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  Letteratura  »  L'ucronia o la fantapolitica, di Carlo Bordoni 01/05/2008
 

           L'UCRONIA O LA FANTAPOLITICA

                     di Carlo Bordoni

 

L'ucronia è il mondo del “se”: se le cose fossero andate diversamente, se questo evento si fosse verificato, se fosse stata presa una decisione diversa… A quali conseguente avrebbe portato, cosa sarebbe cambiato della nostra vita? Soprattutto: cosa sarebbe cambiato nella storia? Il fascino di un mondo sottilmente diverso da quello reale, ma possibile, terribilmente possibile, se solo si fosse verificato “quel” piccolo scarto iniziale che ha fatto la differenza, è alla base di molta narrativa attuale. Ucronia (dal greco, “in nessun tempo”) si differenzia da utopia, l'immaginazione di un luogo e di un tempo in cui si realizzano i sogni di perfezione dell'uomo, ma soprattutto si differenzia da distopia, l'utopia alla rovescia, dove ad essere immaginato è un futuro in cui si realizzano i peggiori timori dell'uomo. La più nota distopia, infatti, è rappresentata da 1984 di Orwell, dove le libertà umane sono cancellate da un totalitarismo violento e perverso, l'occhio indiscreto del “Grande Fratello” perseguita ogni individuo nella vita privata, fino a indagare nel suo pensiero.

A differenza della distopia, l'ucronia ha un contenuto persino ottimistico: il fascino di un mondo possibile lascia intravedere altre possibilità che invece la cruda realtà porterebbe a precludere. Ma, soprattutto, l'ucronia è più vicina a noi – è la forma di fantascienza più vicina all'oggi – al punto da confondersi con una realtà parallela. Il romanzo ucronico è forse la forma più avanzata della fantascienza, quella più adatta al nostro tempo; l'evoluzione stessa della narrativa contemporanea.

La sua origine è recente: si può far risalire al testo cult di Philip K. Dick, La svastica sul sole (1962, riedito da Fanucci nel 2005), dove è preconizzato un dopoguerra sotto la dominazione nazista. Autori come Kim Stanley Robin­son (Gli anni del riso e del sale, Newton Compton, 2007), Sophia McDougall (Romanitas, Newton Compton, 2005), assieme agli italiani Mario Farneti (Nuovo impero d'Occidente, Tea, 2006), Giampietro Stocco (Nero italiano, Frilli, 2003; Dea del caos, Frilli, 2005), Massimo Mongai (Il fascio sulle stelle, Robin, 2005), Francesco Dessolis (Ingannare il tempo, Il Melograno, 2007), Pierfrancesco Prosperi (La moschea di San Marco, Bietti, 2007) e Gianfranco de Turris, curatore dell'antologia Se l'Italia (Vallecchi, 2005), raccontano gli incubi di un mondo possi­bile, che si nasconde sotto i fragili equilibri esistenziali e politici del pre­sente.

Spesso i temi più frequentati sono proprio quelli legati al recente passato (il nazismo in Dick, il fascismo in Stocco, l'integralismo islamico in Prosperi), proprio perché si prestano meglio a dipingere con altre sfumature le problematiche del presente. Lo ammetto: non sono riuscito a sottrarmi al fascino dell'ucronia. Dopo Istanbul Bound, dove raccontavo la storia di un'isola che non c'è, in cui si frantumano i sogni di un adolescente al suo primo imbarco alla fine degli anni Trenta, ho scritto un romanzo ucronico: Il cuoco di Mussolini, dove il giovane protagonista, un sedicenne, incontra Mussolini nell'agosto del '44 nella campagna lucchese, a ridosso della Linea gotica. Un fatto storicamente mai avvenuto, ma “possibile”, con tutte le conseguenze che il caso avrebbe potuto generare. In fondo, tutta la letteratura fantastica contiene qualcosa di “ucronico”, di ciò che non c'è in realtà, ma potrebbe esserci stato. È la forza della fantasia, capace di creare dal nulla, da un'ipotesi completamente astratta.

 

 
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