Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
 

  Letteratura  »  Edgard Allan Poe Il diavolo dentro, di Fabrizio Manini 17/04/2008
 

EDGAR  ALLAN  POE

 

Il diavolo dentro

a cura di Fabrizio Manini

 

 

Edgar Poe (Boston 1809 – Baltimora 1849) è figlio di attori girovaghi, in un'America in perenne fermento, scossa dalle guerre e in cerca di una propria identità istituzionale e sociale. Impara da subito cosa siano realtà e illusione, inscindibilmente unite fra loro a un'infanzia fatta di disagi, ristrettezze, ribellione mai sopita e istinto da gran vagabondo. Perde il padre dopo pochi mesi, la madre a due anni; alcuni giorni dopo il teatro di Richmond dove recitava la compagnia viene distrutto dalle fiamme. La troupe affida il piccolo Edgar alla famiglia Allan, da cui prenderà il secondo cognome in segno di ringraziamento per i genitori adottivi. Il padre non è mai stato gentile con Edgar, al contrario la madre, che non può avere figli, è assolutamente troppo presente, troppo soffocante, troppo permissiva, troppo arrendevole, troppo indulgente, troppo tollerante e pronta a perdonare tutto. Gli Allan sono una famiglia di ricchi commercianti e nel 1815, all'indomani della sconfitta di Napoleone, si trasferiscono in Inghilterra per rilanciare la loro attività seriamente compromessa dalla seconda guerra d'indipendenza americana e dal blocco navale inglese. Qui Edgar viene sballottato fra parenti, scuole, collegi, tutti di ispirazione profondamente religiosa intrisa da un'opprimente mentalità puritana. Tuttavia il giovane rimane favorevolmente colpito dal villaggio di Stoke Newington dove “si levava una folla di alberi giganteschi e nodosi e dove tutte le case apparivano eccessivamente vecchie”. Gli antichi borghi misteriosi, le abitazioni decrepite, le cantine umide, i corridoi oscuri, le foreste impenetrabili, la percezione di presenze non umane sono lo spunto esperienziale che eccita la fantasia di un bambino pauroso. Il gusto del macabro e l'interiorizzazione di questi luoghi costituiscono il punto di partenza a cui bisogna guardare per capire appieno le componenti della sua opera e le ambientazioni gotiche e orrorifiche dei suoi racconti.

Nel 1920 la famiglia Allan torna in America perché gli affari non vanno secondo le loro previsioni. Edgar frequenta la English Classical School ed è l'inizio di una lunghissima serie di infatuazioni ed esaltazioni erotiche che si susseguiranno e si accavalleranno caoticamente e tragicamente per tutta la vita. John Allan iscrive il figlio all'università della Virginia, ma qui Edgar si dà al gioco d'azzardo, all'alcool, all'oppio, al laudano, alle donne e ai duelli. Vuole primeggiare, vuole stupire, vuole dimostrare, cerca ammirazione, prende senza pagare, contrae numerosi debiti, non salda i creditori. Nel 1827 un violentissimo scontro verbale con il padre lo porta ad abbandonare sdegnosamente la casa degli Allan e l'arricchimento del deprecabile mondo borghese. La madre riesce a fargli avere un po' di denaro, ma per qualche anno la vita di Edgar sarà il baratro. In questo periodo pubblica il quaderno Tamerlano e altre poesie scritte da un bostoniano e inizia la stesura del poema Al Aaraaf. Nel 1829 muore la madre adottiva e questo segna un riavvicinamento fra lui e il padre John Allan che gli darà del denaro e alcune lettere di raccomandazione per entrare nell'accademia militare di West Point. Durante l'attesa necessaria per il disbrigo delle pratiche ministeriali va a vivere a Baltimora presso la zia Maria Clemm; qui ritrova il fratello Henry William, perso da piccolo, e conosce la cuginetta Virginia. È uno dei pochi momenti tranquilli della sua breve vita; la sorte gli sorride anche in campo letterario in quanto Al Aaraaf viene favorevolmente recensito dal critico John Neale e pubblicato sulla Gazzetta Letteraria di Boston. La vita dentro l'accademia non è affatto ciò che Edgar credeva e sperava: la mancanza cronica di denaro e la vita dispendiosa che deve condurre per rimanere alla pari dei compagni più ricchi lo costringono a contrarre nuovi debiti che il signor Allan si rifiuta di pagare. Oltretutto quest'ultimo si è risposato ed è finalmente in attesa di un erede legittimo. Non potendo più contare sull'eredità di Allan i rapporti fra i due si interrompono definitivamente. Nel 1831 una serie di intemperanze lo portano a essere espulso con disonore da West Point, ma il giovane Edgar non se ne cura più di tanto e torna a Baltimora dalla zia Clemm dalla quale non si separerà più. La zia è stata probabilmente la figura più importante di tutta la sua vita: riuscirà infatti a dare all'irruento scrittore quell'affetto materno di cui il giovane sente inconsciamente il bisogno e lo aiuterà ad affrontare, e talvolta a superare, le sempre più numerose crisi materiali e spirituali.

