Heberto Padilla, un poeta contro il
regime
1. Note
biografiche sintetiche
Heberto Padilla è uno dei poeti
contemporanei più importanti in lingua castigliana. Nato a Puerta
del Golpe, Pinar del Río,
Cuba, nel 1932, trascorre la giovinezza nella sua provincia natale,
dove compie gli studi secondari, si laurea in giornalismo all'Avana, insegna
lingue e letterature in alcune università straniere. Conosce, scrive e parla
francese, inglese, tedesco, russo, italiano e greco. Lavora come professore di
inglese e commentatore radiofonico a Miami (1956-1959). Si trasferisce a New
York per lavorare come traduttore delle Escuelas Berlitz. A richiesta dei suoi amici intellettuali, ritorna
a Cuba in questo stesso anno. Corrispondente di Prensa Latina a Londra e del periodico Pravda di Mosca. Collabora
all'organo ufficiale della UNEAC e alla rivista Unión. Dirige
CUBARTIMPEX, organismo incaricato di selezionare libri stranieri, e lavora per
il Departamento de Extensión
de la Universidad de La Habana. All'interno della Rivoluzione Cubana occupa
importanti incarichi direttivi, soprattutto nell'area delle relazioni
diplomatiche e intrattiene contatti con numerosi intellettuali del mondo. A
partire dal 1966 comincia a commentare problemi politici su Juventud Rebelde, il giornale ufficiale della
gioventù comunista. Nel 1967 si trova al centro di una polemica ideologica a
causa del suo libro Fuera del juego. Nonostante tutto, nel
1968, quel volume ottiene il Premio Nacional de Poesía de la Unión de
Escritores y Artistas de Cuba Julián del
Casal. La premiazione segna l'inizio delle difficoltà di Padilla, perché il comitato direttivo della
UNEAC considera Fuera del juego, un
libro critico e polemico, “controrivoluzionario” e ne condanna il “contenuto
ideologico”. Fuera del juego viene pubblicato preceduto da due dichiarazioni:
quella di Padilla che si proclama fedele alla linea
rivoluzionaria e quella dell'UNEAC che lo critica. La successiva lettura del
nuovo libro di poesie, Provocaciones,
davanti alla UNEAC, il 20 marzo del 1971, produce una
ridicola autocritica imposta e la successiva detenzione dello scrittore.
Nella
primavera del 1971 il mondo conosce il Caso
Padilla, una grande farsa montata dalle autorità
culturali cubane che ricorda i processi sovietici, durante i quali gli
intellettuali di prestigio, principalmente poeti e scrittori, venivano
costretti a ritrattare le loro opere in una sorta di autocritica pubblica.
Questo processo tocca a Heberto Padilla
e a sua moglie Belkis Cuza Malé, entrambi scrittori di riconosciuta grandezza, con
opere premiate e un vasto curriculum nel mondo delle lettere. I due
intellettuali sono obbligati a ripetere un copione preventivamente concordato e
orchestrato dalla Sicurezza di Stato. Nella così detta autocritica Heberto si dichiara colpevole di essere un controrivoluzionario e di aver commesso
una serie di crimini politici. Nella confessione coinvolge - come concordato -
sua moglie Belkis Cuza, che
subito dopo viene incarcerata insieme a lui. Tutti gli intellettuali del mondo,
soprattutto di sinistra, comprendono che si tratta di un processo stalinista,
reagiscono inviando lettere a Fidel Castro facendo pressione perché Heberto e sua moglie vengano liberati. A protestare non
sono “intellettuali da salotto preoccupati solo di brillare e distinguersi in
una società decadente”, come li definisce Castro. Gli intellettuali che
protestano sono nomi importanti della cultura internazionale. Il Caso Padilla è
la prima ferita aperta della Rivoluzione Cubana e la prima vera crisi
attraversata dal “paradiso comunista”.
L'autocritica
di Padilla si tiene nel salone della
UNEAC, il 27 aprile 1971, dove Fidel Castro tre giorni dopo convoca il
Primo Congresso Nazionale di Educazione e Cultura. Fidel Castro dice, riferendosi
al libro Fuera del juego: “Per motivi di principio ci sono alcuni libri
dei quali non va pubblicato né un esemplare, né un capitolo, né una pagina”.
Questa dichiarazione evidenzia a chiare lettere - se mai ce ne fosse bisogno -
il carattere totalitario del suo regime e ancora oggi produce scandalo tra gli
intellettuali democratici. Nello stesso congresso vengono dettate ridicole
norme su come devono vestirsi i giovani cubani, prediligendo l'uso della guayabera come
“capo di abbigliamento tipico della identità
nazionale”, ma persino la musica che deve essere ascoltata alla radio. Viene
proibita in maniera ufficiale e radicale tutta la musica che può essere
considerata deviazionismo ideologico, soprattutto il rock. Viene
fustigata l'omosessualità come figura delittuosa e si arriva oltre dicendo: “un omosessuale sarà portato davanti alle autorità e
processato legalmente soltanto per la pubblica ostentazione della sua
condizione”.
