, in quanto si sono sentiti
compresi, hanno sentito la vicinanza di Aurelio (ma anche di altri compagni) ai
loro problemi e la sua voglia di esser loro d'aiuto per risolverli. Compagni
troppo spavaldi hanno “tolto la maschera” e si sono rivelati in tutta la loro
fragilità: si sono sentiti “letti dentro”, smascherati, appunto, ma non per
essere umiliati, bensì, ancora una volta, per essere resi più autentici. E
anche tutto il gruppo classe ha avuto la sensibilità necessaria per “includere”
e far sentire parte del gruppo compagni di nuova
acquisizione.
Una
lettura ampia degli aspetti psicologici di alcuni ragazzi descritti in questo
libro, non può prescindere da uno sguardo su “le prime amicizie femminili” e le
prime esperienze sul piano dei sentimenti. Si assiste, in questo caso, a un
consapevole lasciare al margine del gruppo maschile le ragazze, salvo riportare
all'interno del gruppo le confidenze sugli approcci amorosi, per essere
consolati se qualcosa non va, o per essere consigliati nel caso di esperienze
che appaiono poco gratificanti se non addirittura nocive. In particolare, lo
stesso Aurelio si dibatte tra un avvicinarsi e un allontanarsi da una ragazza,
Fabiana, avvincente ma fredda e soprattutto “leggera”. Ed è proprio grazie alla
sensibilità e all'amicizia di un compagno di fine cultura e di profondi
sentimenti, Daniele, che alla fine trova la chiave per risolvere il dilemma del
suo cuore.
Ancora,
il senso e il valore dell'amicizia nel gruppo classe si evidenzia fortemente
nel momento della notizia del probabile imminente trasferimento di Aurelio a
Roma. Ci sono i timori di una perdita, pur accompagnati dalla sensazione che
l'esperienza romana possa essere arricchente per Aurelio. E questi timori sono
i medesimi in tutti, Aurelio compreso, il quale farà di tutto per rimandare il
momento del distacco a dopo il diploma, quando la classe perderà i suoi
connotati e in modo naturale non esisterà più in quanto tale, nel modo concreto
in cui ha avuto la sua vita fino a quel momento. Ma quell'amicizia va tanto
oltre il senso comune, come dicevo prima, che quel gruppo-classe vive ancora
nel libro, grazie ad Aurelio, ma anche e di nuovo in modo concreto, grazie a
quel legame fortissimo stipulato a suo tempo, che fa sì che ancora ogni anno ci
si incontri e ci si racconti…
Secondo
l'angolo visuale da me scelto, il rumore silenzioso della vita di questa
classe, di cui all'esordio della presente analisi, è invasivo. È rumore
esterno, e quindi assordante, quando l'autore ne descrive i fatti più
significativi accaduti, impregnati di vivacità, di dialoghi, di comunicazione
circolare, ma nello stesso tempo è un rumore interiore, perciò silenzioso, ma
più potente, in quanto i fatti sono accompagnati dai vissuti che a loro volta
influenzano i fatti successivi. È un libro da leggere. Lascia solo in chi legge
il rimpianto di non aver vissuto a suo tempo un'esperienza simile e il
rincrescimento per la sporadicità, o forse per l'eccezionalità, di esperienze
simili in altre classi del passato, o attuali, o future.
Ci
sarebbero ancora molte cose da dire, ad esempio riguardo alla sensibilità di
tutti questi ragazzi nei confronti degli aspetti naturalistici e ambientali:
un'affettività rivolta al loro contesto di vita che diventa parte integrante
delle loro personalità e del loro modo di porsi. Ma è bene lasciare ai lettori
la scoperta di questi e di molti altri particolari importanti, che non ho
menzionato per motivi di spazio, ma anche per non svelare tutto e subito.