Nel 1833 Edgar vince il concorso del Saturday Visiter di Baltimora col racconto Manoscritto trovato in una bottiglia. Il critico Kennedy, membro della giuria, lo prende in simpatia e lo stesso anno lo fa assumere presso il Literary Messenger di Richmond dove il direttore Thomas White lo impiega come redattore. Poe è apparentemente soddisfatto e si dedica al lavoro con impegno, ma dopo pochi mesi in una lettera al Kennedy scrive che “sono in uno stato veramente pietoso, soffro di una depressione mentale come non ne ho mai provate, ho lottato invano contro la malinconia, sono in uno stato miserevole e non so perché”. Poe inizia a bere disinteressandosi del lavoro e per questo White lo licenzia. Dietro intercessione di Kennedy viene assunto di nuovo e questa volta lavorando duro riesce ad incrementare la tiratura del giornale e anche a essere promosso redattore capo. Nel 1836 sposa la cuginetta Virginia, ma l'inizio della costruzione di una famiglia non è la cura per il suo male oscuro. La malinconia e la sensazione di inadeguatezza unite all'abuso di alcool e di stupefacenti lo portano a perdere definitivamente il lavoro di redattore. Vive un po' a New York, dove pubblica il romanzo Le avventure di Arthur Gordon Pym, e un po' a Filafelfia, dove collabora al Gentleman's Magazine che gli pubblica La rovina della casa degli Usher, William Wilson e Morella. Poe, però, continua a sentirsi dilaniato dal dentro, si vede come un incompreso, si percepisce come un perseguitato; non riesce a mantenere un lavoro, i tentativi di risollevarsi falliscono miseramente, la moglie Virginia si ammala di tisi. Poe torna a New York e inaspettata arriva la svolta: l'Evening Mirror il 29 gennaio 1845 pubblica la poesia Il corvo. È il trionfo. Il pubblico rimane sconvolto da quella poesia nera così insolita, così angosciosa, così morbosa. Il successo letterario e quello mondano sono immediati e immensi. Poe relega la moglie Virginia a Fordham in campagna e inizia a viaggiare in lungo e in largo per tutti gli Stati Uniti; non c'è un salotto in cui non sia presente, ma la tragedia incombe. Usa tutti i risparmi per comprare il Broadway Journal di New York, ma è impossibilitato a proseguire le pubblicazioni per cui perde sia la testata sia il denaro investito. Nel 1846 torna a Fordham dalla zia Clemm e dalla moglie Virginia, ma quest'ultima muore l'anno successivo. In memoria della moglie Poe scrive la dolente Ulalume. Lascia nuovamente Fordham e vive altre avventure con altre donne, ma è tutto senza importanza; il ricorso ossessivo all'alcool gli causa una crisi di delirium tremens che lo porta a tentare due volte il suicidio. Pochi mesi prima di morire, nel luglio del 1849, ritrova una sua vecchia fiamma, Elmira Royster vedova Shelton, e insieme decidono di convolare a nozze il 17 ottobre dello stesso anno. Poe vuole che al matrimonio sia presente anche la zia Clemm, per cui il 27 settembre parte alla volta di Fordham per prenderla, ma non ci arriverà mai. Il 3 ottobre viene ritrovato moribondo in Hight Street presso Baltimora; ricoverato in fin di vita al Washington Hospital muore il 7 ottobre e viene sepolto nel piccolo cimitero presbiteriano della città.

