Titolo: Le intermittenze
della morte
Autore: Saramago
José
Traduttore: Desti R.
Editore: Einaudi
Prezzo: € 10.00
Data di Pubblicazione:
2006
Collana: Super ET
ISBN: 8806184873
ISBN-13:
9788806184872
Pagine: 205
Dopo la nascita unica certezza dell'uomo è la morte, cadavere che ci portiamo
dietro fin dalla nascita (il cadavere di quello che fummo incombe soltanto se
il nostro sguardo avrà paura di “essere
per la morte”).
La morte è uno dei temi predominanti nella nostra cultura, carica di valori
etici e simboli che l'uomo ha cercato di “rappresentare”
attraverso le forme più svariate della letteratura e dell'arte.
Nella mitologia greca, il dio della morte, Thanatos, è rappresentato come un anziano barbuto e
alato, avvolto in un nero mantello. Accostato a Eros, il dio dell'amore, sono i poli di un meccanismo
che regolano l'intera esistenza. Eros crea la vita, Thanatos la distrugge; Eros
avvicina, Thanatos allontana; Eros unisce, Thanatos separa per sempre.
Da qui potremmo citare Tolstoj
in “La morte di Ivan Ilic”
dove “la morte appare come un momento
liberatorio, benché non felice, perché permette di staccarsi dalle etichette e
dalle opinioni che il mondo esterno ci affibbia, togliendoci genuinità e
capacità di provare sentimenti autentici”. E' interessante vedere
come il tema della morte si leghi in Carlo
Boito al problema artistico del Realismo e a quello scientifico
del positivismo. Nella novella “Un corpo”
di Boito “la morte e l'orrido sono sempre
accompagnati e legati all'amore e alla bellezza, una filosofia squisitamente
positivistica“. La concezione leopardiana della morte traspare in
maniera chiara dall'insieme delle sue opere, e si lega alla sua concezione
della vita e del dolore. “Nel Dialogo di
Federico Ruysch e delle sue mummie”, il
coro dei morti esprime proprio questo concetto: “La morte è un punto indolore e quieto che segna, se non l'inizio della
felicità, almeno la fine del dolore”. E così la lista diverrebbe
infinita.
Quello che più mi ha colpito di Saramago è la capacità che
ha di ironizzare sulla morte, una prospettiva, meno triste e amara di quella
che essa ha di consueto, e certamente più creativa.
In una nazione mai citata la morte ha deciso di scioperare e di conseguenza
nessuno più muore, mentre fuori confine il ciclo della vita continua; lo stesso
Saramago
si affretta a informarci che non c'è una sola morte, ma diverse morti che
rispondono a una Morte superiore.
L'evento provoca nel popolo sentimenti di vittoria e felicità (la continua
ricerca dell'immortalità ha termine, immaginate cosa si possa provare!). Quella
che in un primo momento potrebbe sembrare una vittoria si rivela da subito
un'arma a doppio taglio, poiché la “non
morte” provoca uno scompiglio totale; la morte rimane in sospeso ma
non cessano le malattie, l'invecchiamento, il decadimento fisico, una perenne
agonia che non trova mai la fine. Qui Saramago affoga in lunghe
descrizioni, (che io personalmente ho sentito troppo pesanti e ridondanti)
sulle conseguenze, la Chiesa
che non può più predicare la vita eterna dell'anima giacché i corpi stessi sono
diventati eterni, “Senza morte, mi
ascolti bene, signor primo ministro, senza morte non c'è resurrezione, e senza
resurrezione non c'è chiesa”. Questo stato di cose muta quando i “moribondi” si portano a morire oltre il
confine (dove la morte del loco continua nella sua opera), generando però altri
problemi: chi ne approfitta per affari malavitosi e le problematiche che lo
Stato si trova a fronteggiare.
Lo stile narrativo di Saramago,
in questa prima parte è appesantito (oltre che dalle descrizioni
interminabili), dalla mancanza di “virgolette”
o qualsiasi segno che aiuta a distinguere il discorso diretto da quello
indirette e avvolte si è costretti a tornare indietro per comprendere, ma una
volta preso il via il tutto inizia a scorrere velocemente.