Heberto Padilla viene demolito
dai membri dell'UNEAC (Nicolas Guillén in testa) che
seguono alla lettera le indicazioni di Fidel Castro che lo definisce “un uomo
ambizioso, iscritto al cenacolo dei poeti e degli intellettuali da salotto con
il solo interesse di elevarsi in una società decadente”. Non tutti gli uomini
di cultura cubani si schierano dalla parte di Castro, soprattutto alcuni
giovani intellettuali della zona di Santiago, dichiaratamente ribelli e
controcorrente, difendono l'opera di Padilla. Le opinioni internazionali sul Caso Padilla
si dividono. Da un lato c'è la maggioranza che considera l'autocritica come una
vera e propria farsa, una specie di operetta velenosa concepita, guidata e
condotta dalla Sicurezza di Stato. Dall'altro lato ci sono gli intellettuali
allineati e disciplinati che definiscono l'autocritica genuina, considerano Heberto e Belkis alla stregua di
agenti della Cia che consegnano le armi al nemico e contribuiscono al deviazionismo ideologico tra gli intellettuali e la classe politica.
Padilla viene incarcerato insieme alla sua sposa, la poetessa
e scrittrice Belkis Cuza Malé, accusati entrambi dal Dipartimento di Sicurezza dello
Stato di “attività sovversive”. La sua carcerazione provoca una rottura tra gli
intellettuali della sinistra mondiale e la Cuba castrista. Ci sono proteste e
pressioni da parte di intellettuali come Jean-Paul
Sarte, Carlos Fuente e Mario Vargas
Llosa. Padilla chiede a
Castro il permesso di lasciare il paese, ma gli viene negato. È soltanto grazie
alla pressione di Sartre, Simone de Beauvoir, Alberto
Moravia, Mario Vargas Llosa,
che, nel 1980, Padilla viene liberato e autorizzato a
lasciare il paese. In questo stesso anno conclude il romanzo En mi jardín pastan los
heroes, che viene tradotto in sette lingue,
persino in italiano (Nel mio giardino
pascolano gli eroi, Mondadori - purtroppo fuori catalogo). Nel settembre
del 2000, Padilla muore negli Stati Uniti, in una
stanza di hotel dell'Alabama,
per un infarto cardiaco.
Bibliografia
– Il suo più importante libro di poesia è Fuera del Juego
(premio «Julián del Casal», concorso UNEAC, 1968), ma
vanno citati anche i precedenti: Las rosas audaces (1949) e El justo tiempo humano (1962) e i
successivi: Provocaciones
(1973), El hombre junto al mar (1981), Un puente, una casa de piedra (1998). Padilla scrive anche due romanzi come El buscavidas (1963) e En mi jardín pastan los
héroes, (1986) e un saggio autobiografico come La mala memoria (1989). Di Heberto Padilla niente risulta
edito in italiano, a parte un'esaurita (e ormai fuori catalogo) edizione
Mondadori de Nel mio giardino pascolano gli eroi. Che peccato!
ANTOLOGIA
POETICA
Per Heberto Padilla (1932-2000), “la
poesia deve essere, prima di tutto, comunicazione”. Il suo libro Fuera del juego
(1968) non ottiene l'approvazione del governo castrista e diventa il simbolo dei
limiti della libertà di espressione del regime. Queste poche poesie - che
traduco personalmente in italiano - sono tratte dal suo capolavoro Fuera del juego (1968).
EL ÚNICO POEMA
Entre la realidad y el imposible
se bambolea el único poema. Retenlo
con las manos, o con las uñas, o con los ojos
(si es que puedes) o la respiración ansiosa.
Dótalo, con paciencia, de tu amor
(que él vive sólo entre las cosas).
Dale rechazos que vencer
y otra exigencia
mucho mayor que un límite,
que un goce.
Que te descubra diestro, porque es ágil;
con los oídos alertas, porque es sordo;
con los ojos muy abiertos, porque es ciego.
L'UNICO POEMA
Tra la
realtà e l'impossibile
oscilla l'unico poema. Trattienilo
con le mani, o con le unghie, o con gli occhi
(se puoi farlo) o la respirazione ansiosa.
Dotalo,
con pazienza, del tuo amore
(che lui
vive solo tra le cose).
Dagli rifiuti da vincere
e altre esigenze
molto più grandi di un limite,
che un piacere.
Che ti
scopra abile, perché è agile:
con le orecchie aperte, perché è sordo;
con gli occhi molto aperti, perché è cieco.
(Traduzione
di Gordiano Lupi)
POÉTICA
Di la verdad.
Di, al menos, tu verdad.