 

Poe è senza dubbio il padre della narrativa di genere, del racconto nero, tenebroso, caratterizzato da tinte fosche e tematiche fra il misterioso, il lugubre, l'irrazionale e il soprannaturale. L'opera di Poe comprende settanta racconti, il romanzo Le avventure di Arthur Gordon Pym, circa cinquanta poesie (una su tutte Il corvo), almeno ottocento pagine di articoli critici, un libro di filosofia intitolato Eureka, gli scritti Marginalia e Suggestions che sono pensieri e annotazioni di vario argomento, un abbozzo di dramma intitolato Politian, un manuale di conchigliologia quasi del tutto plagiato.

Poesia, narrativa e critica sono i tre interessi principali che Poe ha coltivato durante la sua tragica vita; sono i tre aspetti della sua arte che si mescolano in un reciproco scambio di temi che rendono la sua opera apparentemente frammentaria e discontinua. Ma è alla narrativa che intendiamo rivolgere maggiormente la nostra attenzione. Con il titolo generico di Racconti straordinari si indicano tutti i racconti che Poe scrisse fra il 1832 e il 1849. Le uniche raccolte curate dall'autore sono i Racconti del grottesco e dell'arabesco del 1840 e i Racconti del 1845, entrambe tradotte in francese da Baudelaire. Nell'edizione postuma, nota col nome di Buckner Library Edition i racconti vengono suddivisi in tre sezioni: Racconti fantastici, Racconti vari, Racconti umoristici.

 

Racconti  fantastici. “La morte trionfava nella sua voce” ha scritto Mallarmé di Edgar Allan Poe; e nei racconti fantastici è proprio la morte con il suo funebre corteo (seppellimenti prematuri, sopravvivenza, vampirismo femminile, passaggio della vita da un essere all'altro) a costituire il tema di fondo.

Curiosità e paura sono gli strumenti di cui l'autore si serve per variare e perfezionare quel tema che nel racconto La maschera della morte rossa (1842) assurge addirittura a simbolo. Per sfuggire alla peste rossa il principe Prospero si è rinchiuso con i suoi amici in un'abbazia fortificata. L'allegra brigata passa il tempo tra feste e balli mascherati, ma durante l'orgia più fastosa un ospite sconosciuto circola nelle sale in abbigliamento di pessimo gusto. La sua maschera rappresenta il volto di un morto e l'ampio sudario che gli fa da mantello è macchiato di sangue. Prospero dà ordine di arrestarlo, ma poiché nessuno osa obbedirgli si lancia egli stesso all'inseguimento dell'intruso brandendo un pugnale. Ma quando sta per essere colpito lo sconosciuto si volta a guardarlo fisso e il principe Prospero cade a terra fulminato. A quel punto gli ospiti si gettano furiosamente sull'intruso e gli strappano maschera e sudario. Fra il terrore generale si accorgono che sotto non c'è niente. È la Morte Rossa.

Nella serie di racconti che portano per titolo nomi di donna il problema della morte appare sotto vari aspetti: ad esempio il passaggio della vita da una persona all'altra in Morella (1835), in cui una sposa mal amata dal marito rivive nella figlia che dà alla luce morendo, e in Ligea (1838); la bella Ligea dai capelli corvini muore dopo un'estenuante lotta contro la morte. Alcuni anni dopo il marito sposa la bionda Lady Rowena di Tremaine, ma il ricordo di Ligea è sempre in fondo al suo cuore ed egli non riesce ad amare la bionda consorte. Ben presto anche Rowena si ammala. Una sera, nei sogni che gli procura l'oppio, l'uomo vede una mano nascere dal nulla e versare nel bicchiere di Rowena un misterioso liquido. La donna ne beve e muore immediatamente, ma nel cuore della notte avviene un evento straordinario: la morta si alza e cammina; sembra molto più alta e in effetti lo è; quando si toglie dalla testa il sudario non sono i biondi capelli di Rowena che appaiono all'uomo, ma quelli neri di Ligea. Sotterramento prematuro e feticismo costituiscono invece il tema di Berenice (1835). Egeo è ossessionato dai denti della cugina Berenice, sua promessa sposa. Quando quest'ultima muore per un attacco di epilessia viene sepolta nei sotterranei del castello. Egeo, in preda al sonnambulismo, va a dissotterrarla e le strappa “i trentadue minuscoli e bellissimi oggetti bianchi”. Solo più tardi si scoprirà che Berenice non era morta, ma era caduta in catalessi.

