L'UCRONIA
O LA FANTAPOLITICA
di Carlo Bordoni
L'ucronia
è il mondo del “se”: se le cose fossero andate diversamente, se questo evento
si fosse verificato, se fosse stata presa una decisione diversa… A quali conseguente avrebbe portato, cosa sarebbe cambiato
della nostra vita? Soprattutto: cosa sarebbe cambiato nella storia? Il fascino
di un mondo sottilmente diverso da quello reale, ma
possibile, terribilmente possibile, se solo si fosse verificato “quel” piccolo
scarto iniziale che ha fatto la differenza, è alla base di molta narrativa
attuale. Ucronia (dal greco, “in nessun
tempo”) si differenzia da utopia, l'immaginazione di un luogo e di un
tempo in cui si realizzano i sogni di perfezione dell'uomo, ma soprattutto si differenzia
da distopia, l'utopia alla rovescia, dove ad essere immaginato è un
futuro in cui si realizzano i peggiori timori dell'uomo. La più nota distopia,
infatti, è rappresentata da 1984 di Orwell, dove le libertà umane sono
cancellate da un totalitarismo violento e perverso, l'occhio indiscreto del “Grande Fratello” perseguita ogni individuo nella vita
privata, fino a indagare nel suo pensiero.
A differenza della distopia,
l'ucronia ha un contenuto persino ottimistico:
il fascino di un mondo possibile lascia intravedere altre possibilità che
invece la cruda realtà porterebbe a precludere. Ma, soprattutto, l'ucronia è più vicina a noi – è la forma di
fantascienza più vicina all'oggi – al punto da confondersi con una realtà
parallela. Il romanzo ucronico è forse la forma più
avanzata della fantascienza, quella più adatta al nostro tempo; l'evoluzione
stessa della narrativa contemporanea.
La sua origine è
recente: si può far risalire al testo cult di Philip K. Dick, La
svastica sul sole (1962, riedito da Fanucci nel
2005), dove è preconizzato un dopoguerra sotto la dominazione nazista. Autori
come Kim Stanley Robinson (Gli anni del riso e del sale, Newton
Compton, 2007), Sophia McDougall
(Romanitas, Newton Compton, 2005), assieme
agli italiani Mario Farneti
(Nuovo impero d'Occidente, Tea, 2006), Giampietro Stocco (Nero
italiano, Frilli, 2003; Dea del caos, Frilli, 2005), Massimo Mongai (Il
fascio sulle stelle, Robin, 2005), Francesco Dessolis
(Ingannare il tempo, Il Melograno, 2007), Pierfrancesco Prosperi (La
moschea di San Marco, Bietti, 2007) e Gianfranco
de Turris, curatore dell'antologia Se l'Italia
(Vallecchi, 2005), raccontano gli incubi di un mondo
possibile, che si nasconde sotto i fragili equilibri esistenziali e politici
del presente.
Spesso i temi più frequentati sono proprio quelli
legati al recente passato (il nazismo in Dick, il fascismo in Stocco,
l'integralismo islamico in Prosperi), proprio perché si prestano meglio a
dipingere con altre sfumature le problematiche del presente. Lo ammetto: non
sono riuscito a sottrarmi al fascino dell'ucronia.
Dopo Istanbul Bound, dove raccontavo la storia
di un'isola che non c'è, in cui si frantumano i sogni di un adolescente al suo
primo imbarco alla fine degli anni Trenta, ho scritto un romanzo ucronico: Il cuoco di Mussolini, dove il giovane
protagonista, un sedicenne, incontra Mussolini nell'agosto del '44 nella
campagna lucchese, a ridosso della Linea gotica. Un fatto storicamente mai
avvenuto, ma “possibile”, con tutte le conseguenze che il caso avrebbe potuto
generare. In fondo, tutta la letteratura fantastica contiene qualcosa di “ucronico”, di ciò che non c'è in realtà, ma potrebbe
esserci stato. È la forza della fantasia, capace di creare dal nulla, da
un'ipotesi completamente astratta.