La seconda parte del libro è stupefacente, la morte torna e stavolta è decisa a
far comprendere all'uomo “che cosa ne sarebbe dell'uomo stesso senza la morte”,
vuole indurre a far comprendere all'essere umano (a sue spese) quale sia la
forza dell'amore e della vita.
Ci riuscirà? Sì e ne rimarrà “avvinghiata” lei stessa, cedendo al canto della
vita, cedendo all'amore, e così mentre la morte si addormenta tra le braccia
del suo amato Saramago finisce il libro nello stesso
modo in cui lo aveva iniziato: “E il
giorno seguente non morì nessuno”, unica differenza che all'inizio
era per frivolezza, alla fine per amore.
Simbolo forse un po' ironico di quel possibile che ognuno ricerca nel cammino
della propria esistenza.
Note biografiche dell'autore:
fonte: Wikipedia
Il padre di Saramago, José de Sousa,
era un agricoltore, che si trasferì con la famiglia a Lisbona nel 1924, dove
trovò lavoro come poliziotto. Il fratello minore di Saramago,
Francisco, morì a soli due anni, pochi mesi dopo l' arrivo
a Lisbona.
A causa delle difficoltà economiche, Saramago fu
costretto ad abbandonare gli studi all'Istituto Tecnico. Dopo occupazioni
precarie di ogni tipo, trovò un impiego stabile nel campo dell'
editoria e per dodici anni ha lavorato come direttore di produzione.
Saramago sposò Ida Reis nel
1944. La loro unica figlia, Violante, nacque nel 1947.
Nel 1947 scrisse il suo primo romanzo “Terra del peccato”, (che in seguito
ripudiò come un figlio scapestrato), ma il Portogallo di Salazar, il dittatore
a cui Saramago s'era sempre opposto tenacemente e dal
quale era sempre stato pesantemente censurato nella propria attività giornalistica,
non l'accolse benevolmente. S'iscrisse clandestinamente al Partito Comunista
portoghese nel 1969, riuscendo sempre ad evitare di finire nelle mani della
polizia politica del regime.
Durante gli anni sessanta riscosse molto successo la sua attività di critico
letterario per la rivista “Seara Nova”. La sua prima
raccolta di poesie “I poemi possibili” risale a quegli anni, precisamente al
1966.
Negli anni settanta diventò direttore di produzione per una una casa editrice e, dal 1972 al 1973, curò l' edizione
del giornale “Diario de Lisboa”. In quegli stessi
anni pubblicò diverse poesie, “Probabilmente allegria”, (1970), cronache, “Di
questo e d'altro mondo”, (1971); “Il bagaglio del viaggiatore”, (1973); “Le
opinioni che DL ebbe”, (1974) testi teatrali, romanzi
e racconti.
Dal 1974 in
poi, in seguito alla cosiddetta “Rivoluzione dei garofani” Saramago
si dedica completamente alla scrittura e getta le fondamenta di quello che può
essere definito un nuovo stile letterario ed una nuova generazione post-rivoluzionaria.
Saramago pubblica qualche anno dopo, nel 1977, il
romanzo “Manuale di pittura e calligrafia”, e, nel 1980, “Una terra chiamata Alentejo”. Il successo arriverà però con “Memoriale del
convento” (1982). Nello spazio di pochi anni altre due opere importanti,
“L'anno della morte di Ricardo Reis” e “La zattera di
pietra”, che gli varranno, oltre al successo di pubblico, numerosi
riconoscimenti della critica.
Il riconoscimento a livello internazionale arriverà però solo negli anni
novanta, con “Storia dell'assedio di Lisbona”, una delle più belle storie
d'amore mai scritte, il controverso “Il Vangelo secondo Gesù” e “Cecità”, forse
il suo capolavoro.
Eletto nel 2002 presidente onorario dell'Associazione Luca Coscioni
per la libertà di ricerca scientifica.
Attualmente vive a Lanzarote, nelle Isole Canarie. Saramago
è stato membro del Partito Comunista portoghese dal 1969 e le sue posizioni
sulla religione hanno suscitato notevoli controversie in Portogallo,
specialmente dopo la pubblicazione de “Il Vangelo secondo Gesù Cristo”.
Katia Ciarrocchi