Ritorno in Sicilia, Filadelfo
Giuliano (Azimut libri,
2008)
Prigionieri di un
sogno
Non ci si faccia ingannare dal titolo:
questo libro non è una sorta di Amarcord opera di un autore dalle palesi origini.
Qui la Sicilia
ha per lo più un valore metaforico che rimane in limine rispetto al centro
della scena. E il centro della scena è Praga, dove si svolge buona parte della
vicenda. Anzi, potremmo ben dire che la “città dorata” sia l'unica,
incontrastata protagonista del romanzo. Angelo vi torna dopo dieci anni, per
cercare un manoscritto di Franz Kafka scritto in ceco. Il testo, però, non può
ragionevolmente esistere: è la pervicace volontà di Angelo - boemista e traduttore dalle ferite ambizioni - a ostinarsi,
a correr dietro alla sua chimera contro tutte le evidenze, contro individui
arrivisti e privi di scrupoli. Così l'obiettivo del suo ritorno, il vagare
incerto e frustrato tra passato e presente, si trasforma a poco a poco nella
ricerca dei vecchi amici e nel ricordo struggente di un'età aurea di cui – ahimé – non rimangono che le ombre.
Pavlina è una ragazza conosciuta in rete, suo attuale tramite per la
compravendita del manoscritto, un dolce e seducente “angelo biondo” che
nasconde più di uno scheletro nell'armadio. Angelo non può fare a meno di
innamorarsi di lei, e la caduta sarà rovinosa. Così la speranza
di veder ribaltata la sentenza de Il
processo svapora e i sogni che visitano Angelo, spesso obnubilato
da alcol, fumo e abbondanti libagioni paiono premonitori: “Josef K. è morto.
Lei non può più fare nulla per lui, ribadì con forza Franz”.
Uno spunto intrigante e coinvolgente fa da volano a questo romanzo d'esordio di
Filadelfo Giuliano, Ritorno in Sicilia (Azimut libri, 2008, pagg. 133, Euro
10,00). Il libro era in realtà già stato pubblicato in Repubblica ceca, in
quanto il nostro autore, originario di Catania, si occupa di letteratura ceca
(sue le traduzioni italiane di Polacek, Masaryk e, per Salani, di Och), vive attualmente a Vicenza, dove insegna, e non è un
caso che il protagonista sia stato modellato in parte sulle proprie esperienze
e le proprie passioni; a confermarlo ulteriormente è il solido realismo del suo
stile. Angelo si muove in una Praga lontana dalle guide per turisti, tra i
vicoli di una periferia triste e degradata, nell'accozzaglia di grigi
prefabbricati, di bettole, osterie e alberghetti a gestione famigliare. Le
indicazioni topografiche contenute nel testo permettono al lettore un percorso
virtuale suggestivo, filmico, che richiama ambientazioni urbane che hanno
caratterizzato le grandi avanguardie letterarie europee (penso a Eliot, Joyce e
Woolf). Il plot è costruito sui registri del noir, che in questa sede ci appare però più un pretesto per dare voce a fantasmi
letterari (Kafka, ma anche Hrabal, Čapek, Urzidil e Ripellino). La scrittura è di una paratassi incalzante,
rapida come un battito di ciglia, tutta azione, debitrice di certo noir
francese (leggi Jean-Claude Izzo e Leo Malet). A illuminare il romanzo e ispessirne la grana ci
pensano gli squarci onirici nei quali Franz Kafka dialoga col protagonista,
consigliere spirituale e genius loci insieme. Così gli amici che avevano condiviso con Angelo la stagione della
giovinezza, ora sono persone del tutto diverse: “A Praga aveva incontrato loro.
Erano diventati il suo mondo. Li aveva persi”. Jirka è un commissario di polizia (“Lo stipendio
all'università era una miseria…”) che si lascia vivere,
che si ritrova a bere birra da solo nei bar e non si giudica un buon
poliziotto. L'amata Alena ha fatto la scalata sociale, sposando il vice
presidente della Banca Ceca dell'Agricoltura; Martin è un deputato e un editore
che cede alle leggi del libero mercato, accantona la cultura e si lascia
coinvolgere in loschi traffici che garantiscono introiti sicuri. In questo
Grande freddo nel cuore d'Europa niente è più come prima: la capitale della Cekia è un carrozzone del libero mercato, ricolma di
turisti, negozi, multisale, set del porno, teatro di
operazioni delle nuove mafie, di piccoli e grandi truffatori e di
narcotrafficanti. “Ma perché è tornato a Praga? (…)” “A Volte siamo prigionieri di un sogno e non vogliamo
tornare nella realtà”. Romanzo delle occasioni mancate e della perdita
d'identità, Ritorno in Sicilia
ribadisce nel titolo quella linea di confine che il nostro protagonista non
riesce a oltrepassare, la barriera invalicabile che costringe ad arretrare. Se
la “città dalle cento torri” rappresentava dieci anni prima un'utopia concreta
alla quale tendere, dove realizzare sogni e aspirazioni, oggi è il non-luogo,
defraudato di ogni significato utile, è l'icona sinistra del suo fallimento
esistenziale. Il cammino a ritroso porterà Angelo di nuovo alle radici, a Portopalo, luogo “incontaminato nella sua mente”, “là dove
finisce l'Europa e comincia l'Africa”, a rinfocolare suo malgrado
il mito dell'ostrica di verghiana memoria e
ricominciare un altro ciclo vitale. A lui si attagliano
altrettanto bene, forse, le parole che connotano l'amico sconfitto, Martin, nel
finale del romanzo: “Guardò il Castello, la Moldava e tirò dritto verso casa. Sapeva
che lo aspettavano tanti mattini vuoti.”
Alberto Carollo
www.cartacantalab.com