Lo stesso tema si ritrova ne La rovina della casa degli Usher (1839). Roderick e sua sorella Madeline, ultimi discendenti della famiglia degli Usher, vivono nella villa in rovina ereditata dagli antenati, in una campagna da incubo isolata e nebbiosa, ai bordi di uno stagno nero e sempre immobile. Roderick è nevrotico e paranoico, sente con chiarezza lancinante anche i più piccoli rumori; Madeline soffre spesso di catalessi. Alla sua presunta morte la fanciulla viene sepolta nei sotterranei della villa. Una notte, durante una tempesta indicibile, un amico di Roderick, chiamato da quest'ultimo a fargli compagnia, sta leggendo un libro ad alta voce. All'improvviso dal sotterraneo sale un rumore spaventoso accompagnato da grida agghiaccianti. Si spalanca la porta della stanza e appare Madeline “avvolta nel sudario; i suoi candidi panni apparivano insanguinati e su tutta la sua persona si scorgevano le tracce manifeste di una terribile lotta”. La fanciulla avanza vacillando e si abbatte sul fratello; i due cadono a terra morti. L'ospite fugge in preda al terrore appena in tempo perché la casa, strettamente legata da misteriosi vincoli alla dinastia degli Usher e alla vita dei suoi occupanti, crolla e viene inghiottita dalle nere acque dello stagno.

Il racconto William Wilson (1840) è eminentemente autobiografico. Un giovane malvagio viene perseguitato per tutta la vita da un sosia buono che non è altri che la sua coscienza. Esasperato da questa persecuzione William Wilson cattivo uccide in duello William Wilson buono. Il morente, poco prima di soccombere, mormore queste parole: “Tu hai vinto e io muoio, ma d'ora in poi anche tu sei morto… nella mia morte vedi, per mezzo di questa immagine che è la tua propria, come hai completamente assassinato te stesso”.

Il gatto nero (1843) è il racconto che più colpì la fervida fantasia di Baudelaire e dei letterati francesi. Per inciso il locale di cabaret che sarà aperto da Rodolphe Salis a Montmartre nel 1881 si chiamerà infatti “Le chat noir”. La narrazione inizia con un uomo perseguitato da un gatto nero; l'uomo amava follemente quel gatto, ma durante una sbronza lo ha accecato. Non riuscendo più a sopportare l'odio dell'animale l'uomo lo impicca. Ma poi si pente del suo gesto e, incontrato per strada un altro gatto nero come il primo e come lui senza un occhio, lo prende con sé e lo porta a casa. Ma anche questo gatto prova per lui un odio istintivo. Un giorno l'uomo scende in cantina con il gatto e con la moglie, ma il gatto lo fa cadere. L'uomo, preso da furia omicida, tenta di colpirlo con una scure, ma è la moglie, intervenuta per difendere la bestiola, a ricevere il fendente. L'uomo mura il cadavere della donna in cantina e corre a cercare il gatto per ucciderlo., ma non lo trova da nessuna parte. Passano alcuni giorni e la polizia si presenta a casa dell'uomo in cerca della donna scomparsa. L'uomo è tanto sicuro di sé da schernire gli agenti chiedendo loro perché non abbattono quel solidissimo muro della cantina e picchia con i pugni sulla parete appena eretta. Immediatamente si leva un orribile gemito. Gli agenti demoliscono il muro e scoprono il cadavere; sulla sua testa c'è il terribile gatto.

Uno dei racconti più noti di Poe è Il pozzo e il pendolo (1842) dove si narra le terribili torture fisiche e morali di un detenuto dell'Inquisizione spagnola salvato in extremis dall'ar­rivo delle truppe francesi. Seguono poi Lo scarabeo d'oro (1843) che racconta della scoperta di un tesoro grazie alla deci­frazione di una complicata mappa trovata sulla spiag­gia. Il Manoscritto trovato in una bottiglia (1833) è la storia di un naufragio, il racconto che fece vincere a Poe i cinquanta dollari del premio del Saturday Visiter. Metzengerstein (1832) presenta il caso di reincarnazione di un antico cavaliere nel suo cavallo dipinto su una tap­pezzeria della casa del di­scendente del suo uccisore; il diabolico cavallo trascinerà nelle fiamme del ca­stello il vizioso Metzenger­stein.