Y después
deja que cualquier cosa ocurra:
que te rompan la página querida,
que te tumben a pedradas la puerta,
que la gente
se amontone delante de tu cuerpo
como si fueras
un prodigio o un muerto
POETICA
Dì la
verità
Dì,
almeno, la tua verità.
E poi
lascia che succeda qualsiasi cosa:
che ti strappino la pagina preferita,
che ti abbattano la porta a colpi di pietra,
che la gente
si accalchi davanti al tuo corpo
come se tu fossi
un prodigio o un morto
(Traduzione di Gordiano Lupi)
LOS POETAS CUBANOS YA NO SUEÑAN
Los poetas cubanos ya no sueñan
(ni siquiera en la noche).
Van a cerrar la puerta para escribir a solas
cuando cruje, de pronto, la madera;
el viento los empuja al garete;
unas manos los cogen por los hombros,
los voltean,
los ponen frente a frente a otras caras
(hundidas en pantanos, ardiendo en el napalm)
y el mundo encima de sus bocas fluye
y está obligado el ojo a ver, a ver, a ver.
I
POETI CUBANI NON SOGNANO PIÚ
I poeti cubani non sognano più
(neppure di notte)
Vanno a chiudere la porta per scrivere in
solitudine
quando scricchiola, all'improvviso,
il legno:
il vento li spinge alla deriva;
alcune mani li prendono per le
spalle,
li rovesciano,
li mettono di fronte ad altre facce
(affondate nei pantani, bruciando nel napalm)
e il mondo sopra le loro bocche
scorre
e l'occhio è obbligato a vedere, a vedere, a vedere.
(Traduzione di Gordiano Lupi)
NO
FUE UN POETA DEL PORVENIR
Dirás un día:
él no tuvo visiones que puedan añadirse a la posteridad.
No poseyó el talento de un profeta.
No encontró esfinges que interrogar
ni hechiceras que leyeran en la mano de su muchacha
el terror con que oían
las noticias y los partes de guerra.
Definitivamente él no fue un poeta del porvenir.
Habló mucho de los tiempos difíciles
y analizó las ruinas,
pero no fue capaz de apuntalarlas.
Siempre anduvo con ceniza en los hombros.
No develó ni siquiera un misterio.
No fue la primera ni la última figura de un cuadrivio.
Octavio Paz ya nunca se ocupará de él.
No será ni un ejemplo de los ensayos de Retamar.
Ni Alomá ni Rodríguez Rivera
ni Wichy el pelirrojo
se ocuparán de él.
La Estilística tampoco se ocupará de él.
No hubo nada extralógico en su lengua.
Envejeció de claridad.
Fue más directo que un objeto.
NON FU UN
POETA DEL FUTURO
Diranno
un giorno:
lui non ebbe visioni che possano essere trasmesse ai
posteri.
Non
possedette il talento di un profeta.
Non
incontrò sfingi da interrogare
né accettò che leggessero nella mano della sua
ragazza
il terrore con cui sentivano
le notizie e i bollettini di guerra.
Decisamente
lui non fu un poeta del futuro.
Parlò
molto dei tempi difficili
e analizzò le rovine,
però non fu capace di sostenerle.
Andò
sempre con la cenere sulle spalle.
Non svelò
neppure un mistero.
Non fu né
la prima né l'ultima figura di un quadrivio.
Octavio Paz non si occuperà mai di lui.
Non sarà
neppure un esempio per i saggi di Retamar.
Neppure Alomá e Rodríguez Rivera,
né Wichy il pellerossa
si occuperanno di lui.
Nemmeno
la Stilistica si occuperà di lui.
Non ci fu
niente di extralogico nella sua lingua.
Invecchiò
con chiarezza.
Fu più
diretto di un obiettivo.
PARA
ESCRIBIR EN EL ÁLBUM DE UN TIRANO
Protégete de los vacilantes,
porque un día sabrán lo que no quieren.
Protégete de los balbucientes,
de Juan-el-gago, Pedro-el-mudo,
porque descubrirán un día su voz fuerte.
Protégete de los tímidos y los apabullados,
porque un día dejarán de ponerse de pie
cuando entres.
DA
SCRIVERE NELL'ALBUM DI UN TIRANNO
Guardati dai titubanti,
perché un giorno sapranno quello che non vogliono.
Guardati
dai balbuzienti,
da Juan tartaglia, Pedro il muto,
perché un giorno scopriranno la
loro voce forte.
Guardati
dai timidi e dagli umili,
perché un giorno smetteranno di alzarsi in piedi quando
entri.
(Traduzione
di Gordiano Lupi)
La
speranza - senza volersi attribuire eccessivi meriti - è quella di aver dato un
piccolissimo contributo alla conoscenza di un grande poeta cubano, praticamente
ignoto nella nostra lingua.
Gordiano Lupi