Completano i Raccon­ti Fantastici: Eleonora (1841), Il demone della perversità (1845), Il barile di Amontillado (1846), Rivelazione mesmerica (1844), La verità sul caso Valdemar (1845), Una discesa nel Maelström (1841), L'appuntamento (1834 e 1845), Il cuore rivelatore (1843), Una storia delle Ragged Mountains (1844), La cassa oblun­ga (1844), L'uomo della folla (1840), Re Peste (1835) e Il ritratto ovale (1842).

 

Racconti  vari. In questa categoria hanno grande importanza storica quelli a carattere poliziesco che successivamente sfoceranno, a opera di altri autori come Doyle (Sherlock Holmes), Wright (Philo Vance), Chesterton (Padre Brown), Agatha Christie (Hercule Poirot), Biggers (Charlie Chan), Chandler (Philip Marlowe), Gardner (Perry Mason), Stout (Nero Wolfe), Simenon (Jules Maigret), nel romanzo investigativo. Da parte sua Poe è il precursore di tutti questi scrittori, essendo stato il primo ad aver inventato la figura del detective, nel suo caso il cavaliere Auguste Dupin.

Nel racconto Gli assas­sinii della Rue Morgue (1841), il brillante investigatore-pen­satore Dupin, risolve il caso di due donne trovate barbaramente massacrate in una stanza chiusa dall'interno. Le indagini della polizia segnano il passo, ma per fortuna interviene Dupin che rileva un fatto apparentemente insignificante, e cioè che il delitto è troppo feroce per poter essere stato commesso da un essere umano. A questo si accompagnano altri indizi insoliti, come la forza straordinaria dell'assassino, i peli ritrovati nella mano di una delle vittime, i versi incomprensibili che i vicini hanno sentito durante l'aggressione. Per chiarire il caso Dupin fa pubblicare su un giornale un annuncio: “Trovato al Bois de Boulogne un orangutang fulvo, il proprietario può riaverlo rivolgendosi a Dupin”. Qui scatta la trappola. Il proprietario della bestia è un marinaio maltese che si presenta all'indirizzo indicato; il finto arresto di un innocente è lo stratagemma del cavaliere per forzare la mano al colpevole. Il marinaio non può che confessare, di fronte alle incalzanti contestazioni dell'investigatore, che l'orribile delitto è stato commesso proprio dal suo orangutang.

Il mi­stero di Marie Roget (1842) è la trasposizione a Parigi di un caso realmente avve­nuto a New York: l'assassi­nio di una giovane donna di nome Mary Rogers che la polizia non riusci mai a chiarire. Dupin, riflettendo sulle testimonianze riporta­te dai giornali, trova la soluzione. Il racconto è una sorta di lungo saggio che rappresenta un noioso quanto abile esercizio di ragionamento.

La lettera rubata (1845) è il miglior racconto polizie­sco di Poe. Una lettera com­promettente è stata rubata a una dama della famiglia rea­le da un ministro intrigante. La casa del ministro è sta­ta perquisita più che accu­ratamente, ma della lette­ra nessuna traccia. Il pre­fetto, disperato, ricorre all'aiuto di Dupin. L'investigatore si re­ca in visita dal ministro e, approfittando della mmomentanea disattenzione dell'ospite attirato alla finestra da uno sparo che è rimbom­bato in strada (trucco precedentemente organizzato dallo stesso Dupin), im­padronisce della lettera che era ben in vista in un portalettere appeso sopra il caminetto.

Anche Sei stato tu (1844) può essere in parte considera­to un racconto polizesco, anzi, il capostipite del giallo umoristico; il “vecchio Carletto”, simpatico e gio­viale amicone di tutti, ha ucciso il signor Shuttleworthy per sottrargli un'ingente somma di denaro. Per sviare le indagini, ha costruito una sfilza di prove contro il nipote dell'ucciso, che viene arrestato e con­dannato a morte. Ma davanti al cadavere della sua vitti­ma che gli viene recapitato in una cassa di vino duran­te un festoso pranzo, Carletto confessa la sua colpa e muore di terrore.

Seguono poi: Quattro bestie in una (1836), Il seppellimento trop­po affrettato (1844), La sfin­ge (1846), Il dominio di Arnheim (1847), La villa di Landor e Hop Frog (1849), Il giocatore di scacchi di Mælzel (1836), nel quale Poe dà una spiegazione razionale del celebre automa che gioca a scacchi.

 

Racconti  umoristici. II New York Sun del 13 apri­le 1844 pubblicò in prima pa­gina la sbalorditiva notizia che Monck Mason aveva attraversato in tre giorni l'Atlantico sul dirigibile Victoria. La gente fece a pu­gni per riuscire a conqui­stare una copia del giorna­le, poi assediò a lungo la redazione per avere ulterio­ri notizie. Ma era tutto fal­so, una clamorosa monta­tura giornalistica passata alla storia sotto il nome di La frottola del pallone. L'autore del brillante scherzo era Edgar Allan Poe, che segnava in modo tanto originale il suo ritorno a New York.

Uno dei più noti Racconti umoristici è senza dubbio L'impareggiabile avventura di un cer­to Hans Pfaall (1835). Il personaggio del titolo, un ex accomoda­tore di soffietti, è misterio­samente scomparso da Rotterdam. Ricompare dopo al­cuni anni, piovendo lette­ralmente dal cielo a bordo di un pallone di sua costru­zione, getta ai piedi del bor­gomastro della citta una let­tera in cui fa un resoconto accurato della sua “impa­reggiabile avventura” (il viaggio sulla luna) e poi ri­sale nuovamente in cielo. In cambio di quella relazio­ne di grande valore scienti­fico chiede il condono dei delitti che ha commesso pri­ma di lasciare Rotterdam nelle persone dei suoi fero­ci e implacabili creditori. Ma non ritornerà mai a pren­dere la risposta.

Non scom­mettete la testa col diavolo (1841) ha ispirato a Fellini il suo episodio del filmTre passi nel delirio'. Dammit è uno scommettitore in­veterato. Non passa giorno senza che provochi gli ami­ci con i suoi “scommetto”. “Scommetto la testa col diavolo” urla un giorno al­l'amico che mette in dubbio la sua capacità di saltare un cancetto girevole che impedisce l'ingresso a un ponte. Uno strano vecchietto zoppo, rintanato nell'oscu­rità di un angolo, si affret­ta ad accettare la scommes­sa. Dammit spicca uno splendido balzo, si libra in aria ben oltre l'ostacolo, ma ricade violentemente all'indietro. Il vecchietto si china su di lui, raccoglie frettolosamente qualcosa e fugge via. Quando l'amico-narratore arriva vicino a Dammit, si accorge che lo scommettitore è senza te­sta: gliela ha tranciata di netto un'invisibile sbarra di ferro, affilata dal tempo, infissa a mezza altezza; e il vecchietto-diavolo se ne è andato con la sua posta.

Negli altri racconti c'è mag­gior spazio per l'umorismo (sempre piuttosto macabro) di Poe: ad esempio Il diavolo nel campanile (1839), e soprattutto Il sistema del dottor Catrame e del dottor Piu­ma (1845) che descrive un manicomio in cui le parti sono invertite: sono i matti a fare da medici e i medici a far da pa­zienti.

Altri racconti sono: Il duca de l'Omelette, Storiella Gerosolimitana, Bon Bon e Perdita di fiato (1832); Celebrità (1837), Come scrivere un articolo alla Blackwood (1838) e Un caso imbarazzante (1838), L'uomo finito (1839), Perche il francesino porta il braccio al collo (1840) e L'uomo d'affari (1840), Tre domeniche in una settimana (1841), La truffa considerata come una delle scienze esatte (1843), L'angelo del bizzarro (1844) e Gli occhiali ovvero l'amore a prima vista (1844), Quattro chiacchiere con una mummia (1845), Il 1002° racconto di Sheherazade (1845), Vita letteraria di Thingum Bob (1845), Von Kempelen e la sua scoperta (1849), X-atura d'un articolo (1849), Mellonta Tauta (1849), Mistificazione (1837).

 

 

 

 

Riferimenti: AA.VV., I Giganti 22, Edgar A. Poe, Mondadori.

 

 
©2006 ArteInsieme, « 013952095 »